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La Moreno per Pirandello e Ciascuno a suo modo

 Clicca qui per la storia del socioplay descritto in questa rassegna stampa

 


Ugo Gregoretti, direttore del Tetro Stabile di Torino

Ugo Gregoretti, TG RAI, 16 settembre 1986 (Clicca qui per l'archivio del TEATRO STABILE con il video della RAI)

Magari avere sempre, tutto l'anno un pubblico come questo per Moreno e Pirandello: aperto, ironico, disponibile.
Questa sera lo dimostra: Torino ha pure un'anima allegra.

 

Osvaldo Guerrieri, INTERVISTA CON LA MORENO, PROTAGONISTA TRA SCIENZA E TEATRO
LA STAMPA, 12 Settembre 1986 (Clicca qui per l'archivio de LA STAMPA) 

Zerka, la vestale dello psicodramma - In Italia, la moglie dell'allievo di Freud che inventò lo spettacolo-terapia - I difficili anni da pioniere; la fama a New York - "Così cerco di far felice la gente, di arricchire la sua vita" - Lo psicodramma di Zerka Moreno sarà lunedì, al Teatro Carignano di Torino con "Ciascuno a suo modo" di Pirandello con la regia di Rosati.

Zerka Moreno si considera la vestale dello psicodramma. La definizione le piace, in un certo modo la lusinga. E' stata la moglie di Jacob Levi Moreno, lo psicoanalista di Bucarest allievo dissidente di Freud, che teorizzò per primo la necessità di applicare la psicoanalisi al teatro per scopi curativi. Dopo la morte di Jacob, a New York nel 1974, la signora Moreno non solo ha sviluppato il lavoro del marito, ma ne ha anche esportato la lezione con dimostrazioni-spettacolo che hanno girato l'Occidente. Nell'82, il Teatro Flaiano di Roma, realizzò con la regia di Ottavio Rosati il primo psicodramma su un teatro italiano: un'improvvisazione su Questa sera si recita a soggetto di Pirandello. In questi giorni, alla scuola di formazione per operatori di CT Casa del Sole nei Castelli Romani, è al lavoro con un gruppo di tossicodipendenti. Lunedi, al Carignano di Torino, con la regia di Ottavio Rosati, impegnerà se stessa e gli spettatori in Ciascuno a suo modo che, con i Sei personaggi in cerca d'autore, è forse l'opera più "psicodrammatlca" di Pirandello, quella in cui il personaggio reclama di essere ciò che è, indipendentemente dalla volontà dell'autore.
Strana la parentela tra Moreno e Pirandello. I due non si frequentarono né si conobbero. Ma un legame indiretto esisteva. Racconta la signora Zerka: "Quando Moreno era in Austria, sovrintendente in un campo profughi, divenne amico dello psicologo italiano Ferruccio Banissoni al quale parlò delle proprie teorie. E' probabile che Banisssoni abbia portato a Roma le idee di Moreno". Ma Moreno entrò in contatto con l'ambiente teatrale italiano. "Conobbe soprattutto la Duse, all'epoca in cui era legata a D'Annunzio. Lo colpì il fatto che Eleonora rifiutasse di imparare a memoria la parte e recitasse con l'aiuto di molti suggeritori: respingeva inconsciamente la parola dell'autore, tendeva all'improvvisazione. Tutto questo faceva un certo effetto su Moreno che riconosceva nel teatro i conflitti che la psicoanalisi ha sempre cercato di sciogliere: Il rapporto con la Duse fu dunque una specie d'illuminazione, forni a Moreno la dimostrazione dello stretto legame che unisce il teatro alla pratica analitica."
Ma lo psicodramma era già nato. Moreno lo aveva sperimentato negli Anni 20, nel giardini di Vienna, con bambini, disadattati e prostitute. Era un pioniere, poco amato e poco compreso; i suoi colleghi lo trattavano con sufficienza, talvolta con sdegno. Forse fu per questa ragione che emigrò negli Stati Uniti dove, a partire dagli Anni 50, lo psicodramma fu salutato come un evento. Al di là della pratica curativa, i visitatori della sua cantina di New York erano eccitati da quello strano gioco teatrale; da quell'entrare e uscire di scena allo scoperto, da quell’improvvisare su un'idea prestabilita, da quel tracciato di arte e vita altamente teso e perdutamente a vuoto.
Qualcuno, tornando da quella famosa cantina vicino alla Cinquantesima Strada, scrisse di aver visto Moreno alla cassa, spagnolesco, infantile, un po' abbondante di pancia, e Zerka ai bordi del palcoscenico, pronta ad accendere la miccia dell'improvvisazione, a dispiegare la drammaturgia della vita, senza scene, con l'azione che si tende e si riflette tra luci povere, lontanissime dalla retorica della scenotecnica. Ma Zerka corregge. Suo marito, dice, non è mai stato alla cassa, gli ripugnava maneggiare il denaro, "anzi nei primi tempi non ci facevamo nemmeno pagare". E poi? "Venne da noi uno studente americano. Ci disse che era assurdo esibirci gratis in una società mercantile, per la quale il denaro era tutto". Molte cose, da allora sono cambiate. Lo psicodramma, bandiera di un teatro alternativo, com'erano stati il Llvlng e il Bread and Puppet, ha spento gli entusiasmi. Forse è diventato più scientifico e meno artistico, gli psicoterapeuti si sono moltiplicati, ma, insomma, non sembrano più i tempi d'oro.
Ecco perché Zerka Moreno si considera una vestale: tiene viva la fiamma. Dice: "Lo psicodramma non può morire, poiché mira a rendere felice la gente, ad arricchirla di vita. Non lo applico soltanto ai pazienti, ma alle persone normali, quelle che sostengono quotidianamente il peso del mondo". Ma come terapia suscita opposizioni, resistenze. "E' vero, le resistenze nascono dalla sua efficacia. Lo psicodramma funziona davvero, ma la gente non ci crede" 
Pensa di essere scientificamente fedele a suo marito? Ne ha modificato in qualche parte le teorie? "Nessun genio può essere sostituito. Io ho imparato a sentire il mio posto. Ritengo tuttavia che il mio stile sia più accettabile. Lui era un pioniere, spesso turbava le persone, io ho un modo più semplice di presentare il lavoro, non sembro così minacciosa". Di una cosa Zerka Moreno è certa, del fatto che lo psicodramma sia sempre più connaturato alla nostra vita e al nostro bisogno di verità interiore. Cita a questo proposito il futurologo americano Alvin Toffler, il quale sostiene che, oltre il Duemila, ogni casa borghese avrà la stanza dello psicodramma in cui lavorerà la famiglia. "Sarebbe bello, dice Zerka, ma sarebbe anche più bello se la famiglia del Duemila non ne avesse bisogno".

