DAL PASSAGGIO ALL'ATTO AL PASSAGGIO AL DRAMMA di Ottavio Rosati
TUTTI
fra loro (co' fanciulli e coi dementi spesso giova il simular. Partiam pur, ma quel ch 'ei tenti non lasciamo d'osservar.)
Rigoletto II, 6
L'acting out, come scrive Paul Lemoine in questa rivista, è un fare al posto di un dire, un fenomeno che trova nel passaggio all'atto una specie di parente rozzo ancor più maldestro e sventato e il cui carattere equivoco e fallimentare deriva dal fatto che, per definizione, lo spazio analitico è riservato al dire e non al fare anche se è grazie all'analisi che un soggetto può diventare finalmente capace di atti che precedentemente gli parevano preclusi. Questa come ogni altra teoria analitica (comunque significativa di un modo di vedere le cose) avrebbe, oltre che un significato purchessia, anche un significato scientifico, nel senso di Karl Popper, se fosse falsificabile cioè se fosse tale da prevedere la possibilità di essere negata da qualche fenomeno osservabile (1). Naturalmente lo sforzo di recuperare dall'esperienza clinica la descrizione di un simile evento falsificante è complicata da una delle caratteristiche che, secondo Ernest Nagel, impediscono alle teorie analitiche di poter essere verificate empiricamente, e cioè dal fatto che la teoria è formulata in un linguaggio abbastanza vago e metaforico che non vi è praticamente nulla che possa essere incompatibile con essa, come dire che i concetti analitici non sono collegati a materiali osservabili abbastanza precisi e chiaramente specificati tramite norme di correlazione o definizioni operative (2).
Dal momento però che alcuni criteri della nevrosi paiono talvolta vicini a quelli della letteratura e che, di conseguenza, gli utensili di smontaggio di entrambe sono assai più somiglianti tra di loro che a quelli per la teoria ondulatoria della luce, non sembrerà inammissibile la proposta di verificare la falsificabilità della teoria dell'acting out, facendo ricorso non a un caso clinico ma ad un frammento letterario. L'intenzione non è di fare della psicocritica del romanzo e il risultato sarà di medio raggio perché fornirà si l'ipotizzabilità della falsificazione che cerchiamo, ma con materiali impastati di ideologia e valori e osservabili attraverso ideologie e valori anziché una macchina fotografica. D'altra parte soltanto nei procedimenti giudiziari per vilipendio o oscenità il magistrato si illude di essere obiettivo invitando i testimoni a discarico a esprimere fatti e non giudizi dimodoché un moralista può fare appello alla ristampa di un libro non al suo significato.
In Light in Angust, (3) descrivendo il rapporto di profonda implicazione emotiva tra l'anziano ex sacerdote Hightower e il giovane operaio Byron che ne ricerca l'ascolto, Faulkner delinea un caso limite di situazione pseudo analitica che sarà bruscamente interrotta e risolta da un acting out di Byron nei confronti della sua dipendenza da Hightower: scioglimento selvaggio ma auspicabile di una pseudo analisi selvaggia e proprio per questo interessante da sviluppare come un negativo fotografico. Hightower è stato, anni addietro, privato del pulpito e dei diritti civili dal puritanesimo paranoico dei suoi fedeli che, in seguito allo scandalo dato da sua moglie, lo hanno emarginato dalla città fino a impedirgli di tenere in casa sua persino la governante negra.
Quanto a Byron si tratta di un brav'uomo che per un caso ha rivelato ad una povera ragazza madre di essere stata abbandonata dal compagno da cui si crede invece attesa, e che vorrebbe ora aiutarla, cercando la sicurezza che gli manca nell'ascolto di Hightower, ma questi nel corso dei colloqui ha capito con rammarico che l'altro, oltre che impietosito, è già innamorato della ragazza, anche se non lo sa ancora. L'acting out viene annunciato - insieme ad un mancato atto mancato, quasi a una remissione spontanea del sintomo - una sera di domenica in cui Hightower dalla finestra vede finalmente arrivare Byron al consueto appuntamento, da cui strappa ancora qualche antico piacere confessionale, e, scattando in piedi, pensa: "Ah, lo sapevo che sarebbe venuto stasera! Mica è uomo da sopportare sia pure l'apparenza, la semplice apparenza del male".
