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STELLE SOPRA STELLE SOTTO - 2010

 

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Un socioplay ha sempre un tema di interesse collettivo e avviene sempre in un contesto pubblico. In questo caso il tema è la poesia d'amore. Il contesto è il teatro "Valeria Moriconi" di Jesi che per la festa della Donna del 2010 dedicò a Fernanda Pivano, da poco scomparsa, uno spettacolo di Giulio Casale con la regia di Gabriele Vacis. Quando venni a saperlo mi sentii geloso ed escluso e chiamai Casale proponendo di completare l'evento con la proiezione del mio docu-film "Generazioni d'amore" sulla Pivano e i suoi amici scrittori americani.

Avevo girato il lungometraggio dopo che Roberto Faenza aveva rinunciato all'impresa ritenendo impossibile gestire la mitica e terribile Nanda: la produttrice Grazia Volpi pensò che solo Ottavio (come psicologo e amico da trenta anni) potesse farcela. Aveva ragione anche se, per poco, non ci rimisi la vita. Ma questa è unaltra storia o forse no.

Nei libri di J. L. Moreno non c'è molto su come si produce un socioplay e sulle emozioni del conduttore prima, durante e dopo il lavoro. I giovani psicologi, usciti dall'università e messi in Ordine, possono illudersi che la conduzione di un evento di gruppo improvvisato richieda competenze puramente cliniche e/o intellettuali. In realtàsi tratta di un lavoro psico-pratico che, per quanto minimalista, richiede coraggio forza e l'impegno organizzativo di una produzione indipendente. Non basta appassionarsi e studiare il tema. Per far emergere la spontaneità di un gruppo reale, il conduttore di sociodrammi deve pattuire e gestire tempi, costi, accordi, contratti con l'ente organizzatore. Spesso qualcuno lo ha invitato a fare il suo lavoro ma altre volte è il conduttore stesso a prendere l'iniziativa e a proporre (o pretendere ed estorcere) la realizzazione del socioplay. Come accadde appunto a Jesi. Vediamo come.

Il lavoro per il socioplay (l'inc aveva scritto sorcioplay) si muove organizzando, dentro e fuori di sé, una coesistenza di tenacia ed elasticità. A questo impegno pratico si unisce il lavoro per mentalizzare i sentimenti che legano il regista al tema del socioplay. L'entusiasmo culturale qui si combina al transfert e a quel genere di empatia incrociata che Moreno chiamava tele, sia per le persone coinvolte, che per il tema del gioco. Nel caso di Jesi, il mio transfert e il mio tele erano entrambi eccessivi perché al centro del socioplay c'era una donna che, nel bene e nel male, era stata per me molto importante. Come e perché lo ho narrato in Quattro decenni di playsTorniamo a Jesi. Sentivo un legame con i poeti e gli scrittori intervistati nel film, soprattutto con Allen Ginsberg, ma anche un'identificazione rovente col pubblico in sala, fatto di persone sconosciute che dovevano uscire dal silenzio per esprimersi. Il socioplay come genere è nato proprio per risolvere questo conflitto tra le stelle parlanti di sopra (in palcoscenico) e le stelle silenti di sotto (in platea).

In quel momento ero confuso e depresso non mi era chiaro da che parte mi trovavo. Potevo esistere? Forse che sì, forse che no. Come uscirne? E, prima ancora, come entrarci? Entrarci era importante perché fare il lutto della Nanda non era facile. Una notte qualcuno/qualcosa in me era andato a letto dimenticandosi di spegnere il gas dei fornelli. Una mattina, sulla strada per Fiumicino, su cui ero sempre andato a prendere la Nanda nel suo commuting Roma-Milano, sarei uscito di strada se un angelo non avesse raddrizzato in tempo il volante.

Su questa base dedico ai miei allievi il racconto di questo work in progress che, prima di essere terapeutico per i partecipanti, fu auto-terapeutico. Esco allo scoperto perché in certi casi èindispensabile che lo psicologo riveli qualcosa della sua psiche (Ombra compresa), come insegnano Jung, Kahn, Seligman. La trasparenza personale dello psicodrammatista, oltre a fargli bene alla salute, facilita il lavoro e la comprensione del suo lavoro. Lo psicologo che, in nome della "neutralità scientifica", non si denuda mai delle sue maschere non è privo di narcisismo. Anzi. Si rispecchia nel Falso Sé e nelle proiezioni idealizzanti dei suoi fedeli. Ma invidia segretamente chi entra ed esce dal proprio ruolo e si espone, alla ricerca del Vero Sé.