 
(A sinistra: gli attori prima dell'evento - A destra: Pier Luigi Pirandello con Ottavio Rosati diretti al Carignano- Foto Luigi Ciminaghi © PLAYS srl)


IN PIAZZA SAN CARLO IL TEATRO DI PIRANDELLO
STAMPA SERA, 13 settembre 1986  (Clicca qui per l'archivio de LA STAMPA)

Sociodramma al Carignano. Sarà Dario Fo a dare la voce a Jacob Levi Moreno 

Un incontro fra il teatro e la psicoterapia, a Torino per il Centro Studi dello Stabile, con tre diverse manifestazioni concentrate tra il pomeriggio di oggi e la sera di lunedi: il titolo è curioso ma spiegabile: Lo psicodramma della Moreno (che tutti sanno chi è). L'attenzione per il progetto firmato da Ottavio Rosati notevole. L'iniziativa s'Inserisce nell'ambito delle celebrazioni in onore di Pirandello nel cinquantenario della morte ed è stata presa dallo Stabile in collaborazione con l'Associazione per le Ricerche sullo Psicodramma Analitico di Roma, l'Associazione per lo Sviluppo dello Psicodramma Indlvlduativo, il Centro Ricerche Cllniche Piemontesi Lombarde e e il Centro Studi per lo Psicodramma Analitico Junghiano. Ecco il programma nel dettaglio.
Oggi alle 16 presso 11 Centro Studi in piazza San Carlo 161 incontro sul tema II teatro di Pirandello e lo psicodramma, introdotto da Roberto Alonge con la partecipazione di Zerka Moreno, Fernanda Pivano, Ottavio Rosati, Santuzza Papa, Donata Miglietta, Gianni Montesarchio. Ingresso libero. 
Domani dalle 9,30 alle 12,30 e dalle 15,30 alle 19,30 nella stessa sede gruppi di psicodramma e sociodramma diretti da Zerka Moreno, a Psicodramma a cura di Donatella Musso e Giancarlo Durelli. Partecipazione limitata a 70 persone. Lunedi alle 21 al Carignano: "La Moreno (che tutti sanno chi è) per Pirandello e Ciascuno a suo modo" con Zerka Moreno e la partecipazione di Pier Luigi Pirandello, nipote del drammaturgo, con musiche di Marco Schiavoni, immagini della Fototeca Pirandelliana di Tommaso Le Pera. La voice off di Moreno è di Dario Fo. Regia di Ottavio Rosati.
Il titolo La Moreno (che tutti sanno chi è) non è una battuta per propiziare l'attenzione della platea. Si trova fin dall'inizio in "Ciascuno a suo modo", una delle commedie di teatro nel teatro scrìtte da Pirandello con autentici effetti rivoluzionari sulla scena e rappresentata a Milano e Torino nel '24 da Dario Niccodemi con Vera Vergani, Luigi Cimara e Sergio Tofano.
La didascalia che la presenta ironicamente come conosciutissima è d'autore. Non si esclude che nel gioco tra finzione e realtà la Moreno arieggi oggi una signora della società-bene di Torino. Questo personaggio entra in scena prima dell'apertura del sipario. Grida il suo sdegno contro la messinscena di fatti veri e dolorosi (un suicidio d'amore, un retroscena nella Torino degli Anni Venti). Pirandello, per il titolo della commedia, s'ispirò alla scritta del campanile di Coazze: 'Ognuno a suo modo'. 
La Moreno (che appunto tutti sanno chi è), secondo Ottavio Rosati, costituisce pure un segreto riferimento all'unica persona che in Europa rischiava di capire la sua rivoluzione teatrale: lo psichiatra viennese Jacob Levi Moreno, inventore della psicoterapia dì gruppo e appunto dello psicodramma. Del resto che un altro personaggio si chiami Morello, per il regista, indica chiaramente che l'autore fonde con simpatia il proprio cognome in coda a quello di Moreno.
Sono protagonisti dello spettacolo la vedova di Moreno, Zerka, sua collaboratrice e presidente della Società Internazionale di Psicodramma, Pier Luigi Pirandello nipote dello scrittore e figlio del pittore Fausto e naturalmente tutti gli spettatori che accetteranno il ruolo di attori. 

                                             (Foto Mary Cappa Bava - © PLAYS srl) 

ZERKA MORENO AL CARIGNANO
STAMPA SERA, 15 Settembre 1986 
Centro Studi del TST. Stasera alle ore 21, al Teatro Carignano, “La Moreno (che tutti sanno chi e) per Pirandello e ciascuno a suo modo”: con Zerka T. Moreno e Pier Luigi Pirandello. 'Voice off' di Jacob Levi Moreno: Dario Fo. Fototeca pirandelliana di Tommaso Le Pera. Musiche a cura di Marco Schlavonl. Riprese video di Turi Rapisarda. Maestro d'armi Roberto Chiari. Assistente alla regia Mimmo Cruenti. Regia di Ottavio Rosati. Organizzazione: Mariangela Alloisio, Wanda Druetta, Adele Nlccolai, Massimo Pietrasanta, Marisa Zuccollin. 
Biglietti in vendita. Posto unico. 


Piero Perona, PIRANDELLO: SORPRESA AL TERMINE DEL CONVEGNO  
STAMPA SERA, 15 settembre 1986 (Clicca qui per l'archivio de LA STAMPA)

Teatro e vita al Carignano - Nel cinquantenario della morte di Pirandello, psicodramma con Zerka Moreno

