INTERVISTA A M. L. VON FRANZ SU PSICODRAMMA E IMMAGINAZIONE ATTIVA (1989) di Ottavio Rosati
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andata in onda nel 1989
nel programma TERZA PAGINA (Rai - Radio tre)
Dr.ssa Von Franz, cosa caratterizza la sua analisi delle fiabe rispetto a quella di Bruno Bettelheim?
Bene, io ho dato un’interpretazione completamente diversa nel senso che non ho assegnato un significato preciso a ogni aspetto della fiaba, tipo: "questa immagine rappresenta la sessualità repressa, quest’altra immagine il problema di… questo è, questo è…" Al contrario io invito ad ascoltare i messaggi di questi simboli mantenendo un atteggiamento mentale passivo e recettivo, utilizzando il metodo dell’amplificazione vale a dire del confronto con rappresentazioni archetipiche analoghe guardando le favole come sogni collettivi perché loro sono inventate in modo naturale da cantastorie, non da scrittori…
Può fare un esempio specifico?
Per esempio nelle fiabe l’eroe è quasi sempre descritto come goffo, stupido, e pigro. Ora questo è un elemento compensatorio del fatto che nella coscienza collettiva occidentale noi sovrastimiamo l’impegno, i successi ed i risultati. Dal punto di vista naturale, naive che è ottuso ma collegato ai suoi istinti (per esempio in forma di un animale soccorritore che dice cosa fare rappresenta) l’uomo genuino non scisso dalla sua natura è diverso dall’uomo intellettuale e riflessivo e di solito alla fine vince e sposa la principessa. Questo tema dell’eroe ingenuo nelle fiabe ricorre molto spesso.
Lei sa che l’Italia è un paese in cui la politica ha molta importanza.
Si!
Oggi scrittori di favole e racconti come Gianni Rodari scrivono per i bambini fiabe del mondo comune, i cui protagonisti non sono maghi, cavalieri o personaggi straordinari ma persone normali che affrontano i temi della realtà quotidiana. E il significato di queste storie è razionale, civile, etico. Qual è la Sua opinione?
La mia opinione è che queste fiabe non hanno grande valore… che non esprimono genuino inconscio vitale e quindi la natura profonda dell’essere umano. Questo genere di racconti hanno un effetto breve nel tempo, durano qualche settimana e sono subito dimenticati. Quando vediamo l’attivazione di interessi politici in Italia è perché c’è una crisi dei valori religiosi e spirituali e la gente è in cerca di nuovi valori e i nuovi valori emergono all’interno di una crisi nei posti più inaspettati e non si possono produrre con uno sforzo cosciente. Questo si vede nei pazienti nevrotici che di solito sono intelligenti e cercano di risolvere la loro situazione escogitando soluzioni razionali che raramente sono d’aiuto perché questo non sono collegate con le forze delle profondità istintuali da cui emergono le nuove soluzioni.
[...] Lei è stata a lungo paziente ed allieva di Jung. Che immagine, che ricordo ha dell’uomo Jung?
Jung aveva così tante sfaccettature ed aveva una personalità così articolata e complessa che in vent’anni di frequentazione non potevo mai predire che cosa avrebbe detto fatto o pensato. Era un tale innovatore, sempre spontaneo sempre sorprendente, con qualche cosa del trickster delle fiabe. Magari ti aspettavi di incontrare il grande uomo e lui invece sarebbe stato il ragazzino gioioso ma quando ti aspettavi di poter giocare con il ragazzino gioioso emergeva il più profondo dei filosofi… Magari ti aspettavi dei rimproveri ed emergeva una risposta comprensiva, affettuosa ed empatica. Oppure pensavi che ti avrebbe fatto da padre e lui invece ti esortava a prenderti le tue responsabilità. Tu non sapevi mai cosa sarebbe accaduto. Incontrarlo era sempre eccitante e sorprendente ma in generale era molto caloroso ed aveva un enorme senso dello humour… Inoltre aveva un forte buon senso e (le si incrina la voce) un’enorme fantasia (colpi di tosse) e generava l’aspettativa che stesse per succedere qualcosa di eccitante. Una qualità di Jung era di non essere mai noioso. (ride) [...] Come vede, alcuni aspetti sconcertanti della personalità di Jung sono comprensibili solo ad un analista.
Oggi Lei al Congresso ha parlato di Immaginazione Attiva e del suo rapporto con altre nuove tecniche di altre scuole… Vorrei sapere che rapporto vede tra l’immaginazione attiva e lo lo psicodramma di J. L. Moreno. A Suo parere, per il paziente realizzare le immagini in forma di disegni e quadri è efficace come farlo in un gruppo, con degli attori e attraverso la rappresentazione teatrale?
Per me sono cose simili ma rientrano in ciò che io chiamo la terza fase dell’immaginazione attiva e cioè l’espressione della fantasia ma non raggiungono ancora la fase successiva che è il confronto etico e individuale con la fantasia che diventa impossibile da fare, in presenza di altre persone.
Moreno nei suoi scritti racconta di un paziente che gli parlò di un mostro della fantasia che lo terrorizzava. E Moreno gli disse “Coraggio! Giochiamo questa situazione. Io farò il ruolo del mostro e tu devi creare nuovi modi di rispondere al mostro".
