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TRASCRIZIONE DI "PSYCHODRAME" di J. L. Moreno e Roberto Rossellini

Titoli di testa:

Archivio Nazionale Cinema Impresa - Centro Sperimentale di Cinematografia

Parigi - Ivrea 2018

Un ringraziamento all’associazione Moreno Museum che ha ritrovato il film e ad Anne Ancelin Schützenberger e Hélène Schützenberger per la loro gentile collaborazione.

Il centro studi della radio-televisione presenta: Psicodramma

Tre filmati diretti da J. L. Moreno, professore di Sociometria all’università di New York.

Suono: André Atger, Jean Delanduc, Louis Derosiere, Yves Gibier, René Houzelle, Charles Marie

Immagine: Claude Lelouch, Homère Protopappas

Collaborazione scientifica: Anne Ancelin-Schützenberger, Zerka Moreno, Enrico Fulchignoni, Bernard Blin, Robert Prot, Simone Charasson, Jim Einis

Montaggio: Michel Gallon, Homère Protopappas

Collaborazione artistica: André Rosch, Patrice Galbeau, Arielle Audrey, Charles Marosi, René Demagny, France Farnell, Philippe Moreau, Wanda Maya, Marie-France Riviere

Direttore della fotografia: Michel Gallon

Regia: Roberto Rossellini

R.T.F. - 1956

 

 

intervistatore: Il “centro Studi della Radio-Televisione” è, per certi versi, un servizio della Radiodiffusione televisiva francese. Abbiamo voluto approfittare della presenza a Parigi del Professor Moreno, per girare un filmato sperimentale con la regia di Roberto Rossellini. Di cosa si tratta? Questo film non è la descrizione del meccanismo di uno psicodramma, nè del suo utilizzo per scopi terapeutici. È un film che mostra un esperimento durante il quale il Professor Moreno e la signora Ancelin-Schützenberger hanno utilizzato lo psicodramma per cercare di liberare le risorse creative di alcuni interpreti, favorendo la loro spontaneità e la loro percezione dell’altro nell’interpretazione drammatica. Tuttavia, ci sembra opportuno ricordare in breve cosa sia lo psicodramma e come possa comportare una migliore espressione degli interpreti. Jim Einis ve lo definisce in breve. Jim Einis è uno psicologo americano, specialista in psicodrammi. La mia prima domanda, Jim Einis, è la seguente: come si può definire lo psicodramma?

Jim Einis: lo psicodramma è un’azione tecnica in cui cerchiamo di stabilire un’atmosfera che ci permette il massimo della creatività. Cerchiamo di sviluppare una flessibilità di percezione e risposta che ci permetterà una libertà creativa in sintonia con le esigenze del caso.

i: ma quali sono le applicazioni pratiche dello psicodramma?

J: beh, lo psicodramma è stato usato come metodo educativo, in terapia, come training aziendale, alla radio e alla Tv, come training per gli attori, gli autori e altre persone con la necessità di sviluppare maggiore flessibilità e libertà di pensiero.

i: credo che ci sia, Jim Einis, nella liberazione delle possibilità creatrici dell’individuo, una tappa necessaria, una tappa indispensabile, che è l’impostazione dell’individuo, l’impostazione della sua personalità, la sua definizione. Come vi comportate in questa fase?

J: questo si chiama riscaldamento. Forse un disegno potrebbe aiutarci a capire meglio (cfr 4’34”). Immaginiamo che il gruppo sia una cosa come questa. Il direttore consegna il soggetto. Potrebbe anche essere chiamato il capo. Poi cerca di coinvolgere ciascuno da un punto di vista emotivo in quello che dice e fa, in modo da stabilire dei canali di comunicazione. Poi, quello che succede nell’azione, quando ci spostiamo sul palco, diventa di estremo significato per tutti.

i: ma questo riguarda la definizione di un individuo all’interno di un gruppo. Ma se un individuo è solo, potete fare lo stesso questo tipo di riscaldamento?

J: per il riscaldamento individuale forse serve un altro disegno. Se consideriamo la personalità come una serie di linee illimitate, che separano, ma che sono unite tra loro, qualcosa cosi.. (cfr 5’08”) e prendiamo, per esempio, il ragazzo del film… se vogliamo che assuma il ruolo del padre… lui ha la percezione di suo padre in qualche punto della sua personalità. Il lavoro del direttore è quello di condurre questa percezione alla luce, in modo che inizi a rispondere come suo padre e a reagire come suo padre. A quel punto diventa suo padre.

i: questo è un aspetto del processo che scatenate durante uno psicodramma, ma può dirci quale è lo svolgimento di una seduta di psicodramma? Cosa contiene?

J: di solito l’azione inizia con un problema centrale, che viene messo in scena in tanti modi diversi, poi si ritorna al gruppo per ultieriori discussioni e soluzioni. Questo è lo schema di una seduta.

i: ma, strada facendo, cercate di liberare le doti creative dell’individuo, cosa che implica un’eplorazione della personalità. Come avviene questa esplorazione del mondo privato, intimo dell’individuo?

J: il mondo privato rappresenta la gente nascosta che è con tutti noi, come il padre dell’uomo che state per vedere in questo film. Lui appartiene al mondo privato. Tutti abbiamo tanti tipi di fantasmi dentro di noi. E l’esplorazione del mondo privato porta nel mondo reale questi fantasmi, cosi possiamo rapportarci a loro più consapevolmente.

i: Jim Einis, c’è un’ultima domanda che vorrei farle perché, come sa, quello che ci interessa è essenzialmente l’uso dello psicodramma per l’espressione radiofonica o televisiva, cioè nel caso in cui l’attore sia all’interno di un gruppo, in che misura lo psicodramma permette all’attore di percepire meglio e quindi reagire meglio davanti ad altri attori. Lo psicodramma è utile in questo caso?

