Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento del sito stesso.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all’uso dei cookie.

   

QUATTRO VOCI PER IL DIZIONARIO INTERNAZIONALE DI PSICOTERAPIA Garzanti

 

1. Psicodramma (psicoplay) 

Questa formula terapeutica ed espressiva fu introdotta agli inizi del Novecento da uno dei padri della psicoterapia di gruppo, Jacob Levi Moreno, medico e sociologo vissuto nella Vienna dell’impero austro-ungarico, espatriato nel 1926 negli Stati Uniti e naturalizzato americano. Autore di altre formule come il sociodramma, la sociometria, gli action-methods e il role playing, Moreno ebbe il coraggio di proporre, nei tempi e nella città di Freud, un modello interpersonale della psicopatologia e della psicoterapia. Il suo approccio inter-personale della genesi e della soluzione dei conflitti (opposto a quello intra-personale di Freud) era così innovativo che prevedeva persino la possibilità di spostare il setting dallo studio medico al luogo e al gruppo reale in cui vivono i pazienti.
Vediamo la genesi di questa proposta che nel giro di pochi decenni avrebbe influenzato altri modelli della psiche e sarebbe stata reintegrata, in una decina almeno di formule diverse, persino dalla psicoanalisi. Il giovane Moreno a Vienna è un medico che cura i suoi pazienti gratuitamente ed attraversa una sindrome teologica che, in un’epoca di ateismo e agnosticismo, sfocia nell’ideale dell’Io-Dio caro a Martin Buber e da vita al Teatro della Spontaneità,
una formula di incontro e rappresentazione che si contrappone alle convenzioni di un vecchio impero, in profonda crisi politica e culturale.  

La mia attrazione per l’idea di Dio è iniziata nella prima infanzia. L’Essere più importante nell’universo era Dio, e mi piaceva essere legato a Lui. La prima sessione di psicodramma ebbe luogo quando interpretai la parte di Dio all’età di cinque anni, nel 1894.

Lo psicoplay, nelle prime formulazioni di Moreno, non è solo un’invenzione moderna con una sua teoria e tecnica, ma rappresenta la scoperta dell’archetipo stesso del teatro. Il teatro allo stato puro esteso a ogni uomo. Il modello si articola grazie ai concetti di ruolo, atomo sociale, Spontaneità creativa, tele (l’intesa empatica tra due persone, al polo opposto del transfert). A ben vedere, il senso della  proposta di Moreno sta tutto nella sua ridefinizione del concetto di Catarsi di cui parla Aristotele nella Poetica. Mentre Aristotele concepisce la Catarsi come l’effetto dell’opera, creata da un autore, sullo spettatore seduto in platea, Moreno sostiene che la vera Catarsi consiste nell’espressione attiva e personale di ogni spettatore nel momento in cui si trasforma in attore. Così facendo, Moreno introduce nel mondo del teatro una nuova categoria, quella degli psicodrammatisti, registi terapeutici simili a medici e sacerdoti che, anziché esprimere se stessi, mettono il loro talento al servizio dell’espressione del pubblico. Questo passaggio del teatro dal piano estetico a quello etico ed esistenziale è di importanza cruciale, non inferiore alla scoperta dell’inconscio di Freud. E il suo valore è ancor più evidente oggi per chiunque intenda fronteggiare - sul piano psicologico, sociale e morale - la pressione alienante esercitata dalle comunicazioni di massa su un pubblico inconsapevole, alienato e confuso.
Un altro primato storico di Moreno (che troverà conferma e supporto tecnico nell’avvento di internet e dell’interazione digitale in diretta) è la proposta di applicare allo psicoplay le riprese video e la trasmissione televisiva, in modo da allargare la partecipazione del gruppo a migliaia di persone (1). Agli inizi del Novecento, lo psicoplay, grazie alla circolarità dei ruoli attivati dal play e dalla dinamica di gruppo, mira a trasformare ogni spettatore in autore, regista e attore della propria vita. Un obiettivo simile caratterizza il sociodramma (o socioplay) che non cura in profondità il singolo paziente nel gruppo terapeutico ma elabora in orizzontale i problemi di un gruppo “reale”. I cui membri cioè condividono problemi sociali, razziali, politici, economici, culturali su piccola e vasta scala. Colpiscono le analogie e le sincronicità di questa visione con il teatro di Luigi Pirandello, soprattutto con la trilogia del teatro nel teatro - Sei personaggi in cerca d’autore (1921), Ciascuno a suo modo (1924) e Questa sera si recita a soggetto (1929) -. Tuttavia Moreno distingue lo psicodramma dalla messa in scena di un dramma psicologico come quelli di Ibsen, O’Neill o Cecov. Come pure dalla Teatroterapia intesa come creazione, prova e messa in scena di un testo o di uno spettacolo. Dal punto di vista tecnico, uno psicoplay, a grandi linee, si basa sulle seguenti fasi.

