DALLA PIVANO A FERNANDA ATTRAVERSO LA NANDA intervista di Ottavio Rosati per "Cia Cook Book", 1972
Beat, hippie, yippie è, in ordine di tempo, l’ultimo libro uscito di Fernanda Pivano per le edizioni Arcana. Di Nanda letterata sappiamo tutti tutto; sappiamo quale sia il suo contributo alla diffusione, presso di noi, della letteratura beat. Beat, hippie, yippie ci dà la possibilità di conoscerla meglio e di conoscere i suoi amici, letterati e no. Ma poiché la nostra curiosità è infinita, quanto la pazienza di Nanda, abbiamo chiesto a Ottavio Rosati, esperto nell’arte di frugare le menti (e collaboratore di Ciao2001 e Il Mondo) di porle qualche domanda.
Ecco la trascrizione integrale della loro conversazione. (R. B.)
Roma, Bar dell'Hotel Hassler Villa Medici, 29 ottobre 1972, ore 17.
ROSATI (22 anni) Signora Pivano, Le dispiace se registro l'intervista?
PIVANO (55 anni) Non vorrai mica fare l'intervista dandomi del Lei? Quanti anni hai?
ROSATI Ventidue.
PIVANO Allora sei grande. Diamoci del tu.
ROSATI Ah certo, grazie. Allora registro?
PIVANO Per me va benissimo però mi sembra che il tuo registratore ha dei problemi.
ROSATI Infatti non funziona la testina. Si è incastrato il nastro.
PIVANO Per fortuna io ne ho uno di riserva. Ci sono abituata, succede sempre.
ROSATI Splendido.
PIVANO Solo che le mie pile sono scariche. Dovrei salire sopra in camera a prenderle.
ROSATI Ci mettiamo quelle del mio e va tutto a posto.
PIVANO Ma tu perché sei in divisa? Giri sempre conciato così?
ROSATI Sto finendo il servizio militare come sottotenente e tra due ore devo essere allo Stato Maggiore dell'Areonautica anche se, praticamente, da mesi non mi fanno fare quasi niente.
PIVANO E non sei contento? Non vorrai mica sganciare bombe dall'aeroplano?
ROSATI Bombe io? Sono un pacifista seguace di Bertrand Russell! E poi non guido gli aerei. Ho preso solo un brevetto di volo a vela.
PIVANO Volo a vela?
ROSATI Aliante.
PIVANO Fammi capire: tu come servizio militare te ne vai in giro a volare in aliante?
ROSATI Magari! Come lavoro mi hanno messo a fare i permessi per gli studenti che vogliono un passaggio per Londra sugli F-104 nei voli da Pisa a Heatrow. Io, da ragazzo ci sono andato così senza spendere una lira.
PIVANO A Londra gratis? Lo devo dire ai miei amici figli dei fiori che sono sempre squattrinati. Come si fa?
ROSATI Semplice. Basta chiedere il passaggio con una lettera allo Stato Maggiore e loro mandano il telegramma di autorizzazione all'aeroporto di Pisa. Sono mesi che mando questi telegrammi e basta. Sono quasi impazzito dalla noia. Per fortuna lo Stato Maggore è davanti all'Università. Mi hanno chiuso in un ufficio perché al corso allievi ufficiali dell'Accademia a Pozzuoli sono stato giudicato un "soggetto dotato di vasta cultura ma poco adatto al servizio militare".
PIVANO Direi. E in cosa stai per laurearti?
ROSATI Filosofia a indirizzo Psico-pedagogico. Faccio la tesi in Antropologia Culturale con Ida Magli. Sul Trickster. Parto dagli studi di Jung sull'archetipo del Briccone Divino e il suo rapporto con lo Sciamanesimo e il teatro. Arrivo fino a Totò Diabolicus come trickster.
PIVANO Uh, uh! Che bravo! E tu vai con le ragazze o con i ragazzi?
ROSATI Io non vado. Porto in volo, come dice la mia ragazza. Comunque finora non sono mai andato con un ragazzo. Però, se dovesse piacermi molto, non avrei problemi. Siamo tutti bisessuali o no? E tu invece?
PIVANO Coi ragazzi io? Io sono andata solo con mio marito.
ROSATI E, da un punto di vista junghiano, ci sei andata con l'Anima o con l'Animus. O con tutte e due?