Byron invece viene ad annunciargli con una voce nuova, secca e limpida in cui ogni parola assumerà un significato pieno senza cincischiamenti la decisione di accogliere comunque in casa propria - indipendentemente dal parere di Hightower e al di sopra del possibile scandalo pubblico - la ragazza madre perché possa partorire in pace. Byron attraversa l'alone di luce del fanale camminando svelto, il corpo eretto, la testa alta; Hightower sulla porta di ingresso gli comunica qualcosa di importante che ha appena notato: "Siete venuto in questa casa tutte le sere di domenica Byron, ma finora mai senza inciampare nello scalino" e l'altro risponde: "E voi vi accorgerete, suppongo, che vi dispiace assai di più se non inciampo che se inciampo". Ma la proposta di un simile insight pare ironica giacché prima ancora che Byron entri, Faulkner ha fatto dire al reverendo quasi ad alta voce d'un tratto: "Egli ha fatto qualcosa. Ha cominciato a fare....". In effetti Byron ha fatto perché sostituisce l'atto mancato sullo scalino con la decisione coraggiosa di ospitare la ragazza passando così all'azione in quel mondo puritano che minaccia di schiacciare la sua libertà come ha schiacciato la vita di Hightower.
Plot perfetto, quello di Faulkner, come esempio e metafora di ciò che una situazione analitica non deve essere e un acting out non può di conseguenza, dare al suo autore: per questo dicevamo di sviluppare come un negativo fotografico. Il rapporto tra colloquio, insight e azione è qui perfettamente rovesciato perché in Light in August Hightower, per primo e per lungo tempo, ha suggerito a Byron non il perché egli fa ciò che fa, ma ciò che dovrebbe fare o evitare di fare, sforando così i confini di una situazione analitica, anche se l'aspettativa di Byron è di accedere ad una maggiore sicurezza. Plot perfetto anche se si osserva che lo scalino collega appunto la casa di Hightower con la città che lo ha isolato da sé rendendolo vittima, complice e interprete ma nel senso del tramite non dell'analisi. Infatti solo se l'analista, come in questo plot, confondesse il discorso del Super io collettivo con quello dell'analizzante e col suo personale, piuttosto che dipanare il proprio controtransfert, la scomparsa dell'atto mancato dell'analizzante coinciderebbe con il suo salutare acting out mentre la permanenza stessa nell'analisi costituirebbe un sintomo da parte sua.
Tuttavia l'espressione acting out, una delle poche che siano passate dal mondo dello psicodramma a quello dell'analisi, fu coniata da Moreno per alludere a un complesso di fenomeni (recitazione, dramma, catarsi, spontaneità, creatività ....) possibili nell'ambito dello psicodramma. In questo senso originario, essa non ha certo un'accezione peggiorativa, rappresenta anzi una categoria terapeutica e se è vero che Moreno era sostanzialmente un uomo di teatro divenuto un terapeuta (4) è pure vero che la concezione del teatro contemporaneo di ricerca come workshop in cui esaminare, combinare e ricreare la vita vede i suoi fini coincidere con quelli della psicoterapia più che dello spettacolo o della rappresentazione classica, cosa che non impedisce ad un workshop teatrale di accumulare atti e passaggi all'atto in un'emblematica confusione: allorché Lino Fontis dalla cabina di regia non seppe resistere alla tentazione di scagliare un vaso di marmellata addosso all'attrice che da un'ora andava sistematicamente sabotando una prima coi suoi atti mancati (rovesciamento di quinte, entrate sbagliate, corti circuiti ecc.) critica e pubblico non batterono ciglio, la sua esasperazione e il conseguente saltellamento sanguinante dei piedi nudi degli attori sembrarono uno dei tanti efficaci effetti di crudeltà immaginaria previsti dal montaggio di "Per esempio Marquez".
Ha dunque un senso parlare di acting out in senso analitico cioè negativo quando l'analisi del soggetto ha luogo nello psicodramma? Se sì, come si presenta o come si cammuffa il passaggio all'atto nello psicodramma analitico dove, per definizione, si gioca, si agisce, si recita anche se non per il gusto moreniano di fare bensì allo scopo di far vedere? E' stato detto che gli psicanalisti sono più voyeuristi che esibizionisti al contrario degli psicodrammatisti, ma gli psicodrammatisti analitici sembrano essere entrambe le cose.
Banalizzando le celebri formule, è infatti possibile dire con Moreno che si è per l'altro ciò che egli vuole si sia, ma è pure possibile dire con Lacan che il discorso dell'altro è l'inconscio.