J: si, forse mi è più facile spiegarlo con un piccolo disegno. Ci sono due modi in cui la percezione aumenta nello psicodramma. Forse possiamo usare questo esempio. Consideriamo due tipi principali di riscaldamento: la linea in alto rappresenta il riscaldamento tipico dell’attore e quella in basso il riscaldamento per la tragedia. La linea in basso rappresenta quindi un forte tema emotivo, sono tante emozioni diverse che appartengono tutte allo stesso tema. La linea di sopra rappresenta emozioni confuse. A questa estremità, l’attore è il drammaturgo, la star e il critico osservatore di se stesso. È qui che inizia il vero apprendimento. Quando raggiunge questa estremità, è perso nel suo ruolo. Qui raggiunge la catarsi (cfr 8’16”). Spesso è necessario che raggiunga la catarsi prima del reale apprendimento, il che di solito significa una percezione più ampia. Molte sedute si muovono fra queste due estremità. A volte si avvicinano a una, a volte all’altra. Una cosa cosi (cfr 8’35”).

i: Jim Einis, dopo queste spiegazioni non mi resta che ringraziarla e lasciare ora l’immagine al Professor Moreno che si trova con il nostro gruppo nello studio del Centro di Studi della Radio-Televisione.

Moreno: signore e signori, è per me un grande piacere presentarvi lo psicodramma. È uno degli aspetti più importanti della vita presente in cui siete coinvolti. Ci sono tanti problemi che potreste avere che richiedono una produzione drammatica. La gente è coinvolta in tensioni politiche e sociali. Ci sono dei problemi che avete che possono avere un significato politico? Qualcuno di voi? Lei, lei o lei? (Attore1: si alza) Che tipo di problema ha?

A1: mi piacerebbe parlare di politica.

M: politica? Molto interessante!

A1: di impegno.

M: ci sono altri che hanno questo problema?

A1: vorrei parlare di questo problema proprio per permettere… anzi per costringere la gente, certa gente, a occuparsi di politica.

M: le servono degli attori per la sua trama? Tra le persone qui. Può scegliere.

A1: si si, ho bisogno di personaggi.

M: allora scelga alcune delle persone che sono qui.

A1: vado a sceglierle. (A1 indica alcuni dei presenti) Questo signore (Attore2: si alza). E anche questa signora (Attrice3: si alza). Quindi vorrei che provassimo a interpretare il problema di un ragazzo che vuole convincere gli altri a impegnarsi in un’azione politica per farli uscire dall’indifferenza in cui si trovano.

A2: lei ci crede?

A1: a cosa?

A2: al suo impegno politico.

A1: certo, perché appunto è il problema che io…

A2: ci provi, perché noi ci abbiamo già provato e non ci siamo mai riusciti, quindi non so se ce la farà.

A1: non saprei, si è già posto delle domande sulle attuali condizioni di vita?

A2: si.

A1: e non si è mai chiesto perché queste condizioni sono cosi? Più o meno felici, più o meno infelici? E perché felici e perché infelici?

A2: no, mi soddisfano pienamente, quindi non mi chiedo nulla. Ci sono molte cose che mi interessano. Mi piace leggere, scrivere, ascoltare dischi… sognare.

A1: che dischi? Che libri?

A2: i libri che mi piacciono. Mi auguro che non pensi che io possa sognare in una discussione politica, per esempio.

A1: e non pensa che forse questi libri in altri paesi non possano essere letti, certi dischi non possano essere ascoltati.

A2: perché?

A1: perché sono intervenute delle politiche a impedire che vengano letti.

A2: non mi riguarda.

A1: quindi lei non se ne occupa. (A2 pesta un piede ad A3)

A3: prego, non è nulla.

A2: mi convinca che deve interessarmi.

A1: le interessa in quanto riguarda la sua vita di continuo. Continuamente, intorno a lei, in tutte le implicazioni, le contingenze che le impone.

A2: e allora?

A1: allora non può restare indifferente.

A2: mi è completamente indifferente. Vedo solo quello che mi piace, il resto non mi interessa.

A1: sigaretta?

A2: no. (A1 mette una sigaretta in bocca) E non vedo cosa c’entri la politica con i miei gusti per i libri o per i dischi.

A1: ma si, perché è per colpa della politica. Insomma, non è la parola giusta, la parola da usare non è “politica”, sono i giochi di potere in un certo tipo di sistema capitalista. Quello che vorrei dire è di non rifiutare di partecipare a gruppi che fanno uno sforzo per migliorare la società.

A2: no, io sono…

A1: lei che è una donna, un giorno sarà madre, capirà cosa significa allevare un figlio e non gradirà se, quando ha vent’anni, viene spedito su un campo di battaglia.

A3: la vedo dura. Intanto non mi piacciono i bambini, preferisco i gatti. È una cosa sempre difficile da dire. Quanto alla politica, dite sempre che le donne non ci capiscono niente.

A1: si, non capiscono niente…

A3: lo vede!

A1: e lo ha appena dimostrato rispondendo altro…

A3: io?

A1: rispetto alla domanda che le ho fatto.

A3: sono una monarchica.

A1: ah certo, era evidente.

A3: cosa significa?

A1: lei non è dei giorni nostri.

A3: in che senso?

A1: oh no, le questioni monarchiche…

A3: dice a me?

A1: caspita!

A3: questo è il colmo! Io sono una monarchica convinta! Sono monarchica dentro.

A1: e cosa vuole ottenere?

A3: come cosa vuole ottenere? La monarchia è perfetta, è straordinaria, è la libertà.