PIVANO Uh, uh! Questi fanatici cool della tua generazione! Ecco perché Raimondo Biffi dice che sei un esperto nell'arte di frugare le menti.
ROSATI A proposito di sessualità rivoluzionaria, che rapporto vedi tu tra il teatro di Tennesee Williams e quello di Patroni Griffi?
PIVANO Patroni Griffi? Non lo conosco abbastanza per riponderti.
ROSATI Comunque tutto a posto col registratore. Funziona. Allora cominciamo?
PIVANO Va bene. Cominciamo.
ROSATI Partiamo dall'Università, in una recente intervista di Paola Chiesa pubblicata su "Ciao 2001", tu hai raccontato di aver avuto subito dei maestri d'eccezione. Cosa hai studiato e con chi?
PIVANO Nel '41 mi sono laureata con una tesi su "Moby Dick" di Melville grazie a Pavese che mi dava lezioni di letteratura comparata e mi aveva insegnato la differenza tra la letteratura americana e quella inglese. Quando in Italia non c'erano nemmeno i vocabolari... Pavese mi aveva dato da tradurre per Einaudi "L'Antologia di Spoon River" di Lee Masters...
ROSATI "Spoon River" è il libro di poesia più letto in Italia. E' vero che Einaudi ti ha persino dato una percentuale in più, tante sono le copie che ne ha vendute? Un caso più unico che raro.
PIVANO Sì, gli amici di Einaudi sono stati molto generosi. Anche Moby Dick ha un primato strano, sai. In Italia l'unica copia che esisteva era quella di Pavese e alla discussione della tesi dovetti portarla con me e farla vedere ai professori perché loro non avevano letto il libro.
ROSATI Ma è assurdo.
PIVANO Certo che era assurdo: c'era il fascismo! Subito dopo la laurea in Lettere mi iscrissi a Filosofia con Nicola Abbagnano, anche lui era un maestro straordinario che, assai prima della comparsa di Sartre, mi introdusse all'esistenzialismo. Due anni dopo mi laureai in Pedagogia Esistenzialista e divenni assistente di Abbagnano.
ROSATI Questa nostra intervista però dovrebbe essere un’intervista in profondità dedicata a Fernanda Pivano come donna e non solo al suo lavoro. Torniamo a te...
PIVANO Sei anche tu esistenzialista?
ROSATI Non si può non esserlo. Non certo per amore del freudismo, ma perché sono convinto che il rapporto col sesso sia simbolico di tutti gli altri rapporti di un individuo, ti propongo di parlare subito della tua libido de-sublimata, se esiste.
PIVANO Desublimata? Cioè?
ROSATI Non sublimata in lavoro: libido libido. Sesso sesso. Come direbbe Freud.
PIVANO La prima cosa che mi viene in mente è che forse bisogna distinguere tra i miei rapporti reali e i miei rapporti culturali. I miei rapporti reali sono quelli di una totale castrazione quale si addice ad un disciplinato elemento della società patriarcale/ feudale/ fallocratica che regola tuttora la condizione della casta femminile. I miei rapporti culturali, invece sono in piena polemica con la società: sia nel Nuovo Stile di Vita (del quale mi occupo dal secondo dopoguerra) sia nello Stile di Vita proposto dagli scrittori della Generazione Perduta (del quale mi sono occupata nel secondo dopoguerra) dove l’indipendenza sessuale ha giocato una parte importante. Sicché posso dire di aver sempre scritto col l’intenzione di proporre una presa di coscienza su quelle possibilità di autoaffermazione che non soltanto a me sono state negate a forza di intimidamenti paterni o di lacrime materne o di gelosie/possessi coniugali. Mi ha molto divertito, tempo fa, vedere nelle edicole qualche striscione che diceva: “La Rivolta dell’Orgasmo, di Fernanda Pivano” per reclamizzare un saggio nel quale ho tentato di descrivere la tenaglia che ha bloccato per secoli la nostra casta di donne: una tenaglia che con molta felicità vedo di giorno in giorno sempre più allentata dalle Ragazze Nuove. Non per niente il libro sul quale sto lavorando adesso per Einaudi è intitolato "Le Cronache del Nuovo Sesso".
ROSATI Su che cosmogonia ti regoli?
PIVANO CosmogonIa?