Per Moreno infatti tutto avviene nell'interazione tra io e tu (il come tu mi vuoi di Pirandello) mentre dal punto di vista dell'analisi, il soggetto, dall'Altro riceve il proprio messaggio nella sua forma inversa: come dire che i fantasmi si cibano dei loro autori mentre questi li secernono dall'altro, chiudendo quell'opera aperta che è il discorso dell'interlocutore o di colui che lo potrebbe agevolmente sostituire. Cosa che Faulkner sembra aver presente allorché, sempre in Light in August nota ironicamente: "l'uomo conosce sempre così poco dei suoi simili: ai suoi occhi gli altri, maschi o femmine, agiscono per gli stessi motivi per i quali egli crede che agirebbe se fosse tanto matto da fare quello che gli altri fanno".
Grazie al ricorso all'azione spontanea nello psicodramma secondo Moreno l'attenzione si accentra sul peso del ruolo non su quello del fantasma: se un ruolo aliena il soggetto o se gli pare inaccessibile, grazie al gioco sarà possibile situarsi terapeuticamente in rapporto al possibile: in tale ottica l'immaginario non si contrappone al simbolico ma sembra fargli da tramite favorendo una tensione liberatoria. Non si direbbe dunque che il nevrotico viva il registro simbolico al livello dell'immaginario ma, piuttosto, che grazie al piano immaginario egli possa accedere all'ordine simbolico e dello scambio. Infatti per Moreno è importante il condizionamento derivante dalla situazione attuale e dal ruolo dell'altro di fronte a noi, non il precondizionamento del passato: facendosi attore il soggetto recupererebbe la sua autenticità cioè una padronanza della propria vicenda ed uscirebbe dall'indistinto dei ruoli giocandoli.
Anche se il teatro terapeutico si configura come il veicolo per la trasformazione di un universo irreversibile in uno reversibile, sembra tuttavia che non sia sufficiente, per smascherare il reale, analizzare il ruolo che ci si offre; occorrerebbe anche analizzare i motivi per cui qualcuno offre ruoli a qualcun altro o li si accettano, fermo restando che l'uomo non è il ruolo. In mancanza di questa analisi e di questa consapevolezza, lo psicodramma diventa il regno privilegiato dell'equivoco e dello spossessamelo di sé e degli altri. Lo psicodramma non è l'happening, perché il suo metodo è lo stesso del workshop secondo Schechner: costituire un ambiente in cui le dimensioni a-razionale e irrazionale cosesistano con quella razionale (5) mentre i suoi scopi sono quelli che Genet assegna al teatro quando confida:
"io vado a teatro per vedermi, sul palcoscenico (restituito in un solo personaggio o con l'ausilio di un personaggio multiplo e sotto forma di favola), quale non saprei - o non oserei vedermi o immaginarmi, e tuttavia quale so di essere. La funzione dei commedianti è perciò quella d'accollarsi gesti e panni tali da permettere loro di mostrarmi a me stesso, e di mostrarmi nudo, nella solitudine e nell'allegrezza".
Una definizione valida, senza dover aggiungere una parola, anche per lo psicodramma e il cui significato pare ribadito nella "favola" dove Genet inscena una seconda "favola" aprendo il sipario sullo psicodramma mancato (vedremo perché) de "Les bonnes".
Chiara e Solange, due povere serve, serve e non cameriere, ".... furtive e smagrite nella bellezza della loro Signora hanno un occhio puro, molto puro perché ogni sera si masturbano e alla rinfusa scaricano, l'una addosso all'altra, il loro odio per la loro Signonr"(6). Le serve sono descritte avvizzite ma con eleganza! Non ammarcite e furtive nell'approfittare dell'uscita della padrona di casa per giuocare ogni sera il processo in cui a turno si avvicendano nella parte di lei, un po' cocotte, un po' borghesuccia con le sue stelle, le lacrime e i sorrisi e i sospiri, dopo aver frugato nei suoi armadi e nel suo linguaggio.
Il rito del processo di Chiara e Solange dura sempre a lungo fino a quando mimano di strangolarla la loro imputata ma una sera Chiara accusa Solange di aver tentato realmente di uccidere la Signora e confessa, dopo una lunga pausa, di aver avuto paura per se stessa: "Paura, Solange. Quando compiamo la nostra cerimonia mi proteggo il collo. E' me che prendi di mira attraverso la Signora, sono io a essere in pericolo". Dunque non solo nella realtà ma anche nel gioco Solange rischia di passare all'atto aggredendo l'interprete attraverso il personaggio anziché liquidare un personaggio attraverso l'interprete.