"Stelle sopra, stelle sotto" cominciò con una telefonata che mi informava del lavoro di Giulio Casale dedicato alla Pivano. Nella chiave complessuale che ho detto, mi sentii defraudato e geloso. Malatamente vuoto. Lost. Con l'aiuto del mio analista, decisi che, in omaggio a Winnicott e Moreno, mi sarei preso cura del mio complesso, superandolo. La Pivano era morta da pochi mesi e io la sognavo col suo ombrellino bianco nella sua Kasbah di Trastevere, nell'appartamento attaccato alla sede di Ipod che per trent'anni aveva contenuto tanti suoi doni, dolori, lavori, baci, plays, psicoplays e acting (in tutti i sensi possibili e immaginabili). Mi ripromisi di far inserire il film nell'evento di Jesi il film, ma non solo. Un ricordo così vivente, così problematico meritava qualcosa di più di un documentario dove i sentimenti dell'autore hanno poco spazio. Che potevo fare per rispondere alla morte di Nanda con una catarsi? Al momento non potevo esprimermi come autore ma potevo almeno lavorare come psicodrammatista. Se non lavoravo su Nanda, morivo con lei. Nel suo Claustrum, per dirla con Meltzer.

ANIMA-SMALLJPG--2Le mille e una Nanda disegno di Pier the Rain per il film La vita dolce (2023)

Iniziai chiamando Franco Cecchini, direttore del centro Valeria Moriconi (la grande attrice nata a Jesi). Gli proposi di far seguire al concerto di Casale la proiezione di "Generazioni d'amore" dove Valeria Moriconi legge un quadrifoglio della Pivano. Cecchini accettò la proposta e allargò il programma. Non poteva immaginare che questo era solo l'inizio di una inflirtazione-infiltrazione,

Qualche giorno dopo tornai alla carica: insinuai che un semplice cineforum non avrebbe donato al pubblico grandi emozioni, tutt'al piùuno scambio di idee in un clima da commemorazione culturale. Invece un socioplay con gli spettatori avrebbe portato in sala un'energia viva e il clima che sprizzavano dalla Nanda e dei suoi amici poeti, primo tra tutti Allen Ginsberg che trasformava ogni reading in un incontro sorprendente per mente, anima e cuore. Proposi qualcosa tra il rito e il Gioco della Spontaneità che è  raro incontrare nella foreste di regole che bloccano la vita e il teatro. Cecchini rispose che l'idea era buona ma che non c'erano tempo e budget per allargare il programma.

Finsi di rassegnarmi. Poi lo sommersi di mail spiegando che l'energia femminile delle due Star morte avrebbe preso vita solo dagli interventi delle donne vive in platea. L'esempio di due donne formidabili avrebbe stimolato il pubblico di Jesi a dare sempre il meglio di sé. Vita e Forma, per dirla con Pirandello, non si sarebbero respinte ma sposate. Mandai libri e video e finalmente la spuntai. L'amministrazione però disse che era tardi per farci un contratto: offrivano solo viaggio, ospitalità e un rimborso spese.
La personalità di base di chi vive a Jesi non mi era del tutto ignota; anni prima avevo fatto un workshop per dirigenti di industria. Decisi che avrei portato con me a Jesi i miei cacatoa Teto e Iside che utilizzo come ego ausiliari nella pet therapy. Solo il Mercurio dei pappagalli poteva vincere il Saturno presente nel marchigiano. In tre potevamo riscaldare il pubblico realizzando un socioplay degno di Nanda e Valeria.

La sera prima del socioplay sbarcai alla stazione di Jesi con Iside nella gabbia e Teto sulla spalla, per assistere al concerto di Casale che aveva debuttato al Piccolo Teatro di Milano. Lasciai a dormire i pappagalli nell'albergo che era piccolo, freddo e percorso dalle ombre di commessi viaggiatori infelici. Davanti al Teatro Comunale locandine nere con una foto sbilenca di Nanda facevano pensare ai Gialli Mondadori degli anni Settanta. Non mi fu facile restare calmo. A teatro fastidiose aritmie mi costrinsero a entrare e uscire dal palco di proscenio ma ammisi che la regia del concerto era ben fatta. Casale era bravo come attore e cantante. Tenni a bada i gargarismi del mio cuore con meditazione Vipassana e cioccolata al latte. Dopo gli applausi Casale mi chiamò in scena per presentare il film e il socioplay in programma per il giorno dopo al Centro Valeria Moriconi. Quando annunciai che nel reading anche gli spettatori sarebbero diventati attori, qualcuno in sala ebbe un attacco di tosse convulsa. Altri uscirono di corsa. A cena mi ricordai di avere tra le cassette girate per Generazioni d'amore una ripresa di Casale a casa di Tito Schipa jr, che faceva una serenata beat a Nanda. Gliele regalai.