"Ho sempre cercato di educare me stessa come madre: ho cominciato a essere una madre migliore perché ho cominciato a essere come mio figlio." Zerka Toeman Moreno, vedova e collaboratrice dello psichiatra e sociologo Jacob Levi Moreno che inventò lo psicodramma, ha fatto per una vita intera professione, di anticonformismo. Finalmente, colmando un'attesa innegabile almeno tra le battagliere società psicanalitiche italiane, il Centro Studi dello Stabile di Torino le offre per stasera il Carignano al termine di un convegno su teatro e psicoterapia per una serata a sorpresa intitolata “La Moreno (che tutti sanno chi è) per Pirandello e Ciascuno a suo modo” indetta nel cinquantenario della morte di Luigi Pirandello. 'La Moreno (che tutti sanno chi è)', secondo la didascalia originale dell'autore, rappresenta un'attrice colta in intimo colloquio (dall'innamorato, lo scultore La Vela) con il barone N. fidanzato a una sua sorella.
Nella premessa di Ciascuno a suo modo dovrebbe agitarsi per impedire l'ineluttabile scandalo che sommergerà i poveri protagonisti del dramma (lo scultore si è ucciso dai dolore) attraverso una messinscena clamorosa nel luogo e tra la gente che hanno prodotto i tristi fatti. Naturalmente si tratta di una finzione tipica di chi scrisse Questa sera si recita a soggetto, per quanto lo spettacolo di stasera acquisti una perversa carica di emotività dai riferimenti a una certa mondanità subalpina Anni Ottanta e dai ricordi della prima autentica, con la polemica del critico intransigente Domenico Lanza (citato nel copione) e il titolo ispirato forse dalla scritta dei campanile di Coazze in Val Sangone, a quattro passi da Torino.
Per di più la presenza sulla ribalta del Carignano di un'altra Moreno che porta orgogliosa il nome dello psichiatra innovatore, indica che forse teatro e vita si fondono proprio come voleva la rivoluzione pirandelliana dello spettacolo. Pirandello non conobbe mai Moreno benché quest'ultimo avesse prodotto gli psicodrammi a Vienna con un occasionale pubblico di bambini, pensionati, prostitute nel '21 cioè tre anni avanti rispetto a Ciascuno a suo modo. Forse fece da tramite spirituale tra i due l'attrice Elizabeth Bergners, amica della Duse e introdotta nell'ambiente romano della ribalta. 
Sta di fatto che Pirandello chiama Moreno il primo personaggio della commedia e addirittura Morello (cioè una liason tra Moreno e Pirandello) il suo doppio teatrale nella stessa commedia. Non sono scherzi dell'inconscio ma intelligenti spie della cultura pirandelliana. Che poi rispettino in fondo la tecnica dello psicodramma quando risolve in forma teatrale i conflitti dell'animo del malato, sta anche al pubblico di spettatori-attori giudicarne con partecipazione.
Insomma, seguendo un'indicazione del regista e psicanalista Ottavio Rosati, sarà possibile a chi entrerà nel Carignano di essere per una volta e contemporaneamente sia autori sia attori, pur non essendo tali di professione. Mettiamo una pulce nell'orecchio dei curiosi: poiché in platea si troverà pure Pier Luigi Pirandello, nipote del drammaturgo, è pensabile che non venga coinvolto in questo caso tolto di peso dalla vita? 
Se Moreno dunque ha influenzato i grandi quali Beck e il Living in America o Grotowski e Buber in Europa, dovranno pur reagire in qualche modo i torinesi. Pirandello se lo augurava con chiaroveggenza e soprattutto con sarcasmo nella paginetta iniziale del copione dove si paria di un giornale della sera che non esclude la possibilità di disordini. Saremo presenti sul posto

     

                            (Foto Luigi Ciminaghi - © PLAYS srl) 

Antonio Attisani, E PIRANDELLO INCONTRO’ MORENO
EPOCA, 26 settembre 1986. (Clicca qui per il ritaglio stampa)

Teatro - Allo Stabile di Torino una serata singolare: attori, psicoanalisti e pubblico ricostruiscono sul palcoscenico i rapporti nascosti tra il grande regista e l’inventore dello psicodramma - Dario Fo ha prestato la propria voce a Jacob Levi Moreno.

Un pubblico così folto e attento il Teatro Stabile di Torino non l’ha neanche alle prime dei suoi spettacoli. 
L’elegante sala del Carignano è piena in ogni ordine di posti, mentre alcune centinaia di persone sono rimaste fuori e non hanno assistito a questo evento unico: l’incontro tra Luigi Pirandello e Jacob Levi Moreno, rappresentati rispettivamente dall’avvocato Pier Luigi Pirandello, nipote del drammaturgo di cui ricorre il cinquantenario della morte, e di Zerka Toeman Moreno, vedova di un gigante della cultura di questo secolo, dell’ebreo esule e poi naturalizzato americano che ha inventato lo psicodramma e il sociodramma.
Evocatore di questo incontro tra ombre per mezzo di persone è stato Ottavio Rosati, psicodrammatista e regista, divulgatore dell’opera di Jacob Levi Moreno nel nostro paese con le edizioni Astrolabio. 

Zerka Moreno e Fernanda Pivano entrano nella sala del Carignano 

Alla serata torinese è accorsa tutta la comunità psicoanalitica – terapeuti e pazienti, fedeli e avversari dello psicodramma – ed è stato subito shock. Al balcone reale del palazzo Carignano situato di fronte al teatro è apparso un Pazzariello napoletano che, tra rulli di tamburo, ha raccontato l’antefatto, ovvero la faticosa gestazione dell’iniziativa e i suoi bizzarri retroscena. Una delle associazioni promotrici si era infatti ritirata alcune settimane prima e insieme ad essa erano sparite le sovvenzioni per l’iniziativa. 
Fatto sta che convegno, sedute di psicodramma e spettacolo finale sono stati possibili grazie al volontarismo delle scuole messe insieme da Rosati, e grazie al Centro Studi del Teatro Stabile. Particolare curioso: l’associazione che aveva messo in crisi l’iniziativa con il suo ritiro è capeggiata dalla cognata di Ugo Gregoretti, regista-direttore del teatro torinese.  Gregoretti, mogio e salomonico, non ha mosso un dito. Veniamo dunque alla serata, eccezionale per più versi. 
Non si sa molto dei rapporti tra Luigi Pirandello e Jacob Moreno, ma è certo che tra i due vi sono delle inquietanti analogie. Il ciclo pirandelliano del 'teatro nel teatro' (Sei personaggi in cerca d’autore, Ciascuno a suo modo e Questa sera si recita a soggetto) soprattutto, ma anche opere come Enrico IV, presentano diversi momenti di psicodramma, ovvero di personaggi che rappresentano i propri conflitti interiori. E, come lo psicodramma moreniano, il teatro di Pirandello si propone di superare le convenzionali divisioni tra attori e spettatori, tra finzione e realtà.
Le inquietanti analogie vanno fino ai dettagli. In Ciascuno a suo modo (1924) la protagonista si chiama Moreno, al nome l’autore aggiunge (che tutti sanno chi è) e battezza un altro personaggio chiave con il nome Morello, anagrammando cioè Moreno e Pirandello. Se si aggiunge che il soggetto della commedia è ispirato a un fatto di cronaca torinese e che la stroncatura di un critico locale è inserita da Pirandello nel testo da recitare, possiamo capire l’ineluttabilità di realizzare qui e ora una serata come quella voluta da Ottavio Rosati con i due protagonisti dallo stesso cognome di quelli di allora.
Gli appassionati di teatro e i frequentatori di psicodramma notano poi altre prospettive comuni tra i due: il giornale vivente (la messa in scena di spunti di cronaca), il teatro di strada (qui inteso come attivazione degli spettatori), lo sdoppiamento dei personaggi.
Per tutti questi motivi la convocazione di Torino è diventata un evento culturale di grande importanza e le polemiche della vigilia si sono iscritte perfettamente nella poetica dei due autori. Dopo il prologo del Pazzariello e l’accendersi di qualche focolaio di litigio che coinvolgeva spettatori finti e veri, il pubblico è entrato in sala. Qui la serata è proseguita in stile futurista e partenopeo, con l’evocazione di atmosfere pirandelliane, di alcuni momenti corali di Ciascuno a suo modo e con una pioggia di informazioni sui fatidici anni Venti.