1.   L’organizzazione dello spazio e degli strumenti di gioco con la presentazione del conduttore e dei membri del gruppo.

2.   Il riscaldamento (warming up) che, come un rito di entrata, aiuta i membri del gruppo ad abbattere le barriere sociali convenzionali e ad entrare in una dimensione bicamerale dove si comunica non solo con le parole ma anche col corpo e le immagini.

3.   La scelta del primo protagonista del gioco e l’individuazione della storia o del sogno da mettere in scena.

4.   La descrizione dei personaggi e la distribuzione dei ruoli ai compagni del gruppo.

5.   Il play vero e proprio, con le inversioni di ruolo, i doppiaggi e altre numerose tecniche di gioco (una cinquantina) fino al momento in cui il protagonista fa la sua catarsi.

6.   La ristrutturazione del tema messo in scena che porta il paziente a una maggiore libertà, consapevolezza e spontaneità grazie a varie forme di quella che Jung definirebbe un’immaginazione attiva di genere teatrale.

7.   Il rispecchiamento del gioco da parte degli altri membri del gruppo. In questa fase il terapeuta intercetta e ferma attacchi invidiosi, evacuazioni di significato, giudizi moralistici e commenti pseudo-analitici. Mentre favorisce la condivisione (sharing) di vissuti ed esperienze analoghe.

8.   Il finale in cui alcuni conduttori verbalizzano un’interpretazione analitica del gioco e della dinamica gruppale che lo ha accompagnato. Va detto a questo proposito che un’interpretazione del gioco (di qualunque genere essa sia)  non può non avvenire sempre e comunque. Anche nei casi in cui il conduttore non la verbalizza ma se ne serve per dare un senso alle parole del paziente e condurre il gioco.