La mattina dopo mi svegliai con Teto e Iside infreddoliti e perplessi che non toccarono biscotto. Quando scoprii che l'albergo degli psicologi aveva due stelle di meno dell'albergo degli artisti, non ebbi pace finchénon ci trasferirono nel secondo hotel che invece aveva parco, piscine, palestra e altre meraviglie che i pappagalli festeggiarono facendo su e giùcon la cresta. Il direttore del grande hotel riconobbe Teto che aveva visto su Raisat nel "Pappafreud" e chiese di farsi fotografare con lui nel ristorante. Nell'albergo depressivo invece si erano preoccupati che i cacatoa non sporcassero per terra, cosa che, in genere, la dice lunga su chi la dice (il pappagallo èanche un test).

Quando finalmente entrammo nel Teatro Moriconi, un'imprevista energia emerse dallo spazio che gli architetti avevano ricavato da una cappella del Settecento sospendendo nella cupola grandi sfere acustiche in mezzo agli affreschi. Era uno spazio ideale per psicodrammi.

L'importanza dello spazio nello psicoplay e nel socioplay è sottovalutata ma bisogna sempre tenerne conto. L'ambiente è un fattore che può togliere o dare forza al lavoro di gruppo. Può collaborare col conduttore o sabotarei suoi sforzi. Il teatro dedicato a Valeria Moriconi mi diede un bonus di felicità. Mi batteva il cuore, sentivo che, non potendomi portarmi quel teatro a Roma dentro la valigia, dovevo almeno organizzare delle riprese. Cecchini mi aveva già detto che non era possibile chiamare un videomaker ma io avevo nello zaino la migliore videocamera della scuola. Lanciai in teatro i due cacatoa che volarono su e giùtra platea e palcoscenico. Stupore generale. Feci ancora una volta la proposta delle riprese video. Teto agitò la cresta su e giùper darmi ragione. Lo piazzai sulla spalla di Cecchini col becco all'altezza dell'orecchio. Iside si irrigidì e gridò aspettando un mio segnale. Cecchini disse di sìStabilimmo che Jesi avrebbe ospitato l'operatore. Io lo avrei pagato. Telefonai a Roma a Brandon Gregory, responsabile dei video della nostra scuola. Lui saltò giù dal letto, corse alla stazione e salì sull'ultimo treno, giusto in tempo per la serata. I tecnici delle luci erano in giro e sembravano in gamba. Mancava solo un microfonista ma ne avremmo fatto a meno. Ci saremmo inventati qualcosa (il video mostra cosa). La segretaria del centro era a bocca aperta. Cecchini, rassegnato, mi lasciòin mano le chiavi del teatro: "Ci vediamo tra tre ore, parla tu con i tecnici. Fai tutto quello che vuoi". Lo spazio, i complici e l'umore giusto per la conduzione adesso c'erano. Allestii due camerini, uno per me e uno per Teto e Iside mettendo insieme, intorno a due specchi, tutte le lampadine che non erano fulminate. Feci una doccia coi pappagalli. Verso le tre mangiammo una zuppa.

Quando arrivò Brandom eravamo pronti. All'ultimo momento decisi di fare il reading prima del film per non creare nel gruppo nessun senso di inferiorità o imbarazzo di fronte agli artisti di professione. Come andò? Alcune donne che erano state spettatrici del concerto di Casale, non entrarono in teatro come possibili poetesse. Altre, entrate per vedere il film, scapparono, al momento giusto forse per andare a casa, davanti alla televisione a guardare un reality. Altre dissero una loro poesia, piccola o interminabile, superando l'imbarazzo. E altre ancora preferirono dare vita a proteste e invettive sociali tra Brecht e Alba Merini (agli antipodi del genere amato dalla Nanda). Il gioco passava dal registro del reading a quello ideologico ed emotivo del socioplay: trovava spazio e catarsi per tutte. E tutte erano soddisfatte di essersi espresse in un modo o nell'altro. Così l'action reading festeggiò la voce e la presenza del gruppo provando che la poesia ha mille aspetti e sopravvive ovunque. 