   (Foto Luigi Ciminaghi - © PLAYS srl) 

Dario Fo ha prestato la sua voce a Moreno per un’esposizione della filosofia dello psicodramma. Moreno, tra l’altro ricordava che Sigmund Freud avrebbe messo in cura personaggi come Cristo o Karl Marx, invece di considerarli, come erano, degli eccezionali terapeuti.Tra scenette, balli, canzoni e interventi del pubblico si è svolta la prima parte della serata, con lo stesso Rosati e alcuni noti psicodrammatisti in veste d’attori assieme a una filodrammatica di dipendenti della Sip (Sip telefonia non Sip psicoanalisi), ballerini, schermidori, eccetera. La seconda parte invece, affidata alla conduzione di Zerka Moreno, doveva realizzare un vero psicodramma. La Moreno ha dapprima incontrato Pier Luigi Pirandello, senza riuscire però a fargli interpretare un dialogo improvvisato con l’illustre nonno. L’avvocato Pirandello era bloccato dall’emozione. Poi è salita sul palco una spettatrice per raccontare un proprio sogno angoscioso. Allora si è vista quella piccola donna, a cui manca il braccio destro, energica e allegra, condurre piano piano la spettatrice in una ricostruzione del sogno: un’autentica messa in scena.
Nel giro di mezz’ora la sognatrice angosciata è stata in grado di trovare un diverso finale, positivo, oltre che naturalmente di comprendere e “sciogliere” il sogno che prima la bloccava. Zerka Moreno ha spiegato che si trattava solo di un esempio e che lo psicodramma si realizza di solito in condizioni più protette e favorevoli, non prevedendo spettatori-voyerus; ma ugualmente ha “reintegrato” la volontaria nel gruppo facendole constatare che molta gente fa sogni simili (per esempio un baratro da attraversare) e che lo psicodramma può servire meglio dell’analisi verbale.
Il conduttore di psicodramma risulta essere, in base a questa dimostrazione, una sorta di regista che dapprima fa comprendere e interpretare un testo all’attore  e poi lo trasforma in regista e autore di storie nuove, più felici. Evidenti le somiglianze e le differenze con il lavoro teatrale. Alla fine della serata non mancavano i perplessi. Sia Moreno che Pirandello avrebbero sorriso ascoltando i commenti nel foyer. Per esempio quelle signore che rimandavano all’uscita delle critiche un giudizio sulla serata. Al di là degli esiti, tuttavia, resta il fatto di un teatro che trova la sua forma in base a necessità intime e non a capricci estetici. 

IL TEATRO E PSICODRAMMA
Nella storia della psicologia e della psichiatria dinamica Jacob Levi Moreno (Bucarest 1889, Beacon, New York, 1974) entra come creatore dello psicodramma e uno dei principali inventori della psicoterapia di gruppo.
A lui si deve l’idea rivoluzionaria di aiutare l’individuo intervenendo sul suo sistema di relazioni interpersonali.
Con l’invenzione dello psicodramma da parte di Moreno entrano nella psicoterapia contemporanea i metodi attivi. In essa viene fatto ricorso al linguaggio del corpo e a una regia terapeutica basata sul fare oltre che sul dire.
Le sue prime esperienze di animazione spontanea con bambini, profughi e prostitute hanno luogo nel primo decennio del secolo a Vienna dove, tra interessi di natura religiosa, teatrale e sociale, Moreno studia filosofia e medicina. Con il manifesto Invito a un incontro (1914), la fondazione del Teatro Improvvisato e il Giornale vivente (1921), Moreno inverte i ruoli tra platea e palcoscenico, contemporaneamente a Pirandello, e invita gli spettatori a mettere in scena prima la cronaca quotidiana della città e poi la loro realtà personale. Nasce così lo psicodramma, che nel 1925 Moreno trapianta negli Stati Uniti da dove i suoi metodi terapeutici si diffondono in tutto il mondo insieme al suo pensiero sociologico e ai metodi della sociometria. Il testo fondamentale è Psychodrama ('Manuale di Psicodramma', ed. Ubaldini) pubblicato in tre volumi a partire dal 1947 in collaborazione con la moglie Zerka Toeman Moreno, Moreno ha creato i fondamenti teorici e le metodologie cliniche e tecniche dello psicodramma, di cui attualmente si contano nel mondo trecentocinquanta diversi tipi di attuazione.
Ottavio Rosati, responsabile della manifestazione torinese, è il curatore italiano delle opere di Moreno e dirige a Roma l'Istituto italiano di Psicodramma, una delle quattro associazioni riunite per l’occasione. La serata di cui si riferisce nell’articolo è stata preceduta da un convegno su Il teatro di Pirandello e lo psicodramma con la partecipazione, tra gli altri, di Roberto Alonge e Fernanda Pivano, e da una giornata di lavoro sullo psicodramma e il sociodramma condotta da Zerka Moreno. 

Ottavio Rosati e Fernanda Pivano al convegno del Centri Studi del Teatro Stabile

Enzo Forcella, I FILI DI UN DISCORSO ANTICO
TERZA PAGINA (Rai RADIO TRE),  28 settembre 1986
L’inconscio, l’altra scena, prende corpo sulla scena deputata del teatro. Al Carignano si sono riannodali i fili di un discorso antico. Quella della Moreno è stata la più teatrale delle psicoterapie, la più terapeutica delle rappresentazioni.


