GRANDI FESTE: UNO PSICODRAMMA RADIOFONICO SUGLI PSICODRAMMI TELEVISIVI DI RAI3 di Ottavio Rosati
Questo articolo (tratto dalla rassegna stampa di "Da Storia Nasce Storia" di Rai3) parte da un'intervista radiofonica in un programma radiofonico condotto da Vittorio Castelnuovo per Rai radio due. In questa edizione web costituisce un ipertesto che comprende i link ai video, alle canzoni e alle fotografie citate nel corso della conversazione. Dal punto di vista dello psicodramma costituisce una 'Self disclosure' dell'autore che rivela alcuni retroscena di "Da Storia Nasce Storia" e gli consente fare una prima catarsi di genere narrativo che sfocia nella scrittura del play del 2016 "Grandi Feste con Fuoco".
Salve Vittorio e grazie a tutta la redazione. Sono molto contento di parlare con voi sul tema delle Grandi Feste. La festa piu bella della mia vita finora resta la serata al Carignano di Torino su Da Storia Nasce Storia nel 1991. Non solo una festa ma un crocevia. Mi dispiace solo che per radio non si vedono immagini perché quando la ricordo oggi vedo entrare in sala tante foto mischiate ad alcuni Arcani dei Tarocchi anche se dei Tarocchi all'epoca non sapevo niente. Come nuovi invitati, sì. La festa non è finita, continua.
Quali? Quelli di Marsiglia restaurati da Camoin e Jodorowsky. All'epoca non li conoscevo e, tutt'ora, ne so pochissimo.
In realtà non sono io che assegno le carte alle foto: sono i Tarocchi a volare oggi, di loro iniziativa, sulle persone che resero possibile la realizzazione di Da Storia Nasce Storia. Prima di tutto verso Emanuela (mia dolce e generosa fidanzata, studiosa di teologia e appassionata insegnante di religione) corre l'Arcano del Matto: matto mio e non di lei. Visto che,a tre mesi dalle nozze, non ci saremmo più sposati a causa del mio numinoso-improvviso amore per un ragazzo di talento e nei guai che aveva bisogno di un tutore mentre io avevo bisogno di lui come pupillo (una storia che ho raccontato in Uomini e pappagalli). Il Carro naturalmente va verso Angelo Guglielmi, Luca Ronconi e Pietro Crivellaro (personaggi poco "psicofili") che dirigevano Raitre e il Teatro Stabile e non ci misero mai il bastone tra le ruote anche se con Claudio Buondì (il regista televisivo) ci muovevamo nei loro spazi produttivi parlando il linguaggio dello psicoplay. Uno stacco musicale? Certamente.
Frank Sinatra, "My Way"
Gli arcani del Papa e della Papessa volano verso due persone alle quali sono riconoscente a pieno cuore perché col loro esempio tacitavano il persecutore interno che, durante la produzione, mi accusava di tentare un’impresa impossibile e senza precedenti nella storia della televisione e della psicoterapia. Questi due Salva-Vita erano la scrittrice Fernanda Pivano (nata nel 1917) e lo psicoanalista Aldo Carotenuto (1933)... nel ruolo che Neville Symington nei suoi libri sul narcisismo chiama Life-Giver. Vivificatori. Portatori di forza e felicità. Loro due garantivano che niente è impossibile se lo vogliamo davvero.
Non parlo solo di aiuto concreto ma di sostegno empatico e morale. Il loro esempio straordinario di professionalità e successo, da studente di filosofia nato nel 1950, me lo portavo dietro come un tesoro dal 1975, quando convinsi Fernanda (in crisi col marito Ettore Sottsass jr. che l'aveva tradita con una giovane architetta del suo studio) a prendere una casa insieme nel palazzo di Trastevere (la Kasbah) dove per un anno avevo abitato da solo. In quella casa, a mia volta, feci da Life Giver a lei che, facendo su e giù con Milano, ci portò dentro i suoi turbamenti, quattro generazioni di scrittori americani e il corredo musicale della sua voce. Raccontare questa storia alla radio è per me una catarsi psicodrammatica perché la radio fornisce un grande gruppo in ascolto.