A1: quale?

A3: beh, lo vedrà!

A1: quella di alcuni.

A3: se domani vado davanti all’Eliseo e grido: “viva il presidente della Repubblica”, mi arrestano e mi mettono a Charenton.

A1: perché?

A3: se grido: “viva il re” è perfetto, posso gridare “viva il re” tutto il giorno e dappertutto.

A2: è questa la politica femminile, vede, è perfetta.

A1: non è la politica maschile.

A2: ma no. Ma credo che lei abbia ragione. Ma si.

A3: è gentile, vero? (dice di A2 ad A1)

A1: bene, d’accordo, non insisto.

A2: si, insista!

A1: no, non insisto perché…

A3: di quale sistema politico vuole convincerci, allora?

A1: no, volevo farvi capire che non potete e d’altronde… mentite quando dite che siete indifferenti, non è vero. Si tratta piuttosto del timore di voler prendere coscienza di alcuni problemi che sentite molto sensibili… dicendovi: “potrei cercare di capire, ma non ci riesco…” e poi da una parte vi dicono di stare attenti a quelli che sono cattivi, gli altri vi rispondono attenti a quelli la, sono cattivi… allora vi dite, forse vi sbagliate… e c’è ancora una cosa. A volte, per via del lavoro, si pensa che sia meglio non avere opinioni politiche…

A3: questo è proprio vero!

A2: che lavoro fa?

A3: l’attrice. Insomma, ci provo.

A1: si, ecco appunto, quando si è attori conviene… ci si dice che è meglio non averne. Ma, in fondo, ne abbiamo tutti una. Non la si mostra. Non ci si impegna.

A2: crede che non si possa vivere senza un impegno politico?

A1: che sia più o meno cosciente, non si può vivere.

A2: allora io non vivo.

A1: lei vive, ma sa benissimo che opinione ha riguardo certi problemi sociali.

M: come risolverà questa situazione? Vedo che il conflitto esiste. Come lo porterà ad una conclusione? Che idea ha su come concludere, come risolvere il vostro conflitto?

A3: la soluzione più facile e più elegante sarebbe dire che abbiamo parlato abbastanza di politica e che potremmo andare a mangiare qualcosa, per esempio.

M: certo.

A3: io ho fame.

M: bene, andate!

A3: è ora di andare, grazie!

M: abbiamo visto una versione psicodrammatica di questo problema. Sarebbe molto interessante se qualcuno di voi qui presentasse lo stesso problema da un altro punto di vista. C’è qualcuno qui che abbia avuto questo tipo di esperienza?

Attore4: si.

M: lei? Perché non viene avanti e ci dice quello che intende presentare?

A4: si, piacerebbe anche a me provare a convincere qualcuno della necessità dell’impegno politico.

M: c’è qualcuno che vuole scegliere tra le persone che sono qui? Che le faccia da partner nell’azione?

A4: si.

M: chi?

Attore5: professore, possiamo metterci d’accordo, perché a me piacerebbe molto essere convinto della necessità dell’impegno politico.

Attrice6: ma perché dice questo? Che motivi ci sono?

A5: devo dirvi che ho una moglie che è… molto impegnata in politica e che vorrebbe che mi impegnassi anch’io. E non so proprio come fare. Ho sentito parlare di politica fin da quanddo ero piccolo. Sono immerso nella politica, eppure non so come si faccia a prenderne parte.

A4: ma è facilissimo, facilissimo… solo il fatto che lei voglia fare politica la rende impegnato. Lei è impegnato, ma deve unirsi ad altri per…

A5: si ma a chi?

A6: prima di unirsi bisogna innanzitutto cercare, analizzare il caso e controllare che non ci siano impedimenti, costrizioni che le impedirebbero di fare quello che vorrebbe fare se si lasciasse andare…

A4: ma come! Senta… quando ci sono migliaia e migliaia di persone che lottano per la stessa causa…

A6: si, certo, ma bisogna scegliere la causa, no?

A5: ovviamente ci sono un sacco di partiti. Ci sono persone che lottano per la giusta causa e altre che lottano per quella sbagliata, tutte con la stessa foga, e mi chiedono come si possa sostenere una di queste cause piuttosto che un’altra. Quali sono i criteri umani che possono guidarci?

A4: ma sono le sue necessità. Sentirà certo che ci sono ingiustizie, ci sono cose che le mancano per sentirsi totalmente soddisfatto.

A6: ma quelle ci saranno sempre! Si può cercare di creare il miglior mondo possibile, vederlo idealmente, lottare per qualcosa, soprattutto per i giovani, per riuscire a far sbocciare un po’ di felicità e di bellezza, ma comunque mi sembra impossibile dire lui ha ragione e lui no, non trova? E anche nella misura in cui si ha ragione, esiste la possibilità di applicare realmente ciò che si immagina valido in teoria?

A4: ma questo… senta, solo se è impegnata, solo a quel punto è in grado di giudicare…

A6: ma niente affatto, non a quel punto, una volta che si è impegnati…

A5: lei è libera prima di impegnarsi e poi in seguito di scoprire perché si è impegnata e come è potuto succedere. È molto disdicevole.

M: solo un attimo, posso interrompervi? Ho ascoltato il vostro conflitto che coinvolge tutti e tre e capisco che questa giovane donna scatena in lei il desiderio di sottrarla alla sudditanza dell’altro perché la possa dominare lei. Quindi mi dica, è mai successo, quando era piccola, che nella sua famiglia ci fosse un conflitto simile? Magari con suo padre e sua madre o altri…

A6: non proprio nella mia famiglia, ma ho degli amici molto intimi che…

B: ora mi piacerebbe che lei ritornasse a quando era piccola, diciamo a quando aveva 10 o 11 anni, ed era con suo padre, e rivedesse il conflitto che esiste ora fra questi due uomini espresso nella sua vita. Quindi ora ripensiamo alla scena: ora lei (indica A5) è suo padre, invece di essere il suo fidanzato, e lei (A6) è una ragazzina, diciamo di 12 anni. E cerchi di reinterpretare la scena.