Barbara Tosi,
AL CARIGNANO DI TORINO ORIGINALE INCONTRO CON PIRANDELLO 
AVANTI, 19 settembre 1986

Una felice commistione di teatro, terapia e realtà nello spettacolo che ha visto la partecipazione di Zerka Moreno, la vedova del fondatore della terapia psicodrammatica

Torino – Dovendo spiegare cosa è avvenuto l’altra sera al Teatro Carignano di Torino la prima cosa che viene in mente è: Che peccato che non c’eravate! La qual cosa è capitata a molti per via di un rapido tutto esaurito. La serata, del tutto inusuale, era intitolata “La Moreno (che tutti sanno chi è) per Pirandello e Ciascuno a suo modo” con la partecipazione di Zerka Moreno, vedova di Jacob Levi Moreno, fondatore della terapia psicodrammatica, in contatto spirituale con Luigi Pirandello, con il nipote del grande drammaturgo, Pierluigi Pirandello, per testo e regia di Ottavio Rosati, regista psicodrammatico, quindi psicoterapeuta, in una felice commistione di teatro, terapia e realtà, ovvero di finzione, reale ed inconscio.
Il pubblico, composto sia di informati, addetti ai lavori, sia di attenti e curiosi per questa serata, non ascrivibile solo ed interamente al teatro, ma neanche solo alla psicoterapia, ha reagito con grande partecipazione e calore, inaspettati nella misurata compostezza torinese. Frutto di un lavoro frenetico e, senza sembrare esagerati, eroico da parte di tutti coloro che l’hanno resa possibile: dottori, attori, impresari teatrali e tecnici, inindividuabili nei loro ruoli professionali, ma tutti attori della bizzarra kermesse, l’incontro ha avuto un esito effervescente e stimolante. Infatti, mentre la prima parte, in pieno clima anni Venti, in una sorta di prova d’orchestra ha esibito con ironia e giocosa rivelazione sentimenti, situazioni, miserie e bellezze del vivere, in un effettivo  ed agito Ciascuno a suo modo, la seconda parte si è valsa dell’azione psicodrammatica di Zerka Moreno. 
Nel primo tempo, tra attori veri, seppure dilettanti, psicoterapeuti, sotto la regia briosa e “a vista” di Ottavio Rosati, sono sfilati personaggi in un gran rimescolio di carte tra arte e finzione teatro e storia, vicino e passato, così come la malevola recensione del critico Lanza nel 1924 diviene parte nel dramma di Pirandello, allo stesso modo la storia di questa ostacolata e travagliata serata diviene anch’essa parte ostile ma integrante, così come accade nella realtà, nell’incontro di sapore vagamente e vivacemente futurista. L’introduzione è strepitosa: il pubblico sosta all’esterno del teatro, poiché dal balcone del prospicente museo del Risorgimento il “pazzariello” Scutellaro espressamente giunto da Napoli con la sua banda al rullo di tamburo impone: “Attenziooone popoooolazioneee …!”.


In questo modo, immersi in un piacevole caos riscaldato da un vernacolo partenopeo genuino o indotto, la prima parte ha lasciato il pubblico lieto e quieto in attesa dell’incontro con Zerka Moreno. Presenza forte e al tempo stesso mite e pacificante, la signora Moreno invita Pierluigi Pirandello ad un commovente incontro psicodrammatico con il grande nonno; rapidamente il clima in sala cambia, dall’allegro “pastiche”: bizzarra catarsi dei partecipanti, sostenitori e dell’ideatore, si entra nel vivo, esempio della terapia psicodrammatica. All’invito di salire sul palcoscenico per una seduta psicodrammatica risponde una giovane donna: Antonia e la sua esperienza di sogno viene resa pubblica ed anche condivisa più o meno esplicitamente da tutti. Ciò che avviene riguarda la difficoltà, o per meglio dire, il superamento di essa. Scalare la montagna, saltare quel vuoto, che appare insormontabile, ma che lo è solo dentro di noi, attraverso il “gioco” psicodrammatico, in un sentimento grande e buono quale la solidarietà, con una forte intensità da farlo vero, Antonia salta e riesce. Insieme a lei tutti nel pubblico evocano in un intimo silenzio i propri salti mancati, fatti o da fare. La serata è finita, ma non i suoi effetti, così come nella terapia psicodrammatica.
Il pazzariello ricuce le fila di quell’allegria che ha colorato la solidarietà e che da sola ha reso possibile questa indimenticabile e strana serata. Il lavoro di tutti è stato tanto più di quanto vi fossero, ma di alcuni ci piace ricordare il nome oltre all’instancabile Ottavio Rosati: la 'voice off' di Dario Fo (già protagonista di un documentario Rai di Rosati su J. L.Moreno), le associazioni di psicodramma, Santuzza Papa, Giulio Gasca, Donata Miglietta, Mimmo Crucitti, Maria Angela Alloisio, Gianni Montesarchio, Tommaso Le Pera, Adele Niccolai, Giorgio Vigna, Piero Ferrero, il Teatro Stabile di Torino, diretto da Gregoretti, ed in particolare il suo centro studi coordinato da Pietro Crivellaro, la scuola di scherma della città, Alberto Oliviero nel monologo di Diego Cinci da Ciascuno a suo modo ed i quaranta attori del gruppo Teatro Studio, che, in un’epoca in cui capita agli spettacoli di essere bloccati da proteste sindacali, hanno offerto il lavoro di sette giorni gratuitamente, allorché, per ragioni legate a rivalità locali, i fondi promessi al progetto erano stati improvvisamente negati. Insieme a loro, agli altri e a tutto il pubblico, Antonia (la protagonista dello psicodramma) ha fatto quel salto, simbolico e reale al tempo stesso, mostrandoci che la terapia si avvale e con profitto dei suoi peculiari strumenti, ma anche di quell’universale sentimento d’amore che è la solidarietà.