ROSATI A quali miti ti riferisci nei momenti di perplessità? Che riti preferisci celebrare? Che sacrifici dedichi alle tue divinità? E infine, chi sono i guru che ti hanno avvicinato alle dimensioni alternative?
PIVANO Sulla cosmogonia reale, cioè sul caos originario, che mi sembra molto più ordinato e ecologicamente coerente di quanto non lo siano le regole a volte assurde spesso ingiuste sempre arbitrarie sovrapposte dall’uomo alla natura. Proprio per questo i miei miti sono quelli legati alla forza della natura, più di tutti quelli legati alla Luna: forse perché quando il patriarcato ha sopraffatto il matriarcato, alla Luna è stato attribuito un carattere femminile, o forse perché il cielo lunare e il cielo della donna sono connessi, o forse perché da qualche parte, mi sembra in Groenlandia, si crede che la Luna inciti le donne alle orge (e lo si crede abbastanza da proibire loro di guardarla). O forse perché mi piacciono gli amuleti d’argento (che è il metallo della luna), o forse perché gli oggetti lunari, per esempio lo specchio e il ventaglio, hanno per lo più carattere femminile, o forse perché gli animali lunari sono quelli che si alternano tra la comparsa e la scomparsa (come la lumaca che entra e esce dal guscio, l’orso che scompare d’inverno e ritorna in primavera e così via).
Ma soprattutto anni fa mi sono molto innamorata della mitologia cinese della Luna: credo che da qualche parte l’ho perfino usata, anche se non c’entra col mio lavoro di cosiddetta americanista. Non tanto perché la Luna per i Cinesi è l’essenza concreta del principio femminile Yin ma proprio per le storie che la circondano. Per esempio uno degli abitanti della Luna è il Dio del matrimonio, che congiunge con un invisibile filo rosso le persone destinate a far l’amore, un altro è il Rospo di tre zampe nel quale è stata trasformata la donna che ha rubato al marito l’Elisir dell’Immortalità e poi è fuggita sulla Luna in cerca di salvezza, un’altra è la Lepre che trita le droghe dell’immortalità ricavandole dall’erba cassia (forse questa leggenda è di origine indiana) ed è finita nella Luna come premio, secondo i Buddhisti, perché ha offerto il suo corpo in sacrificio volontario sdraiandosi sul mucchio di erba secca. Ma ci sono anche altre storie, per esempio quella delle due sorelle troppo virtuose che per non essere più guardate traslocano dalla Luna al Sole e si difesero dagli importuni accecandoli coi loro 72 aghi da ricamo (che sono i raggi del Sole), o quella della ragazza zitella che dalla Luna cerca di adottare il figlio di un’altra e per difendersi bisogna colpirla con una freccia di legno di pesco, o quella della stella fortunata che divora la Luna al tempo dell’eclisse e per impedirglielo si suonano le campane e i gong del tempio e si sparano mortaretti, o quella del poeta Li T’ai-po che annegò sporgendosi da una barca nel tentativo di abbracciare il riflesso della Luna. Insomma, non si finirebbe mai. Ti basta?
ROSATI Splendido! Tu in realtà fai una critica poetica. E ci potresti anche parlare dei riti, dei tuoi riti? Fossero pure esorcismi politici all’italiana o benedizioni telegrafiche in occasioni di matrimoni e prime comunioni... Sei una vestale della cultura e da te ci si aspettano procedure elaborate come le alchimie libresche che piacciono tanto a Borges o quei risotti esoterici preparati da Mircea Eliade.
PIVANO E invece i miei riti per lo più sono legati alle forze della natura. Gli amici sanno che tendo le palme alla Luna piena: a Fateh-pur-Sikri ho visto le due torri orientate in modo che la moglie musulmana e la moglie induista dell’Imperatore pacificatorio potessero adorare senza repressioni religiose la Luna o il Sole. Poi, ho l’abitudine di bruciare incensi e suonare piccole campane o piccoli gong molto tintinnanti, per propiziare chissà poi cosa, per esempio quando comincio a correggere le bozze di un nuovo libro, o quando apro la prima copia di un nuovo libro. O quando faccio qualcosa di sacro e segreto, diciamo quando faccio l’amore, o mi concentro a pensare all’amore, o invoco pietà dei morti sui vivi. Quanto ai guru, si capisce che il mio grande guru del misticismo orientale è stato Allen Ginsberg. Ma il guru che per primo mi ha mostrato piccoli riti propiziatori, per esempio quando salvava la vita a un insetto o compiva un gesto gentile verso un ramo o una foglia alla vigilia di qualche avvenimento emozionante, è stato Pavese. A consacrare l’amore, ma proprio come un guru in levitazione, è stato un vero grande mago, che infatti resta nascosto. E a darmi da leggere Il Ramo d’Oro di Frazer è stato Hemingway. Mi dispiace, sono monotona, i miei nomi sono sempre gli stessi. Forse il mio nuovo guru uscirà dalla tua generazione, che dici?