A6: capisco benissimo quello che dici, papà… ma non vedo perché tu debba sempre ricondurre tutto alla politica. Perché la politica è importante, certo, ma insomma… la maggior parte delle volte in fondo non cambia niente! Che siano alcuni ad avere il potere o altri… avremo sempre lo stesso tipo di vita.

A5: si, pensi questo certo… ma sai, tre anni fa è finita una guerra. Siamo appena usciti da questa guerra ed ecco che ricompaiono già altri problemi. Per te non fa differenza, per te hanno tutti ragione. Sei ancora una ragazzina, ma… capisci, gli uomini sono presi in un ingranaggio e hanno bisogno di sapere come resisteranno a questo ingranaggio o come si lasceranno trasportare per vivere, per sussistere un po’ più a lungo. E devono fare qualcosa. Ecco perché si occupano sempre di politica… hanno bisogno…

A6: ma si, appunto… non è che vanno nella direzione sbagliata? È questo che mi fa paura.

A5: ma come puoi saperlo, Marie? Non si tratta di fare politica… quello che conta è fare qualcosa. Quando vai a giocare con le tue amiche, non sai se correrai e, se corri, non sai se cadrai. Ma se resti sola in un angolo, non ti divertirai e non potrai vivere. Nella politica è la stessa cosa, te ne vai. Se resti sempre nello stesso posto, sei come una bambina sola. Non serve proprio a nulla, ma se ti impegni ti metti a correre, ti metti a camminare, forse cadrai e forse arriverai da qualche parte.

M: posso interrompervi un attimo? Ora vorrei introdurre questo signore nella scena (richiama A4). Ci stiamo chiedendo cosa crea in lui il desiderio di dominare la gente, di portare via le persone dalla loro bella vita, di portarle via per farne uno dei suoi seguaci. Ora mi piacerebbe vederla quando era un ragazzino (A4) e vorrei vederla con suo padre. Farà la parte di suo padre e la sua parte. Lei è suo padre. Ricorda qualche scena di questo tipo nella sua vita, quando il conflitto tra lei e suo padre era molto profondo?

A4: si.

M: se lo ricorda?

A4: si.

M: quando è successo?

A4: avevo all’incirca sei anni.

M: quando lei aveva sei anni, suo padre quanti anni aveva? È ancora vivo oggi?

A4: si.

M: è ancora vivo. Vorrei che presentasse due ruoli. Interpreta suo padre da seduto e quando è qui il ragazzino. Quando è seduto interpreta il padre, quando è qui fa il figlio, d’accordo?

A4: si.

M: ora vediamo cosa succede tra padre e figlio e vediamo come si sviluppa questo sentimento di aggressione e di dominio tra giovani uomini, giusto?

A4: ecco, avevo sei anni… e non volevo pregare. Mio padre voleva che pregassi. E io non vedevo che vantaggio ci fosse nella preghiera. Non riuscivo a capire. Quindi la scena si svolgeva cosi.

Anne Ancelin-Schützenberger : dove si svolge la scena? (si alza, prende a braccetto A4)

A4: nella camera dei bambini.

AAS: la camera dei bambini? Com’era la camera dei bambini? (inizia a far fare ad A4 un giro su sé stesso, accompagnandolo a braccetto)

A4: la camera dei bambini è una camera…

AAS: che cosa c’era? C’erano dei letti?

A4: c’erano due letti.

AAS: dove?

A4: c’era un letto qui e un altro laggiù, più lontano, per mio fratello. Il letto di mio fratello, dei miei altri fratelli, perché eravamo in tanti. E io ero li.

AAS: e cosa c’era nella stanza in quel momento?

A4: c’era un mobile li.

AAS: no, ma era solo? Discuteva con suo padre?

A4: si, discutevo con mio padre.

AAS: suo padre, dov’è suo padre? Lo scelga. (Indica il pubblico, qualcuno interviene dal pubblico). È lei che fa suo padre ora?

A4: si.

AAS: bene, allora avete qualcuno che…

A4: interpreto i due ruoli.

AAS: lei fa i due ruoli (si risiede).

M: ora fa suo padre.

dal pubblico: è suo padre.

A4: si. Padre: su, figliolo, devi dire la preghiera. Bisogna pregare, bisogna pregare, bisogna obbedire ai comandamenti.

Figlio: no, papà, non posso pregare, non posso pregare. Non vedo perché. Non so pregare.

Padre: ma insomma, figliolo, lo capisci che la preghiera ti riporta a Dio? È una cosa che ti fa bene.

Scusate, devo interrompere perché sento qualcuno che… non so, non sono più nel dramma, non sono più…

AAS: bene, la rimetteremo nel dramma. Vuole intervenire, signor Moreno?

M: ora vorrei che tornasse nella situazione da cui è partito, mi piacerebbe vedere il bambino e la bambina. Ora che ha vissuto questo, reinterpreti con loro quella situazione. Ora continui e quel che ha fatto qui è nella sua testa, giusto?

A5: e ora, le piacerebbe vedere gli altri impegnarsi perché lei non ha saputo impegnarsi quando era giovane. Ma io continuo a non capire perché dovrei farlo. Anche da giovane non avevo un Dio. E ora non ho un Dio e non voglio averlo senza una ragione. E mi piacerebbe che lei mi spiegasse come si riesce a trovare una ragione. Non vi sto lanciando una sfida, vi sto chiedendo un favore.