 

Piero Perona, IRONIA E FESTEVOLEZZA CON PIRANDELLO, FREUD & SOCI
STAMPA SERA, 16 settembre 1986. (Clicca qui per l'archivio de LA STAMPA)

Lo psicodramma in scena al teatro Carignano

Pirandello e Moreno, il teatro e la realtà, il dramma e lo psicodramma... Chi per divertirsi fa professione di prudenza si sarà di sicuro tirato Indietro Ieri sera di fronte alla proposta del Centro Studi dello Stabile, per una serata al Carignano all'insegna della psicoterapia dal titolo La Moreno (che tutti sanno chi è) per Pirandello e Ciascuno a suo modo. A dire il vero, con medici e scienziati in maggioranza, gli spettatori non mancavano. Gli esclusi avrebbero forse potuto riempire la sala per una replica. Per di più l'ambientazione della prima parte all'aperto e nel foyer, in linea con le Indicazioni di Pirandello per Ciascuno a suo modo, ha sveltito le quiete abitudini del torinesi che amano la prosa. Forse non tutti sapevano che la sala con i velluti rossi e gli stucchi dorati Indicata dall'autore era proprio il Carignano e che lo sfondo della vicenda si trovava nella Torino degli Anni Venti.
Poi nello stesso Carignano, il 12 ottobre del 1961, in occasione del venticinquennio della morte del commediografo, ne era stata data dal Teatro di Genova con la regia di Luigi Squarzlna una scrupolosa rievocazione filologica. Precedenti che immobilizzerebbero qualsiasi teatrante. Precedenti che non hanno invece scoraggiato il gruppo di associazioni piemontesi dello psicodramma (Arpa, Aspi, CRCPL e Rebls) a darne una versione con Intenti salutari più che artistici.
Si trattava cioè di approfittare della presenza a Torino di Zerka Toeman Moreno, vedova e collaboratrice dello psichiatra Jacob Levi Moreno, il quale fondò lo psicodramma e fu spiritualmente In contatto con Pirandello. La controprova viene dalla citazione dell'attrice protagonista di Ciascuno a suo modo che non si chiama per caso Moreno. E viene soprattutto dall'esame del nome del suo doppio teatrale, Morello, trasparente unificazione di Moreno e Pirandello con preponderanza del primo. Infine la rivista di Moreno - Daimon - circolava a Roma nell'ambiente teatrale. Che poi gli spettatori dovessero trarre dal loro Intimo e dalla loro coscienza gli 'altri che si trovano all'interno di sé stessi, pareva un'Impresa terrificante da eseguire In pubblico. Forse, sia pure senza intendimenti psicoterapeutici, vi era indirettamente riuscita un'edizione come quella del '61 attraverso l'Intervento di attori giovani e  vecchi, di sicura professionalità e prestigio, da Turi Ferro a Lydia Alfonsi, da Paola Mannoni a Nico Pepe, da Alberto Lionello a Eros Pagni. Viceversa la regia disinvolta e la presenza Instancabile del regista e animatore Ottavio Rosati hanno tenuto la serata sui binari dell'Ironia e della festevolezza. Un pazzariello In piazza e In scena ha dato l'avvio al ritmi della rappresentazione Interpretata da aspiranti attori, psicanalisti di vaglia e impresari teatrali. Dal palcoscenico al palchi è stato tutto un Intrecciarsi di battute tolte da Ciascuno a suo modo ma riciclate con piccoli riferimenti al presento. Un curioso andamento da ballata meridionale ha talora conferito stanchezza e savietà al momenti delicati delle citazioni. Cosi si è arrivati con un sorriso alla seconda parte dominata dalla personalità della signora Moreno, la quale ha ricreato alcune delle condizioni essenziali per lo psicodramma. Alla ribalta si sono presentate solo tre ragazze, capaci di narrare piuttosto che d'Interpretare le loro angosce e straordinariamente accomunate dall'Impressione di essere uscite insieme dalle pagine e dal complessi del romanzo Paura di volare di Erika Jong. Tanti auguri. Con una battuta contro Sigmund Freud (il quale avrebbe mandato sul lettino come pazienti il Buddha e il Cristo piuttosto che farne degli analisti) si è conclusa una serata favorita dallo spirito bizzarro del partecipanti. Anche del torinesi autentici che non sono affatto musoni. 

(Foto Luigi Ciminaghi - © PLAYS srl) 

Osvaldo Guerrieri, MORENO, PIRANDELLO: UN FOLLE GIOCO
LA STAMPA - TUTTO LIBRI, 17 settembre 1986 (clicca qui per l'archivio de La Stampa)

Il Carignano superaffollato nella serata dedicata allo psicodramma e al suo inventore - Non tutti gli spettatori sono riusciti ad entrare in teatro - Hanno partecipato il nipote dello scrittore e la vedova dello scienziato

TORINO - Eccola, la serata imprendibile, frammentata, scheggiata de La Moreno (che tutti sanno chi è) per Pirandello e Ciascuno a suo modo. Eccola la Grande Improvvisazione che culminerà negli esempi di psicodramma condotti da Zerka Moreno, vedova di Jacob Levi Moreno, inventore di questo discusso metodo psicoterapeutico. Ecco, infine, il folle giuoco, amministrato sapientemente da Ottavio Rosati e offerto a un pubblico numerosissimo, adescato da lusinghe un po' stregonesche, un po' scientifiche, un po' clownesche.
Raramente abbiamo visto il Carignano cosi ribollente di partecipazione come in questa serata cui han messo mano il Teatro Stabile e vari organismi psicanalitici. C'era, innanzi tutto, il fascino dell'incertezza. Che sarebbe accaduto? Che avremmo visto? E' vero che ciascuno può dar libero sfogo ai propri impulsi? Perché si sta ammassati nel foyer? Anzi perché un falso inserviente ci spinge tutti fuori, in piazza? Forse per immetterci in atmosfera pirandelliana, nei tumulti previsti da Ciascuno a suo modo. E quando raggiungiamo finalmente la sala, ecco eleganti signore in abito déco, una luminosa bambina distribuisce fiori, Milly canta Vipera. Gli Anni 20 sussultano. 
E intanto ascoltiamo le parole di Jacob Moreno. Lo scienziato rievoca gli esordi l'iennesi, i primi esperimenti di psicodramma condotti con una prostituta. Da lui si trascorre all'altro polo della serata. Udiamo un raro frammento sonoro: Pirandello parla del dissidio tra vita e forma, sotteso con vertiginosa dialettica di Ciascuno a suo modo.
Lo spettacolo rischia di precipitare nel biografismo. Il timore è avvalorato dal giovanotto che scruta da un'arcaica macchina da ripresa cinematografica e va a recitare un brano de "I quaderni di Serafino Gubbio". Ma subito dopo, che bailamme. Su, nei palchi, alcuni sembrano impazzire, litigano a distanza, se la pigliano con Rosati che, travestito da usciere, fa il burattinaio e il buttafuori. Nell'atmosfera accesa, il fantasma delle serate futuriste occhieggia sornione. Quando sale sul palcoscenico lei, la Moreno, l'aria surriscaldata si placa. Questa signora dall'aspetto mite ha lo sguardo acuminato. Sorride spesso. E' chiaro che vuole essere soave, attrarre a sé, non respingere. Viene chiamato in scena Pier Luigi Pirandello, nipote dello scrittore. Il primo esperimento di psicodramma è con lui.
Dice la signora Zerka:
- Vorrei fare con te un viaggio nel cosmo e darti l'occasione di reincontrare tuo nonno. Dove ti piacerebbe incontrare tuo nonno, Pier Luigi? 
- In Sicilia.
- Sotto l'albero?  
- Sì. sotto l'albero.
- Dove vuoi mettere l'albero del Caos? Tuo nonno è sepolto qui. sotto l'albero... Cerca di vedere l'albero con gli occhi della mente. Adesso di' tutto quello che vorresti dire a tuo nonno. E' primavera. Ci sono fiori odorosi. Senti il profumo del mare. Tu comunichi con tuo nonno.
- Nonno, avrei voluto parlare con te, ma ero troppo piccolo quando sei morto... Non mi viene in mente niente. Sono troppo emozionato. 
- Cosa senti per quest'uomo?
- Ammirazione. 
- Diglielo. Pensi che ti amerebbe per come sei? 
- Lo spero.
- Cerca di esprimere tuo nonno. Come lo vedi? Cerca di entrare nello spirito di questo grande uomo
- Impossibile. 
- Non è impossibile, perché ci hai pensato tutta la vita e hai provato molte emozioni...
E così, con tenacia e soave crudeltà, Zerka Moreno conduce i suoi "pazienti" lungo le involuzioni della psiche. 