Ma perché? Perché la prima a passare all'atto è stata Chiara: agli occhi di Solange è avvenuto qualcosa di scandaloso per chi, assistendo ad un gioco di sua invenzione nota che l'interprete ruba il ruolo che gli è stato affidato; Chiara infatti godeva il suo gioco e il gioco inghiottiva Chiara, poiché il desiderio più segreto di Chiara era appunto quello di essere come la Signora, di diventare, anche per poco, la vittima del gioco.
La risposta di Solange: "(57) ho tentato. Volevo liberarti. Non ne potevo più. Mi sentivo soffocare vedendoti soffocare, farti rossa, verde, vedendoti marcire nell'agro e nel dolce di quella donna ...." spiega che la sua catarsi aristotelica, cioè di spettatrice, è stata impossibile a causa della mancata catarsi moreniana, cioè di attrice, di Chiara e che il passaggio all'atto di Solange, spettatrice e attrice non è che la risposta al passaggio all'atto di Chiara, attrice: Solange ama Chiara ma Chiara ama la loro Signora.
Passare all'atto nello psicodramma può significare anche sovrapporre al gioco l'amore per un personaggio da giocare realizzando una tensione romantica o drammatica anziché una funzione rappresentativa (drammatica nel senso che presuppone la stesura di un testo, in questo caso del testo di un desiderio) anteponendo cosi la realizzazione di un'emozione o di un godimento alla ricerca di un senso nascosto. In questo senso le finalità e i requisiti registici dello psicodramma analitico coincidono con quelli del teatro epico di Brecht dove l'attore resta tale, la scenografia non riproduce né incanta ma allude e la rappresentazione anziché addormentare sveglia e diverte restituendo il pubblico alla sua storia e al suo senso anziché consegnarlo al mito, alle seduzioni dell'immaginario. Naturalmente i membri del gruppo possono tendere ad anteporre alla formalizzazione il gusto del dramma ma questo non è che un dato, un materiale, un indizio che il monitore e l'osservatore interpreteranno, pena la loro entrata nel gruppo con gli analizzanti, il loro passaggio all'atto giacché il patto analitico garantisce il senso della reciproca presenza e qualsiasi tentativo da parte di chiunque di violare tale patto costituisce un acting out. Lo chiarisce il gioco sottile con cui un membro di un gruppo si sposta fittizziamente nel ruolo dell'osservatore agli occhi di un compagno alterando la convenzione dello scambio, raccogliendo dall'immaginario un equivoco, un piacere, un'occasione di ripetizione ....
E' il caso di Piero, studente di filosofìa, dolorosamente intelligente, incerto tra l'entusiasmo per l'umanità e lo sconforto per le persone, magro e alto, pallido, vagamente angelico, propenso a ridere amaramente di se stesso e in particolare della sua infanzia cattolica di primo della classe in calzettoni bianchi. Piero dipinge quadri che non vende pur di non doverli esporre ma per vivere incolla nottetempo in concorrenza col comune manifesti pubblicitari, senza recuperare le ore di sonno. Sua madre, molto anziana, soffre da tempo di una grave depressione per cui è stata anche ricoverata, e al suo ritorno a casa Piero non si risparmia e cerca di aiutarla con lunghe, estenuanti visite e iniziative come se fosse lui il capo famiglia.
Dopo che la sua ragazza e il suo migliore amico decidono di andare a vivere insieme uscendo dalla casa-comune di Piero, si gioca nel gruppo la scena del buongiorno che Piero da loro nel nuovo domicilio alle sei del mattino deponendo ai piedi del letto matrimoniale i cappuccini in boccetta e le brioches calde di forno appena comprate dopo una notte di peregrinazione, e non si tratta di un sogno ma di un episodio realmente accaduto. In casa i due sono stati subito rimpiazzati da un numero pieno di profughi, tardo hippies, amici nei guai, di cui Piero si dice contento anche se questo non gli impedisce di comunicare spesso al gruppo che per sete di rinnovamento, potendo, si trasferirebbe in Venezuela; progetto in cui sembra ricorrere allo spazio della geografia per prendere le sue distanze ....
