NUOVO TEATRO D'AMERICA E PSICODRAMMA di Fernanda Pivano
Nella grande rivoluzione di pensiero che durante il secondo dopoguerra divelse dalle forme tradizionali e statiche tutti gli aspetti delle cosiddette arti anche il teatro andò cercando una sua nuova definizione. Per sopravvivere il teatro dovette fare i conti con la televisione e col cinema e fece parte della trasformazione universale di quegli anni la nascita di nuovi mezzi espressivi che vennero all'ingrosso definiti "mixed media".
La pittura e la scultura cominciarono a muoversi e a emettere suoni, le sale di esposizioni vennero a volte organizzate come labirinti o meandri attraverso i quali far vagare lo spettatore in una libera struttura e in generale l'ambiente (una volta circostante) entrò a far parte dell'opera d'arte servendosi di luci, suoni e movimenti. Questo processo di intercomunicazione diventò completo quando Allan Kaprow si servì in un pezzo degli esseri umani (quelli che una volta erano gli attori) come elementi meccanici, facendo compiere loro gesti ripetuti senza variazioni.
Forse l'azione più interessante e storicamente più importante fu quella realizzata da John Cage, il più iconoclasta di tutti, che dopo aver sostituito gli strumenti tradizionali con strumenti inventati (il gong ad acqua, il piano "preparato" e così via) introdusse nella musica il concetto del "silenzio" e, per realizzarlo, sostituì l'armonia con la durata. Fu questo che gli permise, nell'estate 1952, di creare al Black Mountain College il celebre lavoro che definì "azione concertata" e comprendeva danza, films, letture di prosa e di poesia e musica registrata: materiali che vennero tutti usati come se fossero suoni, in base cioè alla loro durata. I 45 minuti di azione si svolsero nella sala da pranzo del College e le azioni dei protagonisti avvennero contemporaneamente, con John Cage che leggeva una conferenza in cima a una scaletta a pioli, Mercé Cunningham che danzava in mezzo al pubblico (seduto in quadrato), David Tudor che suonava il pianoforte, Charles Olson che leggeva poesie su un'altra scaletta a pioli, Robert Rauschenberg che suonava vecchi dischi su un antico fonografo e due operatori che proiettavano films e diapositive sulle pareti della stanza.
Fu questo, lo sappiamo tutti, il prototipo di quelli che diventarono gli "happenings" in qualche modo aprendo la via a un teatro di improvvisazione dove lo spettacolo non fosse più condizionato da una matrice e dove gli attori fossero rappresentati da persone qualsiasi che invece di recitare parti prestabilite si limitassero a vivere azioni normali della loro esistenza quotidiana. Questo era per così dire il ribaltamento della situazione tradizionale: un giocatore di calcio o un attacchino che appende un manifesto sotto gli occhi dei passanti possono essere trattati (come negli happenings) come persone o diventare in una commedia personaggi intenti a recitare la parte, precisata in copione, di giocatori di football o di attacchino.
Azioni simili isolate da un contesto letterario sono state chiamate "events" e vi si era specializzato il gruppo di New York "Fluxus"; come gli happenings, gli events sono privi di matrice ma gli events sono limitati a un'azione mentre gli happenings contengono più azioni: l'espressione è entrata nell'uso, lo sappiamo tutti, nel 1959 quando un allievo di Cage, Allan Kaprow, presentò i suoi 18 Happenings in 6 parti iniziando una voga che produsse una serie di gruppi, il Theatre Piece di Robert Whitman, lo Action Theatre di Ken Dewey, il Ray Gun Theatre di Claes Oldenburg e così via.
Ma happenings e events ci importano qui soltanto per la loro funzione di rottura col tipo di teatro intimista o neorealista o perfino espressionista ormai tradizionale. Da questa rottura il cosiddetto Nuovo Teatro prese lo slancio per liberarsi dalle matrici e dai copioni, rasentando a volte l'improvvisazione, non quale la sognava Pirandello che registrava sulla pagina ogni sfumatura della finzione scenica ma gettando all'americana gli attori alla scoperta e alla realizzazione di se stessi.