A4: no, non capisce. Quando ero piccolo, se non volevo sottomettermi a un ordine di mio padre, a un ordine che non capivo, che ero costretto d accettare perché era un ordine di mio padre… ma non capivo perché. Perché dovevo pregare? È una cosa misteriosa, Dio e quello che lo riguarda. Per me era una cosa irreale. Non ne capivo la necessità. E quindi era una rivolta istintiva contro le cose che non capivo. Ma ora ho capito.

A5: e cosa ha capito?

A4: ho capito che ci sono ingiustizie, che ci sono tante cose che bisogna abbattere, che bisogna demolire completamente per costruire un mondo nuovo. Ecco quello che ho capito! E quando c’è qualcosa che ci smuove le viscere, bisogna combatterla…

A5: senta, lei si sta eccitando troppo… (A5 prende A4 per i polsi) non dica certe cose, perché non sa…

A4: mi lasci!

A5: … quello che sta costruendo. E su cosa costruirà? Non lo sa. E cerca di imporre qualcosa che non conosce per chè non sa cosa fare della sua vita!

A4: come, non so cosa fare della mia vita? Ma la mia vita… voglio appunto che gli altri la vivano, che non si addormentino in una letargia, in una specie di conformismo!

A5: crede che non avere una fede sia letargia?

M: vorrei intervenire. Ora mi piacerebbe sentire la voce di suo padre (ad A4), che viene da lontano. Verrà da qui e sarà la voce di suo padre che lei ascolterà e ritornerà in scena. Ora vogliamo sentire la voce di suo padre che le parla mentre state litigando. E sarà il suo ego ausiliare a stimolare l’azione.

A4: senta… non bisogna… non bisogna litigare. Ma bisogna capire una cosa, è la necessità di… di non restare tagliati fuori da questa solidarietà, che ci lega tutti in modo naturale. Dipendiamo tutti gli uni dagli altri…

A6: certo, ma perché impegnarsi soprattutto nel sociale? Impegnarsi nel sociale è proprio relegarsi dallo spirito, relegarsi necessariamente dall’universale. Tutti i valori sociali hanno un valore limitato perchè sono generalizzati, sono astratti dalla vita reale. Allora non sarebbe meglio, al contrario, cercare una sorgente di vita in ogni movimento, in ogni amore, in ogni generosità, in qualsiasi arte, ma non nel sociale? Il dramma della nostra epoca è prorpio questa tentazione del sociale a cui non possiamo sottrarci senza venire tacciati di egoismo o di vigliaccheria.

A4: ma lei subisce il sociale, subisce tutto. Siamo interdipendenti. Non possiamo isolarci nella nostra torre d’avorio, è impossibile.

A6: si, ma dei legami…

A4: quando c’è una guerra, quando c’è qualcosa… per esempio, quando c’è una guerra, è finita, non può più ritirarsi nella sua torre d’avorio! Non è più possibile, si è impegnati d’ufficio…

A6: certo, abbiamo dei legami, ma questi legami faranno tutta la nostra vita…

A5: c’è sempre un’ingiustizia da qualche parte. Ho sempre trovato bambini che piangevano, persone che erano vittime di funzionari e vittime di…

AAS: ora accetta di seguirlo? (indica A5) Ora accetterà di seguirlo.

A5: si, volentieri.

A4: ma senta… come può rassegnarsi a vedere che ci sono sempre state guerre, ci sono sempre stati funzionari, ci sono sempre stati assassini, ci sono sempre state madri abbandonate, che ci sono sempre disgrazie, che tutto questo deve continuare? Secondo lei, non può fare nulla contro questo?

A5: senta, se io trovassi il modo di creare un mio partito che sia anche il suo, un partito qualsiasi, credo che l’accetterei erchè farebbe parte di me. Ma non posso accettare un partito che sia una cosa astratta. Trovi il modo di convincermi dal profondo del cuore che io le appartengo e che lei mi appartiene. Che lei è della mia stessa razza e che io sono della sua stessa razza. La sua idea astratta mi interessa, sono pronto a seguirla, ma non posso accettarla, se non mi viene dimostrata individualmente.

A4: credo che abbiamo poche cose che ci allontanano. E queste cose possono risolversi abbastanza facilmente. Ci sono solo parole, parole che forse, chiarendoci, riusciremmo appunto a togliere… parole che costruiscono uno schermo. E se togliamo queste parole, possiamo scoprire questo schermo e possiamo raggiungerci perché abbiamo comunque gli stessi bisogni, gli stessi, come dire… gli stessi affetti, ci piacciono…

M: prima avrei voluto sentire la voce di suo padre più alta. Voglio che ritorni e voglio sentire la voce di suo padre che gli parla. Jacques… ecco cosa voglio che faccia. Quindi dovrebbe tornare in scena e l’ultima cosa che sentiamo è la voce di suo padre che dice: “sono fiero di te, hai fatto la tua parte, sei un leader.”

A4: è la voce di mio padre. È una voce interiore che mi dice: “sono fiero di te, perché sei riuscito a convincere e a trasmettere il tuo calore, il tuo amore per gli uomini, a trasmetterlo ad uno dei tuoi simili e a convincerlo. Sono fiero di te, figliolo.” Grazie, papà.

M: lo rifaccia. Jacques, ho capito che suo padre ha avuto una grande influenza su di lei.

A4: si.

M: lo aveva in mente sin da quando era piccolo, vero? Lo ha guidato, è stato il suo ideale che ha cercato di seguire.

A4: si.

M: spesso era molto determinato e aggressivo nei suoi confronti, ma lei gli voleva bene. Lo amava?

A4: si.