Feci anche una scoperta che mi riguardava in prima persona: per la prima volta la parola della Pivano mi sembrò seducente ma professionale e asciutta, all'altro polo dell'Anima fragile che spuntava in platea sulle labbra commosse di donne e uomini teneri innamorati delle due Star.

Fino a che punto Pivano e Moriconi rappresentano davvero le Donne? Nelle due star in realtà trionfava il miglior Maschile del Femminile. Fernanda e Valeria dovevano il loro successo a un Animus di ferro e a una grande tenacia professionale. La scrittrice era stata una lavoratrice instancabile e l'attrice aveva sempre ottenuto i compensi più alti del teatro italiano. Di che sesso era il back-stage della lorofelicità? Come disse una delle poetesse in sala, le apparenze possono ingannare. Con pari opportunità.

A ben vedere, la fantasia di mettere insieme le poesie degli artisti e quelle degli spettatori veniva da lontano e aveva implicazioni profonde. Fu chiaro montando il video che aveva un audio pessimo ma aveva comunque il merito di esistere. Stefano Carta me lo spiegò analizzando un mio sogno e le sue catene associative. Dal profondo emerse un motto di Ermete Trismegisto, citato da Jung, che avevo letto durante la mia formazione con Mario Trevi:

Cielo sopra, cielo sotto. Stelle sopra, stelle sotto. Tutto ciòche èsopra, èanche sotto. Afferralo e rallegrati.

Stelle sopra?

Stelle sotto?

Il significato alchemico della"Tabula Smaragdina" coglieva lo spirito democratico di questo gioco socioplay su amore e poesia. Per una volta le Star di sopra scendevano nello spazio vivente in platea, nella luce delle stelle spettatrici. Ma senza rubarla, come avviene quando domina il meccanismo dello Star System. Lontano dall'ingranaggio che in cinema, televisione, sui giornali, nella pubblicità, porta le persone a versarela loro goccia di luce e bellezza dentro lo splendore di una stella lontana, fino a vedere fuori ciòche (a ben vedere) èdentro. Al contrario, il gioco di Jesi fece splendere la luce di tutte le donne entrate in teatro. Stelle di sotto ma pur sempre stelle. Teto e Iside furono Stelle di mezzo. Stelle viaggianti. Metaxu che fecero nel Grande Gruppo (quello fatto di poeti vivi e poeti morti) il lavoro che, secondo Jung, fa la funzione trascendente nella psiche, collegando io e inconscio. Come conduttore mi rallegro che per le persone del gruppo il reading-socioplay di Jesi sia stata un'esperienza catartica. Breve ma autentica. Unica ma stimolante. Cecchini decise che la scommessa del socioplay era vinta. In albergo mi consegnarono una busta. Conteneva un assegno circolare di 3.700 euro che non mi aspettavo.

Il lavoro di Jesi apre nuove prospettive: il format del reading-socioplay in clinica puòdiventare una cura di depressione e alessitimia. Senza contare che, per un pubblico teatrale in genere, questa formula costituisce un evento piùvitale di una serata teatrale per abbonati.

E l'effetto sull'elaborazione del mio lutto? Notai che la mia psiche ogni tanto canticchiava alcuni brani dei "Quadrifogli" della Nanda accanto ai versi delle spettatrici-attrici-autrici dell'evento di Jesi. Stelle di sopra e stelle di sotto, questo lavoro le ha dunque afferrate insieme. E se ne rallegra. Tre mesi dopo, Plays riprese la formula in una serata alla biblioteca di Vibo Valenzia, curata da Enrico Santori. La catarsi di Jesi mi aiutòa fare due cose nuove. Scrissi e recitai anche io una poesia, la mia prima poesia, la mia prima risposta a Nanda. Chiamammo come ego ausiliario Milena Vukotic che aiutò come attrice i partecipanti a leggere le loro poesie, compresa quella di Ottavio. Un nuovo gradino nella scala tra il piano di sopra e di quello di sotto. Verso la prossima Generazione d'Amore in socioplay e a teatro.

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