Dico all'americana perché è tipico dei registi d'America sia di teatro che di cinema la tendenza a permettere e anzi a stimolare l'attore a recitare nel modo più spontaneo possibile, tale da immettere nel personaggio rappresentato il proprio modo di gestire, di parlare, di guardare; che è poi quello che rende i films e il teatro americano così plausibili a prescindere dalle storie rappresentate.
Grande responsabilità in questa tendenza americana viene dall'insegnamento di Konstantin Stanislawskij, che andò in tournée negli Stati Uniti nel 1923 e i cui quattro libri teorici uscirono nella traduzione inglese nel 1936, 1949, 1961 e 1963 coi titoli An Actor Prepares, Building a Character, Creating a Role e Stanislawskij on the Art of the Stage. Stanislawskij, lo sappiamo tutti, da una prima idea di interpretazione naturalistica passò allo sforzo di sviluppare le "risorse interiori" dell'attore, raggiungibili attraverso le fasi del rilassamento (per impedire le tensioni nervose e fisiche) e dell'improvvisazione (per permettere all'attore di rispondere liberamente a situazioni immaginarie). Questo procedimento venne chiamato il Sistema o il Metodo di Stanislawskij e farà piacere a qualcuno sapere che il conflitto da lui studiato tra controllo e improvvisazione, tra produzione artistica e realtà, gli fu ispirato da una massima del nostro attore Tommaso Salvini che Stanislawskij citava spesso: "Un attore vive, piange e ride sul palcoscenico e mentre piange e ride osserva il suo pianto e il suo riso". In altre parole l'attore deve contemporaneamente vivere e fingere di vivere (e forse Stanislawskij era aiutato nella realizzazione del suo Sistema o Metodo dalla pratica dello yoga di cui era un fervente seguace).
In America, lo sappiamo tutti, l'insegnamento di Stanislawskij venne ripreso dal Group Theatre fondato nel 1931 da Lee Strasberg che aveva studiato recitazione con due allievi di Stanislawskij e da loro imparò a spostare l'attenzione dell'attore dall'esterno all'interno, cioè dai fatti alle emozioni. Al Group Theatre partecipò fin dal 1933 Elia Kazan, il celebre e illustre regista turco-greco-americano, membro del Partito Comunista dal 1934 al 1936 e poi collaboratore di Joseph McCarthy nella Caccia alle Streghe degli Anni Cinquanta al punto da testimoniare nel 1952 alla Commissione delle Attività Antiamericane denunciando il nome di altri attivisti politici.
L'illustre regista fondò nel 1948 con Lee Strasberg lo Actor's Studio, una scuola di recitazione che diventò tra le più famose del mondo, dove il Metodo di Stanislawskij venne applicato fino alle ultime conseguenze e dove gli allievi non pagavano quote di iscrizione in modo che tutti avessero la possibilità di studiare. Si sa che da quella scuola uscirono attori famosi che cambiarono il tipo di recitazione hollywoodiano, per esempio Marlon Brando o Montgomery Clift o James Dean o Dustin Hoffman o Eli Wallack o Paul Newman o Marilyn Monroe; e in un'intervista concessa a Richard Schechner, Lee Strasberg affermò che più ancora che da Stanislawskij venne influenzato da Yevgeny Vachtangov, che di Stanislawskij fu allievo prediletto, ma mise l'accento su uno stile di recitazione espressionista.
In questa intervista Strasberg sottolinea la necessità del rilassarsi per liberarsi dalla tensione da lui definita "la malattia professionale dell'attore"; e al rilassamento, dice, deve seguire la concentrazione per permettergli di controllare le sue emozioni dopo averle create. Solo quando si sono raggiunti rilassamento e concentrazione, dice Strasberg, si passa alla fase da lui definita "il momento privato" derivata dalla frase di Stanislawskij "Essere privato in pubblico"; e a questo proposito descrive un episodio che sembra un caso clinico di psicoanalista, raccontando di un'attrice sotto cure mediche per disturbi emotivi che volle praticare l'esercizio del "momento privato" dando una prova stupenda dal punto di vista della recitazione e manifestando un'emozione indescrivibile, ma entrando in una crisi psichica dalla quale dovette essere curata.