M: è ancora vivo?

A4: si.

M: che tipo di lavoro fa? Che cosa fa?

A4: lui è… ripara orologi.

M: ripara orologi. Vive a Parigi?

A4: no.

M: adesso dov’è?

A4: è in Ungheria.

M: in Ungheria? Lei parla ungherese?

A4: si.

M: meraviglioso. Ora le dirò quello che mi piacerebbe che lei facesse, Jacques. Mi piacerebbe che lei provasse a fare la voce di suo padre, il padre delle sue fantasie, quando è al suo massimo e il potere su di lei è simile a quello dell’Onnipotente. Bene, quindi ora lei è suo padre e dopo che tutta questa esperienza sarà finita, mi piacerebbe vederlo in azione e ascoltarlo di nuovo. Quando avrà recitato la parte di suo padre, vorrei vedere lei di nuovo se stesso. Mi piacerebbe vederla illuminarsi per l’esperienza che ha avuto ascoltando di nuovo suo padre. Perché non ci prova?

A4: grazie. Padre: sono fiero di te, figliolo. Hai fatto un buon lavoro. Molto bene. Continua cosi.

M: …e ora lei è Jacques.

A4: sono felice. Sono riuscito a convincere un uomo che non credeva in nulla, che non pensava che le cose potessero trasformarsi per convinzione, grazie alla forza degli uomini. Sono felicissimo.

 

M: avete visto lo stesso problema recitato due volte da persone diverse. E mi piacerebbe che faceste dei paragoni tra quel che è successo la prima volta e quel che è successo la seconda volta e i diversi significati che hanno per voi. Nella prima versione è stato usato poco psicodramma. È stata una specie di versione controllata della seconda. Si è trattato soolo di recitare un problema di tre attori. Ma la seconda volta il mio è stato un intervento in cui le tecniche psicodrammatiche erano più intense e profonde. E avete visto la differenza. La prima era, se cosi si può dire, bidimensionale. La terza e la quarta dimensione dello spazio vitale di queste persone era invisibile. Ma usando dellle tecniche, come per esempio far tornare persone dal passato e rappresentare le loro reazioni, poi usare l’uomo come una figura di leadership, permettergli di rapportarsi con la figura maschile più potente della sua vita, suo padre, e vedere come si sviluppava la relazione tra il padre e il figlio… non so se vi ricordate che nel mio dialogo con lui è emerso chiaramente che era coinvolto privatamente. Era il suo vero padre. Non era soltanto “il padre”. Ha usato un’esperienza attuale per aumentare l’aspetto drammatico di questa versione. Vi ricordate che… sarebbe interessante sapere se suo padre aggiustava davvero orologi, se è davvero ungherese. E rivolgermi a lui in ungherese è stata la dimostrazione che in realtà è coinvolto privatamente. È stata la dimostrazione che le esperienze psicodrammatiche permettono all’attore di illustrare con più efficacia il problema che se non fossero state usate… ora, dal punto di vista della recitazione, entrambe le versioni erano ottime. Erano efficaci ed eleganti, intelligenti e sofisticate, ma hanno solo mostrato il contrasto tra quello che potete fare con le tecniche psicodrammatiche e senza. Il numero di tecniche psicodrammatiche usate è stato il minimo, ma hanno comunque dimostrato la loro utilità. È importante, in tutte le produzioni psicodrammatiche, portare alla luce la dimensione più profonda del problema. Ora, è vero che, come sanno bene tutti i drammaturghi e i produttori, non è possibile fornire al pubblico una produzione ben fatta finchè gli attori non sono consapevoli delle cause che l’hanno generata. Ma se riesci a farlo in 5-10 minuti, cosa non facile in drammaturgia, allora servono le tecniche psicodrammatiche. E ora sarei molto felice di rispondere alle vostre domande, se ne avete. Qualcuno di voi ha delle domande a cui possa rispondere relative alla produzione? Altrimenti, volevo ringraziarvi tutti, i due gruppi che hanno rappresentato le due messinscene. E ringraziarli a nome del laoratorio audiovisivo televisivo… giusto? L’ho detto bene?

un tecnico: Centro Studi della Radio-Televisione.

M: Centro Studi della Radio-Televisione. E volevo ringraziare gli attori per la loro partecipazione. Vi ringrazio.

AAS: e ora iniziamo la terza sequenza dello psicodramma. Dato che abbiamo avuto delle difficoltà tecniche, perché il Signor Moreno non parla benissimo il francese, lo condurrò io, seguendo le tecniche del Signor Moreno. C’è qualcuno qui che ha un problema? Vorrei che fosse un problema personale. Qualcuno ha un problema personale?

Attrice7: io se vuole.

AAS: grazie mille.

A7: prego.

AAS: ora posso chiedervi di spostarvi, per favore? (il pubblico seduto si alza e si sposta) Come si chiama?

A7: Marie-France.

AAS: Marie-France e poi?

A7: Marie-France Rivière.

AAS: Marie-France Rivière. Quanti anni ha?

A7: 27.

AAS: dove abita?

A7: a Parigi.

AAS: sposata o nubile?

A7: nubile.

AAS: e quale… quale è la sua professione?

A7: attrice.

AAS: attrice… e attrice dove? (fa fare ad A7 un giro nella stanza, accompagnandola a braccetto)

A7: da nessuna parte e dappertutto.

AAS: e questo non le causa qualche problema personale?

A7: si, certo.

AAS: per esempio?

A7: la difficoltà a trovare ingaggi oppure a perdere quelli che si spera di avere.

AAS: le è successo?

A7: si.

AAS: come?

A7: come succede spesso in questi casi, cioè… sono andata da un direttore di teatro, perché…

AAS: un direttore di teatro, per favore. Può sceglierne uno tra il pubblico.