All'inizio del suo primo workshop di psicodramma di fine settimana, Piero, che se ne sta su una poltrona periferica rispetto al gruppo tracciando i suoi disegni a china, fa la conoscenza di Vittorio, arrivato con l'abituale ritardo. Questi lo scambia per un nuovo osservatore del gruppo, confabulando sulla carta e la penna, e, secondo il suo stile (che per lo più lo porta ad aprire la seduta assegnando a ciascuno compiti, rimproveri e multe morali) inizia a criticarne subito la condotta che puntualmente, per un osservatore, giudica inopportuna ed eterodossa. Il gruppo, divertito, lascia fare perché riconosce il ruolo di censore, deputato democristiano o capo gita caro e congeniale a Vittorio e aspetta la reazione di Piero il quale però non chiarisce l'equivoco ma anzi sorride e, arrotolandosi qualche sigaretta, porge al suo aggressore la battuta che ne rincalzi lo sdegno, come se desse da mangiare ai pesci rossi per vederli affiorare sul pelo dell'acqua.
Per mezz'ora Piero sembra inscenare la pietà scettica del signor Laudisi in Così è se vi pare con la grazia di lord Henry mentre spiega al giovane Dorian Gray come nella vita l'importante non sia essere o avere ma saper sembrare .... Così lo scherzo, che il trainer non interrompe, lasciando la parola ai due, va avanti fino al termine della seduta facendo emergere, più che le ripetizioni di Vittorio, la ripetizione di Piero la cui accettazione dell'equivoco, nel ruolo di chi tutto comprende, ricorre allorché è figlio, amico, o ex amante, in una posizione di disponibilità sostanzialmente falsa rispetto all'ordine simbolico e il cui distacco è solo apparente. Lo chiarisce il sogno di pochi giorni prima in cui si ritrovava proprietario di un apparecchio radio che, per ricevere continuamente comunicazioni disturbanti da un'emittente più grande su cui seguitava ad essere sintonizzato, minacciava a sua volta di fondersi e sfasciarsi.
Non capirlo, non interpretarlo, avrebbe significato per il monitore o l'osservatore negare ancora una volta a Piero lo sguardo di cui ha bisogno a annodare il primo di quei nodi che Laing denuncia tra la dipendenza e l'inquietudine:
Stanno giocando a un gioco. Stanno giocando a non giocare un gioco. Se mostro loro che li vedo giocare, infrangerò le regole e mi puniranno. Devo giocare al loro gioco, di non vedere che vedo il gioco.
NOTE
(1) Karl R. Popper, Conjectures and refutations. Routledge and Kegan Paul, London, 1969 (trad. it. Congetture e confutazioni, II Mulino, Bologna, 1972, pp. 68-69). Nel notare come le osservazioni cllniche, che gli analisti ingenuamente considerano quali conferme delle loro teorie (mentre si tratta in effetti di interpretazioni alla luce di teorie), di fatto non confermino queste ultime più di quanto non facessero le conferme quotidiane riscontrate dagli astrologi nella loro pratica, e nel giungere alle stesse conclusioni di Rosenthal circa l'influenza esercitata sulle risposte cliniche del paziente dalle aspettative (consapevoli o meno) e dalle teorie con cui opera l'analista, Popper contrariamente a quanto gli viene attribuito superficialmente non nega alla psicanalisi (come pure al marxismo) presenza di significato, o di sensatezza, o verità o accettabilità: intende piuttosto porre Il problema della demarcazione tra asserzionkscientifiche o pseudoscientifiche. Analogamente Popper non nega l'esistenza dei fenomeni particolari di cui l'analisi si occupa. Per esempio, sottolineando come un'intera classe di concetti analitici rendano difficile se non impossibile un accordo sui criteri di confutazione delle teorie, Potter nota tra parentesi, a proposito del concetto di "ambivalenza": non voglio dire con ciò che non esista una cosa del genere.
( 2) Ernest Nagel, Problemi metodologici della teoria psicanalitica. In Psychoanalysis, Scientifìc method, and philosophi. A Symposium edited by Sidney Hook New York University, 1969 (trad. it. Psicoanalisi e metodo scientifico. Einaudi. Torino, 1967).
(3) William Faulkner, Light in August, 1932 (trad. it. Luce di Agosto, Mondadori, Milano, 1972, a cura di Elio Vittorini).