È inutile sottolineare fino a che punto la psicologia e la psicoanalisi siano connesse con questo tipo di recitazione: si è detto a volte, secondo Strasberg a torto, che il realismo psicologico di Stanislawskij è una degenerazione dell'interpretazione freudiana, ma lo stesso Strasberg afferma che la conoscenza moderna della psicologia ha trasformato le tecniche di recitazione e suggerisce che la tecnica di Stanislawskij del "Ricordo affettivo o emotivo" sia derivata dallo psicologo francese Theodule Ribot, autore nell'ultimo decennio del secolo, come certo ricordate tutti, di La Psychologie de l'Attention e Psychologie des Sentiments. E che la psicologia in quegli Anni Trenta e Quaranta era entrata in simbiosi con la tecnica teatrale risultava chiaro da molti sintomi, non ultimo quello che per canali diversissimi condusse alle proposte di Jacob Moreno, che infatti fondò il suo Istituto di Psicodramma a New York nel 1942.
Ma il teatro insegnato da Strasberg e Kazan dal punto di vista della matrice dello spettacolo era completamente legato al copione e si applicava soprattutto allo sviluppo dell'individualità dell'attore. A un vero teatro improvvisato si arrivò molto più tardi (e i critici diranno fino a che punto sotto lo stimolo dello psicodramma) col teatro alternativo, passando attraverso il mitico Living Theatre fondato eroicamente nel 1946 per arrivare nel 1959 alla San Francisco Mime Troupe di Ronnie Davis, nel 1963 allo Open Theatre di Joe Chaikin e al Bread and Puppet Theatre di Peter Schumann e nel 1965 al Teatro Campesino di Luis Miguel Valdez: le compagnie da ricordare sarebbero molte e la loro azione culminò nel 1968 quando nel settembre il giovane Saul Gottlieb prematuramente scomparso raggruppò la ventina di compagnie nate in questo clima e organizzò un Radical Theatre Festival a San Francisco.
Parlare del Living Theatre sarebbe ripetitivo dopo che per tanti anni l'abbiamo avuto residente qui a Roma e abbiamo potuto ascoltarlo nelle sue molte tournées italiane. Ma un suo spettacolo, il Paradise Now presentato la prima volta nel luglio 1968 a Avignone, travolse il pubblico proprio perché richiedeva la partecipazione degli spettatori allo spettacolo, non tanto nel senso sognato da Artaud quanto nella vera e propria trasformazione degli spettatori in attori o comunque partecipi della rappresentazione, al punto che lo spettacolo finiva con gli spettatori denudati in una specie di catarsi che seguivano in corteo gli attori nelle strade della città.
Altrettanto stupore anche se meno clamoroso aveva suscitato la San Francisco Mime Troupe di Ronnie Davis a San Francisco nel 1962 quando Davis era andato a rappresentare la sua commedia dell'arte fuori del teatro, in un parco, mescolandosi al pubblico e facendolo partecipare allo spettacolo.
L'anno dopo cominciò a lavorare a New York un altro gruppo basato sull'improvvisazione e sulle rappresentazioni all'aperto, quello del Bread and Puppet Theatre di Peter Schumann, nato (o presto diventato) come uno workshop per bambini nel programma ricreativo di un parco, dove i bambini aiutavano a costruire i pupazzi enormi di cartapesta dentro i quali si nascondevano gli attori durante lo spettacolo. Gli spettacoli erano costituiti da brevi sketches che rasentavano gli happenings, sempre impegnati politicamente in un crescendo che culminò con la campagna contro la guerra in Vietnam; e il pubblico veniva coinvolto, non fosse che con la distribuzione nella sala del teatro di pezzetti di pane cotti originariamente dalla compagnia stessa tanto da dare nome al loro teatro.