A7: signore, se vuole…

AAS: se vuole venire. Cosa è successo?

A7: beh, sono andata nel suo ufficio.

AAS: il suo ufficio. Vuole sedersi, signore? (attore 8 chiamato prima, si siede ad una sedia dietro a un tavolo) Come era fatta la scrivania?

A7: c’era una scrivania di legno con un telefono cosi.

AAS: quindi aveva un appuntamento?

A7: no.

AAS: ha bussato ed è entrata?

A7: si.

AAS: si accomodi, prego. Presto, presto, facciamo presto.

A8: si accomodi. (A7 si siede al tavolo)

A7: grazie. Sono venuta da lei perché credo che il suo organico sia ancora incompleto.

A8: si certo, ha ragione ma vorrei comunque sapere quello che ha fatto, con chi ha lavorato.

A7: ho lavorato con persone diversissime, alla scuola del Vieux-Colombier. Non so se le dice qualcosa.

A8: si, si Dars, Emile Dars.

A7: si, esatto. Ho fatto ruoli femminili abbastanza difficili e credo appunto di poter fare qualcosa.

A8: non posso prometterle niente perché non ho ancora finito di assegnare le parti. Non so ancora esattamente quando mi fermerò con la scelta degli attori, ma se vuole, mi lasci una sua foto, il suo indirizzo, il numero di telefono…

AAS: è andata cosi?

A7: si, esattamente.

AAS: non le ha promesso niente di più?

A7: no, niente di più, ma sono tornata.

AAS: e le è sembrato che le promettesse qualcosa di tangibile?

A7: si, esatto. Mi è sembrato.

AAS: quella volta?

A7: no, non quella volta, un’altra.

AAS: bene allora, presto presto.

A7: torno? (è uscita dall’ufficio immaginario)

AAS: ritorni.

A8: si sieda.

A7: nel frattempo avevo fatto un provino.

AAS: esatto.

A7: e il signore mi ha quasi promesso la parte.

A8: senta, quello che fa mi interessa molto… ci sono ancora delle parti da assegnare e lei è in lizza, diciamo in competizione con un’altra attrice. Non posso garantirle al cento per cento che avrà la parte, ma le dirò che il suo provino corrisponde abbastanza al personaggio. E comunque ho intenzione, visto che inizieremo le prove tra pochi giorni, di avvisarla in modo certo…

A7: grazie mille.

AAS: dopo cosa è successo?

A7: beh, un giorno sono venuta a teatro ed entrando in sala ho visto sul palco una giovane che provava.

AAS: teatro…una giovane come?

A7: come la signorina. (indica l’attrice 9)

AAS: una giovane come la signorina. Può venire, signorina? Allora proviamo. Proviamo. Presto, presto, presto!

A8: la scena si svolge in un caffè. Lei aspetta.

AAS: vuole entrare per favore?

A7: cioè, non mi hanno vista.

AAS: mi scusi?

A7: loro non mi hanno vista.

A8: è molto in ansia, aspeetta da parecchio tempo. Quindi ha un atteggiamento un po’ teso, ma non esageri.

AAS: entri.

A7: non ero cosi vicina a loro. Loro non mi hanno vista.

AAS: bene, grazie mille. (A8 e A9 interrompono la scena) Quindi il suo problema era in fondo… ha capito.

A7: si, ho capito che non avrò la parte.

AAS: benissimo, quindi ha capito a questo punto che non funziona.

A7: certo.

AAS: che cosa è successo?

A7: è stato molto sgradevole.

AAS: che cosa ha pensato che fosse successo?

A7: perché era successo?

AAS: si.

A7: oh questo non lo so, forse per delle ragioni molto semplici.

AAS: quali?

A7: beh, o si era completamente dimenticato di avermi fatto il provino, oppure per lui questa giovane era meglio di me.

AAS: beh, glielo chiediamo: “che cosa è succcesso? Lo sa?” (ad A8) Si metta nei panni del personaggio.

A8: si, è semplicissimo. Non si tratta tanto di talento, quanto piuttosto di fisico. Ci sono stati dei cambiamenti e mi serviva un certo rapporto fisico che non esisteva con questa attrice. Ecco perché sono stato costretto a ingaggiarne un’altra che forse non ha più talento, ma che corrisponde meglio da un certo punto di vista fisico, tutto qui.

AAS: le secca averla sostituita? E lei lo sa che è stata sostituita?

A9: beh, no, non lo sapevo assolutamente.

AAS: si.

A9: speravo di avere la parte ed ero molto felice di essere stata presa.

AAS: non c’era un rapporto…

A9: è stata una grande fortuna, nient’altro.

AAS: non c’erano rapporti personali tra di voi?

A8: no, assolutamente.

AAS: assolutamente no, questa volta no. Ma a volte capita. È una spiegazione che le sembra soddisfacente?

A7: si, mi sembra molto soddisfacente. In ogni caso verosimile.

AAS: quello che dovremmo vedere con lei, in seguito, lavorando ancora con lo psicodramma, è come si può fare perché la prossima volta lei indovini un po’ prima che c’è qualcosa che non quadra, per esempio, e impari come fare perché la prossima volta vada meglio. Le va?

A7: volentieri, si.

AAS: grazie per la sua collaborazione. Volevo ringraziarvi tutti per la vostra collaborazione. Siete stati gentilissimi. Mi dica, signorina, lei ha avuto la sua stessa parte. Le è mai successo di venire ingaggiata e poi respinta?

A9: si.

AAS: più o meno nelle stesse circostanze?

A9: no, era al cinema.

AAS: era al cinema. E sempre per questioni fisiche?

A9: lo ignoro.