(4) James Anthony, The history of group psychotherapy in Comprehensive group psychotherapy edited by Kaplan and Sadock. Williams and Wilkins, Baltimore, 1971.
(5) Richard Schechner, Rappresentazione, teatro, "scritto", dramma in Tutto il mondo è attore, ERI, Torino, 1973.
(6) Jean Genet, Les bonnes. Gallimard. Paris, 1968 (trad. it. di Giorgio Caproni in Tutto il teatro, II Saggiatore, Milano, 1971).
SUMMARY - RESUMÉ - ZUSAMMENFASSUNG - RESUMEN
With reference to clinical histories and trough the analysis of works by Faulkner and Genet, the author studies the different modes taken by acting out during analysis and during analytical psychodrama, in which the patient not only can talk but also act and play. This transition to acting out occurs when the subject, called in as a helping I to interprete a particular game, modifies either the plot or the performance of it, or when he alters the formal convention on the basis of which the group has decided to meet. In analytical psycodrama, which, due to the estrangementthroughplay effect and to the particular acting technique, may be compared to Brecht's epical theater, the transition to acting out effects a real dramatic situation with an intense feeling of emotial partecipation.
There is the danger, however, that the spectators, actors and characterq may tend to identify themselves with one another, with the result that they lose ali capacity and possibility of becoming selfaware and of changing.
En reference a des cas cliniques et a Fanalyse des oeuvres de Faulkner et de Genet, on étudie les différentes modalités a travers lesquelles s'éffectue le passage a Facte dans l'analyse et le psychodrame analytique, durant lequel le sujet peut non seulement parler mais aussi agir et jouer.
Le passage a Facte se vérifìe, quand le partecipant, appelé comme moi auxiliaire a interpréter un jeu, y change le canevas et la mise en scène ou quand il bouleverse la convention formelle a partir de laquelle le groupe a decide de se reunir. Dans le psycodrame analytique, qui par le caractère thérapeutique du jeu et l'effet liberateur de son interprétation, peut étre rapproché au theàtre épique de Brecht, le passage a l'acte réalise une situation vraiment dramatique, agressive et suggestive.
Dans cette émotion les spectateurs, les interprètes et les personnages risquent de se confondre de manière a ce que les membres du groupe n'apparaissent plus suceptibles et capables d'une prise de conscience et d'un changement.
Anhand klinischer Facile und der Analyse der Werke Faulkners und Genets werden die \erschiedenen Ausdrucksformen analysiert, in denen sich, das agieren einerseits in der Analyse, anderseits im analytischen Psychodrama (in dem die Teilnehmer nicht nur sprechen sondern auch handeln und spielen koennen) vollzieht. Das acting out béwahrheitet sich wenn der Teilnehmer, der aufgerufen wird ein Spiel zu interpretieren, die Regie oder den Entwurf veraendert und die Konventionen, auf Grund derer sich die Gruppe versammelt hat, entstellt. Das analytische Psychodrama, ist wegen der Ver-fremdungf im Spiel und der befreienden Wirkung, die von Seiten seiner Interprétation ausgeht, dem epischen Theater Brechts verwandt. Das "acting out" bringt eine eigenstaendige und wahlich dramatische Situation zustande, die mitreissend und suggestiv wirken kann.
In dieser emotionalen Situation laufen Zuschauer, Interpreten und Rollentraeger gefahr sich zu verlieren, so dass die Teilnehmer kaum mehr in der Lage sind, einen Bewustwerdungs und Wandlungsprozess zu vollziehen.
Recurriendo a casos clinicos ademàs de al anàlisis de obras de Faulkner yGenet, se analizan las diversas modalidades en las que se manifìesta el "paso al acto" en ci anàlisis y en psicodrama analitico, donde el sujeto puede no sólo hablar sino tambieri actuar y jugar. El "paso al acto" se verifica cuando el participante, llamado come ego auxiliar a interpretar un juego, altera el guión o la dirección, o cuando pervierte el acuerdo formai en base al cual el grupo ha determinado reunirse. En el psicodrama analitico, que por el distanciamiento del juego y el efecto liberador de su interpretación puede parecerse al teatro èpico de Brecht, el "paso al acto" realiza una verdadera situación dramàtica arroladora y sugestiva. En està emoción tanto espectadores como interprètes y personajes corren el riesgo de confundirse de modo que los miembros del grupo no parezcan ya susceptibles ni capaces de una toma de conciencia y de transformación.