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ATTI DELLO PSICODRAMMA 3

 

 

 

terzo

 

GENNIE LEMOINE Lo sguardo
 

La linea di demarcazione tra lo psicodramma e l'analisi, linea che separa queste due terapie assegnando ad esse i versanti opposti di una stessa dottrina (versanti opposti in senso geografico e non contraddittori) tale linea, dicevamo, passa certamente per lo sguardo. Quanto si può guardare nello psicodramma! Quanto si può consumare con lo sguardo e quanto si può godere! Che ne è allora della frustrazione?

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PAUL LEMOINE La caduta di Icaro
 

L'atto analitico presenta i caratteri di almeno tre registri: giuridico, eroico, guerrierio. Ma che cos'è un atto? In senso giuridico un atto è un documento (simbolico) che ratifica un fatto (reale), la legge, sostenuta dalla scrittura, autentica avvenimenti come la nascita, il matrimonio o la morte e segnala significanti di grande rilievo nel corso della nostra vita. Dunque un atto non registra un fatto qualsiasi ma ne sottolinea l'eccezionalità, per esempio l'opera scritta da San Luca nel '63 "Atti degli apostoli" è la storia dei supremi avvenimenti del cristianesimo, dall'ascensione di Cristo in poi. Infine un atto crea una situazione irreversibile. Un atto di guerra è il frutto di un discorso precedente e se rompe con tale discorso è allo scopo di immaginarne un altro che comporti una strategia difensiva e offensiva.

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ANDRE SOLER Il pane e l'aborto
 

II cibo è amore, anzi l'amore viene dallo stomaco, come dice un vecchio proverbio tedesco. Insieme al latte il neonato inghiotte l'immagine di sua madre che glielo da, il suo sorriso, il suo sguardo e, al di là di questo, i suoi sentimenti.... Nel nutrimento il bisogno si sovrappone al desiderio. Nella funzione alimentare essi si confondono e si distinguono. E' quando il bambino non ha più fame, quando è sul punto di addormentarsi, che il posto è lasciato tutto al solo desiderio: questo mette il bambino all'ascolto del mondo al centro del quale occupa il primo posto la nutrice di cui il bambino coglie ogni variazione di umore.

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G.OTTAVIO ROSATI La resistenza e il sipario
 

II caso già descritto di Piero va avanti e, in qualche modo, la sua analisi continua. Dopo aver annunciato di essere entrato in un laboratorio di teatro sperimentale dove ogni attore impersona un clown e nel quale si realizza un clima di comunicazione totale, eroica e talvolta dionisiaca, Piero scompare dal gruppo settimanale di psicodramma senza prenderne congedo né ascoltarne la risposta. Dopo qualche mese, vestito di tendaggi multicolori e con un timbro di voce più sicuro, va a trovare il più giovane dei due conduttori del gruppo, per partecipargli, con allarme e aggressività decrescenti, che nella sua esperienza comunitaria sta finalmente conoscendo un vasto raggio di esperienze emotive ed esistenziali, dalla tenerezza alla violenza, che la fanno veramente finita con il suo passato piccolo borghese, coartato e cattolico: una metanoia di gruppo valida in sé e per sé, indipendentemente dai risultati espressivi ed artistici dello spettacolo che i clowns dovrebbero mettere in scena.

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VINCENZO CARETTI La danza dell'eterno femminino: il Legong
 

C'era una volta, a Java, un re potentissimo che odiava suo figlio. Avendo deciso di allontanarlo da sé, lo fece condurre lontano, ad ovest, in una regione sperduta e collegata col mondo da un piccolo istmo. Il re accompagnò il fanciullo fino all'esile lingua di terra perché si racconta che la sua crudeltà fosse più profonda dell'oceano. Quando il giovane principe vide scomparire il seguito regale, decise di rappresentarsi la violenta separazione e con un dito disegnò una linea lungo la sabbia. Subito, allora, la terra si divise, il mare circondò la nuova isola .... e fu cosi che nacque Bali.

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ROBERTO LERICI Una nota su Wedekind
 

Frank Wedekind, nato ad Hannover nel 1864, vissuto in Svizzera, Austria, Germania, Francia, e morto nel 1918, appartiene ormai alla storia del teatro come precursore dell'espressionismo e autore di una nuova drammaturgia che si oppone alla grande tradizione del teatro naturalistico con violenza demistificante e coraggio personale, considerati i processi subiti e le difficoltà avute con la censura. A Monaco di Baviera iniziò la carriera di autore interpretando nel cabaret canzoni contro il potere. Nel 1891 esordì nel teatro con Risveglio della primavera, subito bloccato dalla censura e ripreso solo quindici anni dopo.

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ROBERTO LERICI Freud e la Società Psicoanalitica di Vienna Relazione su "Il risveglio della primavera"
 

Frank Wedekind (1864—1819) chiamò la sua opera Risveglio della primavera, "eine Kindertragödie" (una tragedia di bambini), e si interessò meno degli individui che delle più o meno gravi tragedie dei giovani che scoprono la propria sessualità senza aver avuto alcuna spiegazione, senza guida, fraintesi e trattati con disprezzo da genitori e insegnanti. L'intreccio dell'opera è semplice: lo scolaro Melchiore la quattordicenne Wendla trovano risposta alle loro domande in un fienile. Wendla resta incinta; sul letto di morte, dopo l'aborto, chiede alla madre perché non le ha detto nulla di tutte queste cose.

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JAQUES LACAN Il risveglio della primavera
 

Così un drammaturgo nel 1891 affronta la questione-grattacapo di che cos'è mai, per i ragazzi, far all'amore con le ragazze, sottolineando che non ci penserebbero nemmeno senza il risvegliarsi dei lor sogni. Notevole per esser messa in scena in quanto tale: ossia al fine di dimostrar con essa che la cosa non è per tutti soddisfacente, fino a confessare che se la cosa fallisce, fallisce per ognuno. Quanto dire che son cose mai viste. Ma ortodosse quanto a Freud — intendo: quel che Freud ha detto. Il che prova allo stesso tempo che persino uno di Hannover (dato che innanzitutto ne ho arguito, bisogna pur che lo confessi, che Wedekind era ebreo), che persino uno di Hannover, dico e non è dir molto, è capace di accorgersene. Di accorgersi che c'è un rapporto del senso al godimento.

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SERGIO BENVENUTO Note a "Il risveglio della primavera" o del padre promesso
 

"Hegel afferma che l'indivìduo che non lotta per essere riconosciuto come tale al di fuori del gruppo familiare, non arriva mai ad avere una personalità prima di morire.... In fatto di dignità personale, la famiglia promuove l'individuo solo a una dignità delle entità nominali e vi riesce solo nell'ora della sepoltura".

 

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GIUSEPPE BERTOLUCCI per Giancarlo Nanni
 

Più trascorrono gli anni e più nitida si fa l'immagine della Fede e di Giancarlo Nanni. Allor che attorno alla Fede giocavano nomi come quelli di Perlini, di Vasilicò, di Orfeo, Pippo di Marca, e via dicendo (e di riflesso Braibanti si affacciava su codesti giovani, ed anche Bussotti aveva la sua parte d'onore, in questo tracciato iniziale). Un laboratorio inavvertito e reale, senza nome e quotidiano, era appunto il modo e la quantità di lavoro che si svolgeva alla Fede, e Giancarlo Nanni aveva la qualità e la capacità non tanto di assorbire quanto di amalgamare, tale lavoro di "ingegni".

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