Ciò che più distingue Moreno da Freud è l’uso del gruppo, dell’azione e di codici bicamerali in un’ottica creativa e olistica che lo psicodramma analitico cercherà in seguito di ridurre al minimo. Dal punto di vista filosofico il suo approccio alla psicoterapia è in sintonia con quello di C. G. Jung. Moreno infatti è più attratto dal futuro che dal passato. Afferma con semplicità: “Non si può guidare una macchina guardando solo nello specchietto retrovisore. Bisogna guardare da tutti i lati, davanti come di fianco a noi”.
Confrontando psicoanalisi e psicodramma è pure evidente che nel setting di Moreno, il terapeuta gioca col paziente (o meglio lo fa giocare) restando sempre inquadrato dallo sguardo del pubblico. Un setting del genere, essendo per certi versi ipnotico, è in grado di ottenere regressioni veloci e profonde ma la presenza e l’intervento  del gruppo, se ben gestiti, tengono a bada il rischio di precipitare in un delirio a due. Uno psicodrammatista accorto sa distinguere la messa in scena dalla messa in atto e fa leva sulle sue competenze cliniche per articolare la spontaneità del play in funzione dei diversi quadri diagnostici. In ambito psichiatrico, ad esempio, lo psicodrammatista eviterà  che la pressione di forti meccanismi di identificazione proiettiva trasformi il gioco in passaggio all’atto e acting out, intesi come irruzione incontrollata di un fantasma nel gruppo. Con inevitabili ricadute relazionali e transferali.
Dar vita a uno psicoplay per la coppia paziente-terapeuta non vuol dire illudersi ma recitare, giocare, simbolizzare e sperimentare emozioni nuove, davanti a molti testimoni. A conti fatti, questo setting ludico e pubblico, che alcuni analisti snaturano con proibizioni e cautele, non è pericoloso come sembra a qualcuno. Al contrario può anche tenere a bada le insidie e i passi falsi in cui è più facile cadere (come insegna la storia) nel setting duale e dialogico della psicoanalisi ortodossa. Scendendo dal lettino per salire su un palcoscenico, la relazione pa­ziente-terapeuta è compresa a sua volta dal gruppo. Il pro­tagonista si giova di un doppio sostegno: quello del regista (il terapeuta) e quello della platea (il gruppo). Del resto il pubblico aiuta anche il regista. Come era accaduto alla madre disperata di Moreno quando una zingara di passaggio le suggerì come salvare il suo bambino malato,  qualche volta il suggerimento giusto per capire un paziente può anche arrivare dall’intervento o dal rispecchiamento di un altro membro del gruppo.
Nel 1921, un anno prima del debutto a Roma di “Sei Personaggi in cerca d’autore” di Pirandello, Moreno apre a Vienna la prima sessione di teatro improvvisato Das Stegreiftheater, senza copione né attori, nel quale inviterà gli spettatori a rappresentare gli eventi del giorno. Un anno dopo, Moreno scopre il potere trasformativo della catarsi grazie al caso di Barbara, una giovane attrice specializzata in ruoli di eroina romantica, che ha invitato con successo a calarsi nei panni di personaggi violenti e tragici della cronaca nera, riuscendo così a salvare il suo matrimonio.
Nel passaggio da Vienna agli Stati Uniti, l’entusiasmo di Moreno per l’azione e l’incontro prende sempre più corpo. Nel corso degli anni, il pensiero di Moreno si organizza empiricamente e conquista il consenso della psichiatria, delle università e delle istituzioni. Alle intuizioni astratte e profetiche di Moreno sul futuro dello psicodramma si affiancano tecniche di intervento concrete e misurabili. Il metodo dall’America si diffonderà progressivamente nel resto del mondo, fino alla Cina, all’India, al Giappone. 1932 Moreno mette a punto il concetto di Psicoterapia di Gruppo e lo presenta al congresso dell’Associazione Americana di Psichiatria a proposito di un progetto di psicoterapia nelle carceri di Sing-Sing. In collaborazione con Helen Jennings, studia una comunità di ragazze in un istituto di detenzione, dal punto di vista sociometrico, cioè misurando le tensioni affettive e i livelli di vicinanza, distanza e reciprocità tra i membri del gruppo.
Lo psicodramma e il role playing si rivelano efficaci in contesti semplici, come la formazione e la scuola, o complessi, come l’analisi di gruppo e la psicoterapia delle psicosi. Oggi sono migliaia gli psicologi, gli psichiatri e persino gli analisti che si giovano delle innovazioni e delle tecniche di Moreno, anche senza saperlo. Vediamo in sintesi, le date più significative del passaggio in America e del passaggio dall’America al mondo:
1925 Moreno si trasferisce negli Stati Uniti, prima a New York, poi nella località di campagna di Beacon sulle rive del fiume Hudson, dove aprirà il suo istituto, il suo teatro terapeutico e una piccola casa editrice dedicata alle sue opere di psicodramma e sociometria.
Moreno incontra Zerka Toeman, arrivata dall’Europa a Beacon per far curare la sorella all’Istituto di Beacon. I due si innamorano e da allora collabvoreranno allo sviluppo dello psicodramma nel mondo.