Ancora di più l'improvvisazione giocò una parte definitiva con El Teatro Campesino californiano di Luis Miguel Valdez, che lo fondò nel 1965. Impegnato nella lotta politica dei contadini messicani assunti a lavorare in California al punto da venire definito "AGIT PROP Chicano", il gruppo recitava scene di lavoro contadino nei campi mescolandosi ai campesinos e incitandoli a scioperare: per lo più le rappresentazioni si concludevano coi contadini che lasciavano il lavoro e seguivano gli attori in marce dimostrative nei campi.
Fuori della propaganda politica il gruppo che condusse fino in fondo gli esperimenti di improvvisazione fu l'Open Theatre fondato nel 1963 da Joseph Chaikin, ex attore shakespeariano e poi membro del Living Theatre, che convogliò nel suo gruppo le esperienze raccolte nello Actors' Studio di Lee Strasberg frequentato da lui con splendidi risultati nel periodo della sua formazione.
L'Open Theatre, che si sciolse dopo dieci anni di attività nel 1973, più che un teatro era un gruppo di persone, ma indipendenti l'una dall'altra e non più costituite in comunità come avveniva nel Living. Cominciò la sua attività dando dimostrazioni che consistevano in pezzi di teatro improvvisato con o senza la collaborazione di un commediografo ma sempre con la partecipazione degli attori all'invenzione dell'azione scenica. Continuò così due anni, poi nel 1965 si presentò con alcuni spettacoli meno improvvisati e più scritti da autori che in qualche modo facevano parte del gruppo: uno dei più assidui fu Jean Claude Van Itallie che l'Establishment cercò di recuperare premiando solennemente il suo America Hurrah! del 1966. Chaikin ha tentato di descrivere i propositi del gruppo dicendo che "l'intenzione estetica che tiene uniti gli attori è di riuscire a raggiungere una specie di immediatezza teatrale, una presenza, l'essere veramente presenti in teatro, esplorando quelle forze che il teatro vivo possiede, dato che l'aspetto più straordinario del teatro è l'incontro esistenziale".
Queste definizioni sono di Chaikin che in quegli anni diceva anche come avrebbe voluto che l'Open Theatre fosse una specie di luogo di smistamento di tutte le nuove forme e di tutte le nuove idee. In questo luogo di smistamento. Chaikin tentava di realizzare sul palcoscenico immagini metaforiche, qualcosa tra il sogno e un fatto attuale; ma queste metafore, diceva, erano molto private e la difficoltà consisteva nella chiarificazione che ciascun attore doveva raggiungere nella sua metafora perché "l'incontro" diventasse possibile: per esempio, diceva, la pièce The Serpent era un vero e proprio viaggio sotto LSD. Jean Claude Van Itallie ribadì nel programma della rappresentazione che "la funzione originaria del teatro è di riunire la gente in un rituale di comunità in cui gli attori sono in qualche modo sacerdoti e celebranti" e che "la creazione di uno spettacolo è un'esplorazione degli attori su certe idee e immagini che dominano la nostra mente e la nostra vita".
La formazione di Joe Chaikin e le sue intenzioni risultano molto chiare dalla sua autobiografia del 1972, The Presence of the Actor, dove dice di aver imparato da Bertold Brecht a situare i personaggi nel contesto sociale, dal Living Theatre fino a che punto la gente soffra del suo imprigionamento, da Peter Brook la genialità della regia, da Jerzy Grotowski la poesia del teatro. La sua intenzione, dice, è di creare immagini negli avvenimenti teatrali cominciando da quelli che hanno significato per lui e per i suoi collaboratori, rinunciando al teatro dei critici, del botteghino e del pubblico condizionato. Proviene dal "Metodo" di Stanislawskij, dice; e dice che un attore deve visitare i malati degli ospedali e i tribunali e le funzioni buddhiste e le riunioni dell'Anonima Alcoolici e i Centri di Reclutamento e i ghetti e gli ospizi della Bowery perché altrimenti ha una comprensione soltanto parziale di quello che deve studiare. Dice che un attore deve cercare di aiutare i suoi compagni sulla scena invece di attirare l'attenzione su se stesso e che deve abbandonarsi al suo ritmo interiore, alla dinamica e alla sensibilità che si può esprimere ritmicamente.