ROSATI Dico che come americanista non sarai sfuggita al dilemma che comunque ti si presenta in maniera più inquietante adesso. Aderisci alle norme del tuo gruppo di appartenenza mantenendo per le altre una curiosità passeggera (da cui lo scetticismo non è assente) o rinasci nello stile di vita che studi al momento? In questo modo la tua esperienza non ti appare diluita dal fatto che, per darti a tutti i gruppi, ti rifiuti almeno ad uno e commetti comunque lo stesso sgarbo che rimproveri a chi non capisce il senso della tua vocazione antropologico-letteraria?
PIVANO In nome di quale rigore ritieni che studiando e amando uno Stile di Vita non se ne possano studiare e amare anche altri?
ROSATI Hai ragione. Per esempio in psicologia non ha senso definirsi freudiani o junghiani. Jung diceva: per fortuna io non sono junghiano.
PIVANO Se così fosse non avrei potuto inseguire il mio sogno libertario attraverso tante generazioni, quella di Edgar Lee Masters prima e poi quella di Hemingway e Fitzgerald e poi quella di Ginsberg e Kerouac. Non dimenticare che anche da antropologa il mio campo di studio è restato finora il costume americano, sicché in ogni caso da quella borghese europea che sono, mi trovo sempre di fronte la barriera di abitudini e tradizioni che bloccano la mia vita pratica e la rendono possibile in America soltanto in base ad una mia certa possibilità di sintonia. Figurati poi cosa ti potrei dire a proposito delle “norme dei gruppi” che studio adesso, voglio dire le culture dei mari del Sud o di certi settori dell’Asia; i miei amici sanno, per esempio, che solo per fanatismo o per un amore da leggenda riesco a sopravvivere senza torrenti/ fiumi/ laghi/ oceani di acqua possibilmente calda da versarmi addosso a tutte le ore del giorno. E poi proprio per la mia ansia, la mia avidità di tolleranza e di comunicazione, non è detto che debba fare anch’io cose che comunque non mi ripugna veder fare ad altri.
ROSATI. Capisco. Come dice Pirandello: Ciascuno a suo modo. Quanto all'acqua, io per esempio non me la butto addosso ma mi ci tuffo dentro. Persino le pozzanghere, se hanno un bel colore, mi attraggono.
PIVANO Forse dovevi fare il servizio militare in Marina. Tutto sommato credo che l’unico modo di vita nel quale riuscirei a sopravvivere, adesso come da bambina, sarebbe un modo ispirato alla repressione e alla violenza, ma proprio fisica, non soltanto intellettuale: capisci cosa voglio dire, la repressione e la violenza che ti fanno svegliare la notte da polizie più o meno segrete venute ad arrestarti per ragioni politiche.
ROSATI Per forza. Non c’è nulla di meno naturale della repressione. Dall’Es, come lo chiamava Groddeck, è l’unica cosa che non affiori spontaneamente. Per definizione. Sicché la scoperta delle polizie politiche, per esempio, è per ognuno di noi una stupita e incredula realizzazione graduale. Tu quando e come hai cominciato a scorgere intorno a te le prime immagini odiate di repressione?