1942 Moreno fonda l’American Society of Group Psychotherapy e il Sociometric Institute di New York. Moreno e Zerka Toeman pubblicano il loro primo articolo a doppia firma.

1946 Moreno pubblica il primo volume del trattato Psychodrama. Un gruppo di psichiatri e analisti francesi che hanno studiato psicodramma a Beacon con Moreno iniziano a praticare in Francia lo psicodramma per bambini. È l’inizio di una nuova corrente di psicoterapia: lo Psicodramma Analitico che presto sarà dedicato anche agli adolescenti e agli adulti.

1948 Sessioni di psicodramma aperte al pubblico al Mansfield Theater di New York.

1949 Moreno sposa Zerka Toeman che, tre anni dopo, darà alla luce il figlio Jonathan. Moreno ha 63 anni.

1951 Psicodramma aperto al pubblico al White Barn Theater di Westport nel Connecticut.

1953 Inizi dello psicodramma per adulti in Francia.

1956 Moreno è a Parigi dove Roberto Rossellini gira come operatore (con la regia di Luc Leridon) per la Radio Televisione Francese lo Psicodramma di un Matrimonio.

1957 Moreno fonda l’International Association of Group Psychotherapy and Psychodrama.

1959 Moreno e Anne Ancelin Schutzenberger fanno dimostrazioni di psicodramma in Unione Sovietica e in Francia. Moreno pubblica Psychodrama II.

1963 Moreno partecipa al terzo Congresso Internazionale di Psicoterapia di Gruppo a Milano.

1964 Primo congresso Internazionale di Psicodramma a Parigi con più di 1000 partecipanti di 36 nazionalità.

1966 Secondo Congresso Internazionale di Psicodramma a Barcellona.

1969 Costruzione del primo Teatro di Psicodramma in un’università francese a Nizza. Quarto Congresso Internazionale di Psicodramma a Buenos Aires. Moreno pubblica Psychodrama III.

1970 Quinto Congresso Internazionale di Psicodramma a San Paolo (Brasile).

1974 Moreno muore a Beacon, circondato dai suoi allievi. Zerka Moreno continua i seminari di formazione in psicodramma ai quali partecipano allievi provenienti da tutto il mondo, fino al 21 agosto 2000 (data e anniversario del loro incontro) allorché l’Istituto sarà venduto alla Horsham Foundation.  Zerka si sposta a Charlottsville presso il figlio Jonathan, professore di etica medica all’università di Virginia. Continua a tenere seminari in tutto il mondo. [O. R.]

Note

1) La proposta di Moreno, formulata nel primo volume del Manuale di Psicodramma, è stata realizzata in Italia da Raitre (sotto la direzione di Angelo Guglielmi) nel 1992 con le due serie del programma “Da Storia Nasce Storia” realizzato col Teatro Stabile di Torino e la Facoltà di Psicologia dell’Università Sapienza di Roma. Estratti delle puntate sono disponibili in versione integrale presso il sistema “Teche aperte” della Rai e in versione ridotta su Internet e sul sito www.plays.it.

 

2) J. L. Moreno, Il Profeta dello psicodramma, Di Renzo editore, Roma, 2003.

3) Giovanni Boria, Tele, Angeli, Milano 1983.

4) A Firenze Moreno e lo zio scendono al “Porta Rossa”. Una coincidenza commuovente: è lo stesso albergo dove, molti anni dopo, lo psicodramma entra in Italia dalla Francia nella sua versione analitica, attraverso i gruppi di formazione di Paul e Gennie Lemoine, lacaniani di ferro. Sempre al “Porta Rossa” nel 1990 prende forma con un numero speciale della rivista Atti dello psicodramma l’idea di rivendicare Moreno come padre dello psicodramma, gemellando il teatro della spontaneità a Pirandello e alla cultura italiana.