Questo è ciò che io chiamo “immaginazione guidata” perché il terapeuta fa da guida: “Guarda me come il mostro e reagisci… “ Insomma: “Tu devi… tu devi… tu devi…”. Nel video dello psicodramma che
Qui l’analista è attivo…
Certo: “Guarda me come mostro… reagisci…” E’ tutto guidato come nello psicodramma
Ma possiamo dire che in entrambi i casi l’immaginazione è molto importante?
Questo Si! L’aspetto positivo del tuo psicodramma è che tutto questo libera l’immaginazione del paziente, il che è una cosa enormemente importante che di solito è molto efficace. Ma non ancora libera la capacità del paziente di fare una vera Immaginazione Attiva, la rimpiazza. E questo è diverso.
E perché, secondo Lei, non è Immaginazione Attiva?
Perché il paziente non si sta confrontando da solo e senza l’aiuto di una guida con le sue proprie immagini. E’ qualcosa di diverso. Il paziente dovrebbe avere solo la sua guida interna. (Irritata) Perché è una situazione as if (come se). Il paziente gioca come se ci fosse il mostro. Nella vera Immaginazione Attiva tu lo incontri davvero il mostro. Il vero mostro.
In Europa c’è un altro tipo di psicodramma, quello analitico di Anzieu, Lebovici, Diatkile, Lemoine e altri nati in Francia con vari autori, in cui il conduttore di solito esclude i giochi basati su scene fabulate o immaginarie ma accetta solo veri sogni e veri ricordi. Cosa ne pensa?
(Decisa) Niente, (ride) niente. Questa tecnica semplicemente blocca l’inconscio: è semplicemente il modo in cui il paziente vive di continuo. Se tu hai dei pazienti nevrotici loro pensano sempre “Ma lei mi sposerà o non mi sposerà?”. Questo è il flusso di pensieri abituale, il loro “train of thoughts” da cui noi analisti vogliamo liberare i pazienti.
Questo tipo di psicodrammatisti dicono che il paziente deve raggiungere la realtà e uscire dalla fantasia…
Ja, ja,
Mentre con questi limiti al gioco avviene tutto il contrario: c’è pochissimo immaginario e un sacco di realtà…
Si. Un tipo di psicodramma con poca immaginazione potrebbe essere raccomandabile per un certo tipo di pazienti borderline o psicotici che hanno perso il contatto con la realtà… con loro questa tecnica rende tutto più semplice. Jung, quando qualcuno volava via dietro l’inconscio, diceva “Mi dica cosa oggi cosa ha mangiato a colazione?” (ridono)
Cosa pensa dell’effetto boomerang di cui Le parlava Jung, come ha raccontato oggi nella Sua relazione? Suppongo che in entrambe le tecniche il terapeuta debba stare con un piede dentro e uno fuori?
Yes! Ja, ja. Entro certi limiti bisogna essere un po’ infettati, o essere stati già infettati, se si vuole capire il paziente, altrimenti non si capisce niente. Mi ricordo una storia: a un mio collega che voleva diventare analista e chiedeva a Jung “Ce la posso fare?” Jung rispose “Sì, penso che Lei abbia il talento necessario. C’è solo un problema: Lei è un po’ troppo normale.” (ride) E io che conoscevo il collega molto bene ero d’accordo perché sapevo che quando il paziente perdeva la testa il collega si spaventava… perdeva tutta la sua empatia. Io sono più pazza del mio collega quindi sono già in crisi normalmente e perciò posso continuare a sentire a modo mio le persone già matte, mentre il mio collega è così normale che si allontana. E’ per questo che noi psicologi siamo un po’ pazzi e questo è molto utile.
Lei ha detto che è pericoloso raggiungere un livello vicino alla magia.
Si perché si verifica l’effetto boomerang che può scatenare la psicosi in qualcuno che non ce l’ha. Se tu studi i semplici maghi che esistono ancora nelle popolazioni meno avanzate, di solito sono borderline e questo molto spesso può derivare dall’effetto boomerang causato dalle loro operazioni.
Questo potrebbe spiegare l’attrazione che molte persone provano per Jung avvicinandolo all’astrologia, alla pseudo magia a dimensioni New Age?
Anche nei pensieri assurdi ci sono delle tremende verità. Ci sono delle introspezioni profonde però espresse nel linguaggio sbagliato. Le persone sono affascinate dai contenuti all’interno di esse.
Cosa ne pensa in parole semplici della differenza tra magia bianca e magia nera? La differenza è nei contenuti o nella tecnica?
E’ nei contenuti. Nella magia bianca vogliamo aiutare i bisognosi e nella magia nera vogliamo fare del male o distruggere qualcuno.
E’ possibile dire che il senso del libro di Miguel Cerrano “The Ermetic Theatre” può essere paragonato da Jung, in tutti i sensi, ad un mago buono?
Perché Jung è un terapeuta guidato in quello che fa dal bene, impossessato dal bene. Molte persone, invece, sono possedute dal male: politici per esempio, il male ma puoi essere invece posseduto dal bene e quindi vuoi cambiare la società…