LE SCENE FABULATE di Gennie Lemoine
Vorremmo parlare delle scene propriamente proiettive, quelle che chiamiamo "fabulate" perché non hanno mai avuto luogo ma vengono solo immaginate per il puro godimento. Le evitiamo nei limiti del possibile. Non le abbiamo però sempre scartate.
Ci sembrava giusto lasciare che il soggetto fantasticasse a sazietà. Ma la pratica psicodrammatica ci ha insegnato che l'unico profitto che questi ne traeva era un'immensa soddisfazione, credendo di potersi vantare, inoltre, dell'autorizzazione della complicità di uno dei terapeuti.
Il caso di Marta
Per esempio, Marta, una giovane donna che nutre per la madre un odio implacabile (senz'altro per buone ragioni, ma questo non ci interessa qui) aveva sempre sognato di gridare tutto il suo odio in faccia a questa madre aborrita, ma non aveva mai osato farlo. Perché? Madre di famiglia a sua volta, autonoma e matura, avrebbe potuto ora parlare. Perché non parla?
Sarebbe stato importante far uscire le ragioni di questa impotenza. Ma Marta voleva insultare, schiaffeggiare la madre, una buona volta nella sua vita. Sceglie dunque la terapeuta, la quale per mostrare l'inutilità di un simile gioco vi è entrata totalmente, lasciandosi abbondantemente insultare. Ovviamente Marta sopporta male la terapeuta e la sua scelta è una ripetizione.
È anche evidente che, scelta come io ausiliare, la terapeuta si è trovata, fin dall'inizio, del tutto priva di spontaneità. Che ruolo ha recitato? Quello di una madre terrificante che miracolosamente non fa più paura. Marta era sfinita e tremante dopo la scena, come se avesse fatto l'amore. Ma anche delusa perché la terapeuta, per quanto le fosse poco simpatica, non era sua madre.
Un'altra volta un uomo sterile si è offerto così un'idilliaca passeggiata con il "figlio" di suo gusto. Un'altra volta ancora un analizzato astioso e rivendicativo ha rotto la faccia della terapeuta che stranamente aveva scelto per interpretare il ruolo del suo analista (uomo), che non aveva mai picchiato e che non picchierà mai. Anche qui la scelta era significativa e gravida di conseguenze per l'attore. Ma soprattutto quest'esempio chiarisce meglio come la scena "fabulata" conduca direttamente allacting out. Ora, abbiamo detto, i colpi e le ferite non fanno parte del gioco.
Tuttavia riteniamo opportuno allontanarci a volte da questa regola. Capita in effetti che un partecipante chieda con insistenza di rappresentare una scena con un personaggio importante della sua vita, un personaggio a cui avrebbe qualcosa da dire, o da cui vorrebbe sentire certe parole. Ma, dice, questo personaggio non è presente. Nessuno è in grado di interpretarlo.
L'impossibilità di scegliere un protagonista è in questo caso assai significativa di per sé e sarebbe un peccato darle una risposta negativa. Mettiamo allora una sedia vuota in mezzo al cerchio dei partecipanti e diciamo: "Chi è? Com'è? Lo descriva". Quando il personaggio comincia ad essere visibile a tutti (tanto forte è il richiamo della persona che lo desidera!) chiediamo: "Ebbene, cosa gli dice?".
È presto evidente che la sedia vuota meglio di chiunque altro, è in grado di dire le parole che la persona si aspettava. Questo è il gioco della sedia vuota.
A proposito di sedia, può essere opportuno dire qui una parola sulla scena chiamata della "sedia girata". Non si tratta di una scena della vita reale riprodotta. Ma non si tratta neppure di una scena fabulata. Si tratta semplicemente di metter fuori la persona che, in un determinato momento della vita del gruppo, è fatta oggetto di una ostilità tale che tutti si mettono a parlare di lei alla terza persona, come se non fosse presente, escludendola e quindi sopprimendola di fatto. Diciamo allora: "X... andrà a sedersi fuori del gruppo su una sedia girata". Deve ascoltare tutto ma non rispondere, (cosa che in effetti faceva, senza che però il fatto venisse preso in carico dai terapeuti). I membri del gruppo invece parlano come se X... non fosse là. L'aggressività si scatena allora in modo più o meno libero o contagioso. Poi X... si volta e risponde, se vuole. Ma da quel momento ha il suo posto nel gruppo.
Come si vede i terapeuti seguono più di quanto non prescrivano. Il gruppo dirige il gioco. Al punto che se il gruppo vuole assolutamente rappresentare una scena fabulata, i terapeuti non si oppongono, come abbiamo visto negli esempi dati. Le nostre raccomandazioni non sono infatti regole. Possono essere trasgredite. L'osservatore si limita a rilevare la cosa a fatti avvenuti.
I sogni sono considerati come scene vissute (e non fabulate) e possono essere rappresentati.
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Transformed scenes
Normally fantasies are not to be enacted in psychoanalytic psychodrama; in certain cases, however, psychodramatists allow purely imaginary scenes, scenes which never look place, to be acted out. The Author also describes the technique of the "turned-about chair," which is used to make the group express explicitly its feeling of hostility towards, and desire to exclude, one of its members.
Les scènes fabulées
II s'agit de ces cas où les psychodramatistes permettent que des scènes, qui ne se sont jamais produites, des scènes simplement fantasmées, soient jouées; cependant on évite généralement la mise en scène de phantasmes. L'A. décrit aussi la technique "de la chaise retournée", on y fait recours pour que le groupe exprime explicitement ses sentiments d'hostilité et d'exclusion è Tégard d'un des participants.
Die fabulierten Szenen
Es handelt sich um jene Falle, in denen die Psychodramatiker die Darstellung nie geschehener Szenen zulassen, das heisst die Darstellung rein phantastischer Szenen. Im allgemeinen vermeidet man es jedoch, Phantasien darzustellen. Der Autor beschreibt auch die Technik des "umgewendeten Stuhls", der der Gruppe dazu dient, Gefühle der Feindlichkeit und des Ausgeschlossenseins gegenüber einem der Mitwirkenden auszudrucken.
Las escenas fabuladas
Se trata de aquellos casos en los cuales los psicodramatistas permiten que se repre-senten escenas que nunca ocurrieron, es decir, escenas puramente imaginadas; sin embargo, normalmente se evita la puesta en escena de fantasìas. El Autor describe también la tècnica de "la siila volteada", usada para hacer expresar al grupo, de manera explìcita, sentimientos de hostilidad y de exclusión en relación a uno de los participantes.