AAS: lo ignora. E cosa si immagina?

A9: credo che fosse piuttosto una questione di nome. Sono un’attricetta, non ho un nome, e per i film servono i nomi.

AAS: crede che lavorando con noi potrebbe magari trovare una scorciatoia per arrivare dove vuole andare?

A9: assolutamente no, non credo.

AAS: volevo ringraziarvi tutti, grazie a tutti.

intervistatore: si tratta, come avete visto, di un film sperimentale. Ecco perché ne abbiamo voluto lasciare le immagini nella loro continuità. Ora ci sembra opportuno fare qualche commento su alcuni passaggi particolarmente significativi dal punto di vista dell’esperienza che ci interessava. È alla Signora Ancelin Schützenberger che vorrei chiedere di darci i suoi commenti. In effetti è una psicologa che ha studiato lo psicodramma con il Professor Moreno negli Stati Uniti.

AAS: ora riprendiamo un po’ quello che abbiamo visto finora con i tre gruppi di attori che hanno presentato qualcosa davanti a noi. Analizziamoli da un punto di vista di animazione e creatività, collegando questa azione con l’azione dello psicodrammatista. Prendiamo, per esempio, il primo gruppo. Possiamo dire che è piuttosto una specie di esposizione divertente e non un vero e proprio psicodramma. Nel secondo gruppo, entrano in gioco le tecniche di recitazione. Vediamo una serie di cose molto diverse. Moreno si avvicina e parla alle persone, si alza, sono già in azione. La “vedette” si libera da se stessa e gli altri vengono, per cosi dire, a unirsi a lei automaticamente. La vedette e gli ego ausiliari, tutti i partecipanti del gruppo potranno elargire la loro percezione di se stessi, dell’altro e dell’interazione. L’impostazione della vedette dei partecipanti e del gruppo si fa molto progressivamente, a volte avviene in rapporto al luogo. A volte avviene in rapporto a un posto determinato, e avviene, come vedrete, in un luogo in cui ci sono porte, finestre, sedie, letti, in cui le cose entrano in gioco in una specie di atmosfera a cui parteciperanno tutti i membri del gruppo e che permetteranno al gruppo di identificarsi con l’azione e l’atmosfera. Mi sono persa. Non serve una scenografia, al massimo una scenografia minima, fatta di cose neutrali in cui le persone potranno proiettarsi. Tavoli, sedie, nulla di specifico. Se c’è una scenografia, meglio. Se non c’è, si fa evacuare una parte della sala che servirà da scena. La tavola e le sedie sono sistemate dai partecipanti perché i gesti li aiutano a impostarsi. L’impostazione, d’altra parte, viene fatta progressivamente, a mano a maano che lo psicodramma si svolge, dal direttore. Si aiuta la vedette a presentarsi e a presentare le persone intorno a lei. Lo si può fare in tanti modi diversi. Questa rappresentazione dell’ambiente viene fatta grazie a ego ausiliari. Si chiede a un certo numero di persone di prendere il posto dei personaggi e di interpretarne i ruoli. Dato che non è sempre facilissimo sapere come qualcuno si comporterà, si fanno cambiamenti di ruoli… a volte si usa la tecnica del doppio o dello specchio. Utilizziamo molto spesso anche la tecnica dell’auto-dramma, cioè quando l’attore recita egli stesso il proprio ruolo e quello dell’altro cambiando di posto. Guardate come cambiano posto. Vedete come, a poco a poco, è se stesso, è suo padre, lo è sempre di più. Capite per esempio che con l’auto-dramma possiamo aiutare questa persona a comprendere meglio il rapporto che ha con suo padre. È lui, è suo padre, suo padre è presente. Possiamo anche cercare di fargli capire meglio come lo vede suo padre. Guardate, sente suo padre. In uno psicodramma non serve recitare sempre di nuovo le cose fatte. Non si ha bisogno di rivivere di continuo la realtà. Possiamo spegnere questa realtà, andare oltre. La vita a volte ci limita. Abbiamo in noi una specie di fame, una specie di sete d’azione, di bisogno di azione, che la vita ci impedisce di realizzare. Per una ragione o per un’altra, non possiamo farlo. Noi possiamo esplorarlo con lo psicodramma. Per esempio, in questo caso, questo attore aveva molta voglia di convincere qualcuno. Non ci riusciva. Gli daremo la possibilità di farlo. Eccolo.

i: se il Centro Studi della Radio-Televisione ha voluto riprendere questa esperienza, era per conservare una traccia di questo tentativo di ricerca, per dare agli attori il massimo delle loro possibilità, cioè in funzione degli interpreti della radio e della televisione. Ora vorrei chiedere sia a Jim Einis che alla Signora Ancelin Schützenberger di mostrarci, di indicarci l’immagine che, secondo loro, sarebbe la più probante, cioè l’immagine in cui un interprete è al massimo delle sue possibilità, in cui è più autentico, in cui fa appello alle sue risorse spontanee intime più profonde. E cioè, il momento in cui sarebbe più disposto, più adatto a interpretare in seguito un ruolo drammatico o un altro. Quale immagine vorrebbe proporci?

AAS: si ricorda il momento in cui Moreno è intervenuto e gli ha parlato in ungherese? Vede, c’è stato un cambiamento completo nella sua espressione.

i: lei è d’accordo, Jim Einis?

J: no, credo solo quando ha fatto il ruolo di suo padre per l’ultima volta.

i: Signora Schützenberger, è d’accordo con questa impressione di Jim Einis?

AAS: in effetti questa immagine è straordinaria e ricca di espressione.

i: allora queste immagini ci serviranno da conclusione.

Produzione sperimentale del Centro Studi della Radio-Televisione

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