PIVANO Ti dispiace se invece di usare l’espressione “odiate” uso la parola “aborrite”? Io non ho mai odiato nessuno, cioè non ho mai “desiderato il male” di nessuno: ho provato spesso ripugnanza o orrore, se vuoi anche per persone, non soltanto per cose o per idee. Non c’è dubbio che la repressione e l’intolleranza sono atteggiamenti che mi hanno sempre provocato orrore e ripugnanza, fin da quando ero bambina. Forse la scoperta della repressione la feci sul mio dolcissimo Prinz, un grosso Collie paziente e docile fino all’insipienza, che mi teneva compagnia mentre giocavo nella grande casa silenziosa della nonna, nella penombra fresca dei pomeriggi d’estate odorosi di gerani e caprifogli, che mi divertivo a innaffiare su un terrazzino e strapiombo sui tetti d’ardesia, nel paradiso perduto della mia infanzia genovese. Prinz parlava solo l’inglese e fu per farmi capire da lui che mi feci insegnare dal nonno le prime parole. Ma la prima parola che mi insegnarono a dire fu: don’t. Era la parola che questo povero Prinz, per paziente e docile che fosse, si sentiva ripetere dal mattino alla sera: doveva sedersi se stava in piedi, doveva alzarsi se stava seduto, doveva svegliarsi se dormiva, doveva addormentarsi se era sveglio, voglio dire, qualunque cosa stesse facendo gli dicevano don’t e gliene facevano fare un’altra. E’ che io sono sempre stata anche più insipiente di lui: ho capito per tempo che i don’t che mi venivano somministrati anche più frequenti che a lui senza che riuscissi più di quanto abbia fatto lui a sottrarmici. Caro Prinz. Chissà se era nato come me sotto il segno del Cancro.
ROSATI Questa di Prinz è davvero una storia bellissima ma pensi veramente ai corsi delle stelle? Non dirmi che subisci anche tu la moda millenaria e ti lasci influenzare dall’influenza degli astri! Ho sentito dire che tempo fa avevi addirittura progettato un impossibile sodalizio tra Cancri astrologici... una specie di club...
PIVANO Purtroppo le notizie sui corsi delle stelle sono state fino a un tempo relativamente recente quasi del tutto esoteriche, almeno per me: se avessi saputo da adolescente che cosa vuol dire essere nati sotto il segno del Cancro avrei evitato una serie di scelte che in realtà ho fatto proprio perché determinata dal mio segno. La saggezza, per questo, come per tanti altri problemi, mi pare che si ritrovi in Oriente: per esempio in Cambogia i matrimoni vengono combinati sulla base dei segni zodiacali, in un sistema molto intricato che non sono mai riuscita a capire bene. Ma tu come fai a saperla, questa storia del sodalizio? È vero che ho proposto ai miei amici editori Raimondo Biffi e Alberto Gini, anche loro nati sotto il segno del Cancro, di fondare il Club del Cancro. Veramente come conseguenza dell’essere nato sotto questo segno avevo proposto di fondare il Club del Nembutal, ma abbiamo voluto soprassedere per quello che la televisione definirebbe “ragioni tecniche”. Nembutal a parte, o se vuoi, a parte gli scherzi, mi pare abbastanza evidente che i nati sotto lo stesso segno hanno affinità e modulazioni di carattere per lo più ricorrenti. Questo non significa che devono per forza andare d’accordo. Ma non mi pare sia questo il problema che mi hai posto. O no?
ROSATI Infatti. Comunque mi presento dal punto di vista dei pianeti: io sono del segno dei Pesci, ascendente Bilancia anche se di astrologia so poco o niente. So solo che Jung le dava molto credito. Con l'intervista putroppo abbiamo finito perché ci danno solo tre cartelle di spazio.
PIVANO Le interviste e gli esami non finiscono mai.
ROSATI Non mi dire che conosci anche il teatro di Eduardo!
PIVANO Non bene perché quella del teatro dialettale è una mela che non mordo. Ma, caro mio, De Filippo è il nostro commediografo più grande dopo Pirandello. Questo lo so. Il mio tramite è il mio amico Tullio Pironti, un editore di Napoli bravissimo.
ROSATI Magari una volta che torni a Roma andiamo a vedere Eduardo e ti faccio la traduzione simultanea. Per me sarebbe un onore. E se vuoi portare un tuo amico americano, te lo metti dall'altro lato e facciamo una specie di trenino di traduzioni. Bene. Ti ringrazio delle tue risposte anche a nome dei lettori di Arcana. Sono contento che avevi un registratore di riserva. E naturalmente ti lascio le pile.
PIVANO Davvero? E se poi ti servono per intervistare i tuoi sciamani come fai?
ROSATI Lo carico con l'energia del trickster. Meglio ancora, vado subito dal tabaccaio a comprarle nuove.