Ma il lavoro di Joe Chaikin era tutto inserito sul palcoscenico e non richiedeva la partecipazione del pubblico; lo spettacolo che portò alle estreme conseguenze l'idea del Living Theatre (con il suo Paradise Now) di mescolare gli spettatori agli attori fu il Dionysus 69 rappresentato dal Performance Group di Richard Schechner nel 1968. Il Gruppo lo presentò in un garage riempito di un'impalcatura di tubi e pilastri collegati da assi che facevano da sedili per il pubblico: già arrampicarsi, magari senza scalette, su quelle assi era un'impresa che richiedeva oltre che un gesto di volontà anche una grande partecipazione psicologica. Lo spettacolo consisteva formalmente in una riduzione in chiave polemicamente politica delle Baccanti di Euripide, ma in quel momento era la cosa che contava meno, a parte la straripante nudità degli attori e i loro coiti mica tanto immaginari sul centro dell'impalcatura che faceva da palcoscenico: erano i mesi in cui trionfava la polemica della nudità in teatro e il pubblico d'avanguardia non si aspettava di meno da un teatro di avanguardia.
Quello che contava era l'azione degli attori fuori dal cosiddetto palcoscenico. Dagli spettatori ci si aspettava una partecipazione assoluta allo spettacolo e gli attori si arrampicavano nudi sui tubi dell'impalcatura sussurrando agli spettatori frasi provocatorie e aggredendoli fisicamente, per esempio tirandoli per un braccio o per una gamba o accarezzandogli i capelli o baciandogli una mano o baciandoli sulla guancia. Erano contatti verbali e erotici che creavano sfide a volte imbarazzanti. Era chiaro che l'idea di
Schechner era di raggiungere un assoluto controllo degli spettatori costringendoli a svolgere una interazione con gli attori tale che il pubblico fosse partecipe a costo di fare la figura dell'allocco. Il pubblico, pareva voler dire Schechner, non poteva prendere iniziative e non aveva opportunità di una partecipazione creativa o di un'interferenza spontanea: Schechner pareva voler dire che il pubblico era pesante, vecchio, seduto, privo di idee, passivo e completamente esposto ai balzi sull'impalcatura dei giovani atleti-attori. Schechner voleva fare la polemica col teatro di strada, dove l'intervento del pubblico fa da struttura all'avvenimento teatrale; ma in realtà più che questa polemica scaturiva dalla scena un'imprevista reazione del pubblico, proprio quello che Schechner voleva far credere inerte, che si manifestava in gesti spontanei di risposta agli stimoli degli attori.
Come il Paradise Now anche il Dionysus 69 finiva con una sfilata degli attori e di quella parte degli spettatori che volevano seguirli (ma vestiti) intorno all'edificio del garage in Wooster Street, col Gruppo che cantava a squarciagola, chissà perché, Tripoli Bel Suoi d'Amore, in un'improvvisa catarsi forse maggiore nel pubblico che negli attori.
SUMMARY
Psychodrama and the New American Theater
The Author, an Italian scholar in American culture, says that after the Second World War even the theatre looked for new forms of expression: mixed media, happenings, events, ali of which marked a decisive break with intimist, neo-realist and former expressionist forms of theatre. Constantin Stanislawskij was the founder of this new forms of theatre thanks to his method, which was inspired by a sentence of the actor Tommaso Salvini and influenced by Ribot's writings with implications that were also to be found in Mòreno's psychodrama. The latter led to the improvised and alternative theatre of Julian Beck, Joseph Chaikin, Ronnie Davies, Peter Schumann and Louis Miguel Valdez.