                    (Foto Luigi Ciminaghi - © PLAYS srl) 

Il metodo sarà ancora più chiaro con gli altri personaggi che salgono sul palco per fare uno psicodramma: una donna racconta di aver sognato percorsi ardui, ostinatamente preferiti a quelli più semplici. E la Moreno, dopo averle fatto rappresentare il sogno, inietta nella mente di lei e di quelli che la seguiranno il balsamo della consapevolezza. Avverte: "Quando un sogno contiene angoscia, noi dobbiamo elaborare il sogno fino a vincere l'angoscia. Moreno pensava che si poteva trasformare la psiche inconscia trattandola con l'azione teatrale."
E con un lampo d'orgoglio aggiunge: "Noi non facciamo prendere coscienza dei problemi psichici, come i normali psicanalisti, noi cerchiamo anche una soluzione." Nella guerra dell'inconscio, lei vince così.

Giuseppina Manin, PIRANDELLO IL MEDICO DEI PAZZI
IL CORRIERE DELLA SERA, 17 settembre 1986 (Clicca qui per il ritaglio stampa)

Al Carignano di Torino “Ciascuno a suo modo” in forma di psicodramma – Lo spettacolo allestito da Ottavio Rosati ha  avuto come protagonisti d’eccezione Zerka Moreno (vedova del celebre analista Jacob Levi Moreno) e il nipote del grande drammaturgo siciliano – A dare inizio alla serata è stato un Pazzariello al suono di piatti e tamburi.

(Dal nostro inviato speciale) - TORINO. Sarebbe di certo piaciuta a Pirandello la versione psicodrammatica di Ciascuno a suo modo in scena l’altra sera al Carignano sotto la guida di Ottavio Rosati e con la partecipazione straordinaria di Zerka Moreno (vedova di Jacob Levi Moreno lo psicoterapeuta rumeno inventore dello psico-teatro) e di Pier Luigi Pirandello nipote del grande drammaturgo e figlio del pittore Fausto. Il profeta del Teatro nel Teatro, dei “doppi" scenici della mescolanza tra finzione e realtà e dell’una, nessuna, centomila verità avrebbe trovato pane per i suoi denti. L’ambiguità e il paradosso sono state le corde trainanti di questa singolare azione teatral-terapeutica durante la quale Pirandello - forse come non mai - è stato tradito nella forma ma rispettato nello spirito, fino l punto di fare accadere in scena uno dei più impossibili rompicapi pirandelliani: l’incontro tra persona e personaggio qui risolto dall’aver fatto interpretare la parte della Moreno (che tutti sanno chi è), come avverte la didascalia dell’autore, dalla Moreno stessa. Più Pirandello di così…!
Ma torniamo allo “spettacolo” (le virgolette sono stavolta proprio di rigore). Alle 21, il pubblico (nessuna delle solite “madamin” ma molti giovani e “addetti ai lavori” psicanalitici) è stato invitato dalle maschere del foyer a prender posto e accomodarsi… fuori nella piazza antistante il teatro dove la rappresentazione avrà inizio e infatti un faro puntato ha indicato il primo palcoscenico nel balcone centrale di Palazzo Carignano sede del Museo del Risorgimento) su cui è apparso – preceduto da rulli di tamburi e sbattere di piatti – un Pazzariello napoletano con tanto di alamari, giacca rossa e feluca adornata di pennacchio. In puro stile Totò (attore-marionetta per eccellenza, uno dei tre numi tutelari della serata insieme con Pirandello e Moreno) con voce stentorea il Pazzariello ha gridato: “Attenzione, popolazione… dal balcone comincia la rappresentazione…” Quindi, sceso in piazza, sempre seguito dai tamburini e agitando il bastone infiocchettato, ha guidato in fila indiana gli spettatori fin dentro il teatro proprio come il Pifferaio di Hamelin i suoi topolini.

