GENAMORE - LA STAMPA 20-11-2001
Così Nanda si innamorò dell’America libera
Due documentari rendono omaggio alla grande Pivano dalla infanzia alto-borghese agli anni della beat-generation
TORINO Le foto d’epoca ce la mostrano un’infante bella, sorridente e vestita come una piccola lady. E’ Fernanda Pivano, riconoscibilissima anche ora che ha varcato la soglia dei suoi gloriosi ottant’anni, soprattutto per quello sguardo rimasto vivace, confidente e ingenuo. «Sono i loro sogni che ho cercato di raccontare», dice la grande americanista a proposito degli amici scrittori d’oltreoceano in «Generazioni d’amore» di Ottavio Rosati (sezione Sopralluoghi Italiani), primo dei due omaggi (il secondo, «Beatfilm» di Luca Facchini, verrà presentato giovedì) che Torino Film Festival le dedica.
Nel gioco di libere associazioni inscenato dallo psicanalista Rosati, Fernanda stesa sul lettino riconduce le sue ribellistiche scelte di adulta all’educazione «vittoriana» ricevuta nella Torino alto-borghese dell’era fascista. Ricorda che da bambina con suo fratello maggiore non potevano toccarsi, e che a 19 anni dopo aver ricevuto il primo bacio si convinse di essere rimasta incita: «Il sesso non ha avuto alcun ruolo nella mia vita, per questo ho fatto il diavolo a quattro per la liberazione sessuale».
Ne ha di cose da narrare questa intellettuale che pretende di non essere tale: «I professori universitari se potessero mettermi il sale nel caffè lo farebbero volentieri, ma i giovani mi vogliono bene». In rappresentanza della categoria, il giovane del filmato è Lorenzo Perpignani che sotto il sole romano passeggia con Fernanda e le chiede di Cesare Pavese (che le regalò la sua prima storia della letturatura inglese), di Hemingway che volle lei per tradurre «Addio alle armi», dei poeti della Beat Generation, da Kerouac a Ginsberg a Corso e dei tanti artisti maledetti di cui è stata amica affettuosa. Ai materiali di repertorio e alle belle foto dell’archivio Sottsass (suo ex marito), il documentario intercala personaggi fra i quali Piera Degli Esposti, Luciano Benetton (che ha acquistato i 40 mila libri della sua biblioteca) e Bernardo Bertolucci, impegnati a leggere pagine scelte dell’autrice. «Critico non sono, non ci credo nella critica, mi piace essere un osservatore», dice Nanda dopo aver spiegato con limpida semplicità la distinzione fra beat, hippie, yippie e yuppie. E da «Generazioni d’amore» emerge la straordinaria continuità di una passione per la letteratura americana nata dall’amore per la libertà nel clima repressivo del fascismo e seguita quasi sull’arco di un intero secolo.
Alessandra Levantesi
La Stampa - Nazionale