Nanda, come sai, non parlava ma suonava come si suona un pianoforte. Incantevole anzi incantante. Anche quando diceva una sciocchezza, lì per lì, restavi a bocca aperta per come la diceva. L'ho visto succedere anche con scrittori, artisti e uomini di cultura... gli unici a non caderci erano i trasteverini più ruspanti come il portiere Gustavo che dalle signore della kasbah prendeva 10.000 lire per riaccendere il contatore della luce. Insomma toccavo il cielo con un dito ed ero così perdutamente coinvolto che, quando andavo a prenderla all'aeroporto fermavo la macchina e singhiozzavo all'idea che un giorno sarebbe morta prima di me. Se era felice anche lei? Senti Vittorio, ti manderò per mail la foto di un 24 dicembre: per farla ridere, come albero di Natale, anziché l'abete, le avevo fatto trovare un cavolfiore con le mille luci di New York. L'espressione della Nanda parla meglio di un racconto.
Sempre nel 1975 Carotenuto mi propose di fare la mia prima psicoanalisi con lui, rimandando al futuro il pagamento del suo onorario... che poi, ancor più generosamente, non volle prendere e che ho pagato e pago e pagherò offrendo a ragazzi/e squattrinati/e quello che lui ha offerto a me...
In una delle foto della festa al Carignano Aldo, davanti al sipario parla al pubblico dello psicodramma tratto dal suo libro "Diario di una segreta simmetria" dove gioca i tre ruoli di Freud, Jung e Sabine Spielrein della storia segreta che aveva scoperto in Svizzera... Stranamente questa foto mi ha sempre colpito pur essendo semplicissima. Del resto Aldo era abituato a parlare in pubblico... non capivo perché mi sembrasse tanto bella.
Finché dieci anni dopo recuperai un ricordo di infanzia che spiegava perché per anni avevo fatto tutti i miei lavori teatrali e televisivi proprio al Teatro Stabile di Torino... Stai a sentire: mio padre Giovanni ci raccontava spesso di aver prestato servizio come capitano dell'esercito a Torino: la sera andava a teatro (il Carignano, il Gobetti?) dove c'era un palco di proscenio riservato agli ufficiali... da quel palco vedeva commedie di Pirandello e grandi attori come Macario, la Magnani, Stoppa... forse il mio inconscio era convinto che, se avessi lavorato al Teatro di Torino, finalmente mio padre avrebbe visto e ascoltato anche me...
Quando portai questa ipotesi in analisi, Claudio Modigliani la perfezionò con un'osservazione di stampo kohutiano che mi colpì al petto: l'emozione per la foto di Carotenuto davanti al palco provava che, in questo caso, il figlio, per essere finalmente rispecchiato dal padre, doveva prima far rispecchiare il padre dalla platea, facendolo passare dal buio del palchetto alle luci del palcoscenico... Doveva cioè riparare le ingiustizie che Giovanni aveva subito in vita sua, come fa Telemaco con Ulisse. Questo commento di Modigliani fece emergere un altro ricordo: durante la guerra, Giovanni, come procuratore del registro a Sulmona, aveva salvato gli archivi della città dai bombardamenti mettendoli al sicuro nei sotterranei del Teatro dell'Opera. La sua idea era geniale e funzionò ma, invece di premiarlo, il regime fascista lo sospese dal lavoro per aver preso un'iniziativa autonoma. Ecco perché Ottavio aveva messo "il padre" Carotenuto davanti agli applausi del pubblico. Tanto più che, nella produzione di Da storia nasce storia aveva coinvolto anche il Teatro dell'Opera di Torino.
Insomma Nanda e Aldo li sentivo sempre al mio fianco come due pilastri: due mentori creativi per eccellenza. Vivi, vivaci. Vivificanti. Erano loro i miei genitori culturali e professionali, a completare quelli biologici che al Carignano non vennero mai. Ti sembra strano? Pensa che mia madre, abitando in un quartiere a dieci minuti da San Pietro, non mise mai piede a casa mia a Trastevere... Con Fernanda invece c'era sempre molto da fare. Da dare e da prendere. Da vedere e mostrare. E soprattutto da poter riparare. Quando Hillman scrive che l'Eroe è figlio della Grande Madre... so che vuol dire.
Questa preziosa, fedele collaborazione di Fernanda passa per tanti eventi culturali legati allo psicodramma: l'intervista a Zerka Moreno al "Moreno Theare di Beacon" come inviata del Corriere della Sera, il primo psicodramma e il primo sociodramma tenuti su un teatro italiano, gli eventi torinesi su Moreno e Pirandello, la presentazione della versione italiana di Psychodrama al Piccolo Teatro, la sua prefazione al libro su Da Storia Nasce Storia e culmina nella lettera al suo avvocato per un lascito testamentario ("Cento milioni o la maggior somma... secondo quel che resta sul conto") con cui, ai tempi della lira, intendeva avviare la costruzione di un Teatro di Psicodramma in Italia. Tutto sarebbe crollato di colpo dieci anni dopo, nel 2001. Come il lampadario del Fantasma dell'Opera? Sì. No. Peggio...