  Zerka Moreno animatrice, con Pier Luigi Pirandello, della serata torinese - (Foto Stefano Cavalli - © PLAYS srl)

Nel foyer il primo incidente: una signora in tailleur e borsa  di coccodrillo aggredisce il regista che fugge verso la sala. Un signore in barba vestito in nero lo ha spintonato andandogli contro: “Vergogna! Far queste pagliacciate in una delle piazze più belle di Italia!”.
Qualche risatina un po’ di sgomento “Farà o no parte lo schiaffo a Ottavio Rosati? Una signora che pare intenderse e che indica poi con puntigliosa precisione per informazione del cronista il pubblico in sala dividendolo in due grandi categorie: quella dei pazienti e quella dei terapeuti. Alla fine, è inevitabile chiederle: “Ma lei a quale delle due appartiene?”. “Prima ero nell’una, ora nell’altra”, è la risposta salomonica.
Dentro, il sipario è ancora abbassato, un altoparlante canta "Vipera" mentre finte sciantose offrono garofani e sorrisi. Finalmente, vestito da cameriere di lusso e con in mano il piumino della polvere, appare Ottavio Rosati, il regista, che dichiara ufficialmente aperta la rappresentazione facendo partire un nastro con la voce di Dario Fo che legge alcuni aforismi indirizzati dal giovane Moeno al maturo Freud: ”Io comincio da dove Lei finisce, professore. Lei insegna alla gente a capire i suoi sogni. Io cerco di dar loro il coraggio di sognare ancora”. Oppure: “Dal mio punto di vista persone come Cristo, Marx o Buddha erano anche medici e terapeuti, dal suo sarebbero stati pazienti.” E ancora una definizione dello psicodramma data da un poeta ubriaco e poi apprezzatissima da Moreno: “Se proprio dovessi lasciarci la pelle, preferirei morire di diarrea piuttosto che i costipazione. Questa è la differenza tra Lei e Freud.” Altro nastro, altra voce. Stavolta è lui, Pirandello, è l’unica registrazione esistente. Si sente quindi il ruggito di un leone. Arriva un violinista e come Orfeo riesce a placarlo però quando la scena si apre mostra una donna aggredita da un uomo-belva. Il musiscista torna indietro, e invece del violino estrare una pistola per far secca (più sbrigativo di Indiana Jones) la poveretta.
E così avanti tra scambi di battute surreali tra Rosati e il pubblico (saranno veri, saranno falsi? Attori o spettatori?) citazioni dai film di Totò e un’antologia di diapositive, con scene degli ultimi spettacoli pirandelliani, Albertazzi e il suo Enrico IV, Salvo Randone, Paolo Stoppa, Bosetti e i suoi personaggi in cerca d’autore.
Nella seconda parte lo psicodramma. Sale in palco Zerka Moreno, I capelli corti e grigi, un vestito di seta blu, una collana di perle. Con aria furba e simpatica scruta la platea, trova e invita Pirandello, l’avvocato Per Luigi, a raggiungerla. Con l’aiuto di due sedie ricostruisce la casa siciliana del drammaturgo e fa spuntare persino il famoso “Albero del Caos”.
“Ecco,” dice “tuo nonno è sepolto lì sotto. Parlagli e digli tutto quello che ti viene in mente.” Pier Luigi sta al gioco ma è un po’ emozionato: “nonno – mormora -  avrei tanto voluto parlare con te, ma non ho potuto. Ero troppo piccolo quando sei morto”. “Cosa senti per lui?” chiede Zerka. “Soprattutto ammirazione”. “Diglielo.” PierLuigi ci prova. “E adesso diventa lui”. "No, è impossibile”. Zerka insiste un po’, poi lo lascia andare tra gli applausi e passa a una nuova “vittima”, una coraggiosa Antonia di origine spagnola che si offre, sola tra tutti, di salire in scena e di agire un suo sogno angoscioso.
Un lungo rituale, anche un po’ imbarazzante, che si conclude, pare, in modo liberatorio per la protagonista che, reinventando un finale più gratificante appare sollevata e abbraccia la terapeuta. Terminato lo psicodramma (che ha concluso tre giorni di lavori cui hanno preso parte oltre ai clinici anche letterati come Fernanda Pivano) l’avvocato Pirandello ha confidato di essersi sentito su quel palcoscenico un po’ stordito, commosso ma soprattutto soggiogato dal fascino ipnotico di Zerka”. “Avrei voluto dire molte altre cose… ma non riuscivo. Di mio nonno ho davvero pochi ricordi. Avevo otto anni quando lui morì. E per di più, come si usava allora, non mi era permessa nessuna confidenza. Mio padre temeva che lo disturbassi e potevo entrare nella sua stanza solo per dargli il caffè. Eppure, quando lasciava la macchina da scrivere e veniva tra noi, nonno Luigi diventava un’altra persona: allegro, affettuoso, con una gran voglia di scherzare. Insomma il “doppio” di Pirandello era molto differente da lui”.


Alfonso Cipolla, ADDIO A FERRERO INNAMORATO DEI PALCHI TORINESI
LA REPUBBLICA, 22 ottobre 2011
Ma quanto ha scritto nella sua vita Piero Ferrero, autentico innamorato del teatro, seppure schivo e irascibile, ma di una irascibilità umoristica di chi lancia il sasso e poi sornione ne spia l'effetto, tra i guizzi luciferini e istrionici ad un tempo. 
Ogni suo gesto era un palcoscenico che sottintendeva un pubblico, un vezzo che si poteva permettere dall'alto di una sapienza e di una erudizione di altri tempi. 
Piero Ferrero era nato a Torino il 30 aprile del 1934. Per molti anni si dedicò all'insegnamento poi nel 1975 Giorgio Balmas lo chiamò al lavorare per Settembre Musica all'Assessorato alla Cultura del Comune di Torino. È l'inizio di un'avventura che lo porterà successivamente a instaurare un lungo sodalizio con il Teatro Stabile di Torino diventando quasi un'istituzione: direttore culturale del Centro Studi, un breve periodo all'ufficio stampa, poi drammaturgo e amabile conferenziere. 
Ma lo scrivere era la sua attività febbrile. Le sue traduzioni non si contano, così come i testi teatrali, da Alcassino e Nicoletta un vaudeville, libretto d'opera per le musiche di Bruno Cerchio, al divertentissimo La nobile perplessità della fenice e l'orgogliosa umiltà di un tecnico infelice, autentico omaggio al teatro dell'assurdo. E ancora i romanzi di una greve e dolorosa levità: Lettere ai romani, pubblicato da Garzanti, L’Onta e il ribrezzo, Non il grillo ma il gatto
La travolgente passione per il teatro lo porterà anche a calcare le scene regalando camei fulminanti in lavori di Ronconi, Lavia e in vari film. Ma l'applauso più scrosciante Ferrero lo raccolse quando da un palchetto del Carignano lancio al pubblico una battuta di Ciascuno a suo modo in una memorabile serata di Ottavio Rosati all'insegna dello psicodramma ("Volevate il sociodramma? Ve l'hanno dato. Te-ne-te-ve-lo!" - N. d. r.). Sono passati venticinque anni, ma è con quell'eco che ora è bello salutarlo.  

                 Piero Ferrero è Scrooge nel  Socioplay di A Christmas Carol (RaiSat 2006)  (Foto Sergio Bertoli- © PLAYS srl)

 

    

 

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