5) Le sorprendenti affinità mimiche e paralinguistiche tra Moreno e Totò sono evidenti nel documentario girato nel 1964 da Roberto Rossellini alla Facoltà di Medicina della Sorbonne sul famoso  psicodramma della coppia di Paul e Michelle (cfr. J. L. Moreno “Un matrimonio da fare”, Di Renzo Editore, 2005)

 

 

2. Gioco di ruolo

Per J. L. Moreno, padre dello psicodramma, è lo strumento base con cui rappresentare a soggetto la vita di un paziente in un gruppo. Il “gioco” (play)  inizia dopo il racconto, quando il terapeuta invita il paziente-protagonista ad assegnare i ruoli della sua storia agli altri pazienti che collaborano come attori o «ego ausiliari». Il gioco procede con varie tecniche, come l’inversione di ruolo, il doppiaggio, lo specchio, il soliloquio: per Moreno e A. A. Schützenberger le possibili formule di intervento attivo sono circa trecento. Il paziente conquista gradatamente ruoli e stati d’animo adulti, liberandosi dei condizionamenti esercitati dalla famiglia e da tutti i contesti alienanti. E si muove verso la «catarsi di integrazione» in cui culmina lo psicoplay. Il gioco di ruolo continua nella condivisione finale nel gruppo, tesa più che all’analisi, all’incontro esistenziale e all’empatia. Moreno sostiene che il gioco di ruolo precede l’emergere del Sé: non sono i ruoli a emergere dal Sé ma il Sé può emergere dai ruoli giocati, nella vita e in terapia. La teoria dello psicoplay considera il gioco di ruolo da vari punti di vista: addestramento, distribuzione, assunzione, creazione, definizione, dinamica, dominanza, misurazione, percezione, stabilità e, soprattutto, patologia. Giochi di ruolo patogeni, come quello della genitorializzazione,  hanno luogo in quelle famiglie dove, alle funzioni del ruolo reale di figlio, si sovrappone la pressione alienante di un ruolo di padre o madre immaginario assegnato al figlio inconsciamente. Per esempio, la vecchia usanza di dare a un neonato il nome di un antenato può fare del bambino l’interprete inconsapevole e involontario di un fantasma inter-generazionale della famiglia. La pressione alienante di un ruolo simile influenza la vita del figlio e rischia di condizionare la sua libertà.
Dal punto di vista terapeutico invece, va ricordato che il role playing, come tecnica, grazie a Moreno è entrato a far parte di molte forme di psicoterapia, dalla Gestalt Therapy, all’Ipnoterapia ericksoniana e alla Terapia Sistemica. Il gioco di ruolo è usato, in modo selvaggio, anche nelle Costellazioni Familiari dove può capitare che la distribuzione dei ruoli non sia fatta dal protagonista ma da un leader autoritario che sceglie, assegna e orchestra a suo modo tutti i ruoli e i giochi dei partecipanti. [O. R.]

 

Bibliografia:

J. L. Moreno, Manuale di Psicodramma: il teatro come terapia,  Astrolabio, Roma, 1985.

J. L. Moreno, Manuale di Psicodramma: tecniche di regia psicodrammatica, Astrolabio, Roma, 1987.

 

3. Catarsi

Esistono due definizioni del termine. Aristotele nella “Poetica” descrive la Catarsi come l’effetto purificatore di un’opera sul pubblico. Al contrario per J. L. Moreno, padre dello psicodramma, la Catarsi consiste nell’azione di chiunque metta in scena la sua vita diventando attore-autore di se stesso. Così Moreno introduce nel mondo del teatro e della psicoterapia un nuovo ruolo professionale, quello di registi terapeutici un po’ medici e un po’ sacerdoti che, anziché esprimere le loro opere, si dedicano a un tipo di teatro che cura le persone. Moreno, medico olistico dell’anima, non si ritiene un inventore ma uno scopritore: da sempre la Psico-Catarsi è correlata alla Spontaneità mentre l’attore professionista potrebbe soffrire di una “nevrosi istrionica” che gli impedisce di trovare il vero senso della sua vita. Occorre sottolineare che la Catarsi in psicoplay non si limita allo sfogo della sofferenza e va oltre l’abreazione dei sentimenti repressi ma culmina nella creazione di nuovi immagini e incontri che liberano l’esistenza del paziente. Il soggetto protagonista del gioco, con l’aiuto del gruppo, esce dal vecchio contesto che lo imprigiona ed entra in un mondo più libero e ampio. Così egli assume nuovi ruoli e impara a trasformare la sua rete di rapporti.
In sintesi, la catarsi inizia nel momento in cui il paziente mette in scena i suoi ‘personaggi in cerca d’autore’ e culmina nel momento in cui opera la svolta cruciale del suo destino (peripeteia). [O. R.]

 

4. Analisi Attiva 

Fa parte di un modello di derivazione psicoanalitica elaborato dal grande analista ungherese Sandor Ferenczi. L’approccio si basa su una serie di punti “cardine” che, all’epoca in cui furono formulati, apparvero rivoluzionari rispetto al pensiero di Freud:  1) la teoria delle > pulsioni ha i suoi limiti: in realtà il disturbo del paziente deriva da relazioni traumatiche con un ambiente patogeno;  2) l’interazione analista/paziente dovrebbe sfociare nella creazione di nuovi ruoli salutari;  3) l’astinenza analitica prevista dal setting in realtà può nascondere l’ipocrisia e l’indifferenza del medico e rischia di veicolare una lontananza emotiva o un rifiuto, che riportano il paziente a situazioni di deprivazione vissute nell’infanzia; 4) l’analista che nella seduta riesce a ottenere la regressione del paziente, fa emergere ferite che richiedono empatia e cura; 5) l’interpretazione verbale non basta: il paziente fa nuove esperienze emotive solo quando interagisce emotivamente e fisicamente col terapeuta.
Ferenczi, l'enfant terrible dell'analisi, fu il primo a fare interventi terapeutici concreti. Con lui l’analista, scienziato dell'anima seduto dietro il lettino, si trasformava in attore terapeutico: non si limitava ad ascoltare e a parlare, ma poteva usare il corpo. In un caso difficile, Ferenczi invitò una paziente in difficoltà ad avvicinarsi a lui, la abbracciò e le accarezzò la testa come una buona madre. La disapprovazione di Freud fu totale. Oggi molte di queste proposte sono variamente acquisite dalla psicoterapia, ma negli anni ‘20 il talento creativo e la generosità umana di Ferenczi scatenarono gli attacchi degli analisti più conformisti e l’invidia dello stesso Freud. 
È evidente che la tecnica attiva ha alcuni punti in comune con gli Action Methods di J.L. Moreno ma con un’importante differenza: Ferenczi agisce ancora dentro il setting duale della psicoanalisi che esclude lo sguardo e la partecipazione di altre persone, mentre Moreno opera in un nuovo genere di setting, con degli ego ausiliari e davanti a un gruppo. Nello spazio teatrale, ludico e simbolico dello psicoplay, il terapeuta che cerca di raggiungere un contatto profondo, non si deve rapportare in prima persona coi fantasmi del paziente, ma solo aiutarlo a metterli in scena. Il regista dello psicoplay dunque non interpreta i ruoli terapeutici come attore, ma li affida agli assistenti terapeutici o agli altri pazienti del gruppo. In tal modo, l’interazione riparatrice, tesa a ristrutturare le conseguenze del trauma o del deficit del paziente, avviene in uno spazio-tempo diverso da quello reale. Definendo l'azione correttiva come play, lo psicoterapeuta può favorire la regressione e la ristrutturazione attiva di traumi e carenze, senza cadere nelle trappole e nelle ambiguità di una messa in atto che farebbe corto circuito col transfert. [O. R.] 

Bibliografia:

Sandor Ferenczi, Diario clinico (gennaio - ottobre 1933), Raffaello Cortina, 1988.

André Haynal, Freud, Ferenczi, Balint e la questione della tecnica, Centro Scientifico editore, Torino, 1990.

 

Sky Bet by bettingy.com