L'arcano della Papessa con le sue ambivalenze e accumuli di potere non l'avrei mai intravisto su lei ai tempi del Carignano, semmai quelli della Stella o della Luna. Oggi invece lo vedo emergere, pallido e freddo, sulla foto di Fernanda. A profezia di un evento editoriale in se stesso non eccezionale ma catastrofico per me: il suo tradimento del docu-film, prodotto da Grazia Volpi, che otto anni dopo girai sulla sua vita col Centro Sperimentale di Cinematografia. Cioè con la Scuola che era sempre stata il sogno della mia vita e dove non ero stato ammesso per liniti di età. La sceneggiatura di Genamore (Generazioni d'amore: le quattro americhe di Fernanda Pivano) era nata da un'intervista di trenta ore ma lei decise di fermare la vita del docu-film anche se aveva controfirmato, per approvazione, ogni pagina dello script.
Ci ripensò quando vide il lavoro già montato in una moviola di Cinecittà. Togliendosi lentamente gli occhiali, lo accusò (con un arpeggio della voce-pianoforte) di essere un madrigale d'amore, dunque inaccettabile: "Avete creato un'immagine di me bella, bellissima. Ma incompatibile col mio personaggio pubblico. Come si fa? Non dobbiamo distribuirlo." (Carogna bisbigliò Claudio Grassetti. Ma come? Dissi io). Sì. Proprio così: la strage di San Valentino.
Un doppio legame da uscire pazzi. Rimanemmo tutti stupefatti anche perché il lavoro in realtà parlava solo dei suoi amici scrittori: da Hemingway a Ellis. Parlava di Fitzgerald e Pavese, dei beat, degli hippies, dei suoi ricordi di infanzia... Fatto sta che da Life Giver nel 1991 la Nanda divenne Death Giver nel 2001. Questo l'ho capito da poco perché prima era impensabile, impossibile da mentalizzare. Come il fatto che, tre anni prima, Fernanda mi avesse dedicato una lettera-poesia, La Dialisi, piena di stima e gratitudine che, a leggerla oggi, sembra un'induzione ipnotica perché dedicata a un eroico psicologo-infermiere descritto come un Buddha di abnegazione, esausto, sgomento e silenzioso. La parolasilenzioso anzi è scritta, cancellata e poi riscritta. Un eroe molto lontano da un regista di psicoplay, per come lo intendo io. E del tutto all'opposto di un regista.
Col suo carisma e i suoi lamenti irresistibili (e tu che la conoscevi sai che talento aveva...) Pivano paralizzò Grazia Volpi, nonostante avesse firmato con lei un contratto e ricevuto un compenso. E fece produrre da Procacci un altro documentario concorrente, ufficiale e autorizzato alla vendita di cui mi disse che, rispetto al nostro, non valeva niente. In questo Film Beat lei era vestita di nero come una vedova e si trascinava in pellegrinaggio americano sulle tombe degli scrittori più cari con un coyote che spuntava dall'altro lato della lapide di Hemyngway. Intanto un avvocato mandò in giro delle diffide a vendere e acquistare Genamore. Come reazione alle mie proteste Nanda chiuse la Kasbah romana, si ritirò nella Fondazione Benetton e si dissociò sempre più dagli amici romani come Tito Schipa jr. e Adriana che per anni l'avevano protetta e tenuta in palmo di mano.
Questi fatti, misfatti e contraffatti mi inebetirono lasciando sull'emisfero destro un complesso autonomo secondo il quale, sotto sotto, io ero davvero in torto e inattendibile: è la sindrome dell'impostore causata dalla pressione di identificazioni proiettive. Quando l'Animus della Papessa in Pivano mi accusò di andare in giro dicendo che ero il suo amante, la situazione da ipnotica si fece diabolica: qualunque reazione polemica in quel momento ci avrebbe precipitato in un becero gossip-game del livello di Dagospia. Cominciavo ad avvertire una dispersione dell'identità che, per certi versi, mi tornò utile negli anni in cui lavorai su Pirandello per "Fantasmi" al Teatro Stabile di Catania. Ma per altri versi mi paralizzò al punto che persi metà dei miei pazienti. In quel periodo il mio lavoro clinico non mi piaceva più. Naturalmente quando un danno ci arriva da qualcuno che ci ama e che amiamo la depressione è inevitabile. Ci si ritrova in un campo di concentramento. Come scrive Donald Kalshed: "Non sono soltanto gli eventi esterni che traumatizzano... è l'evento esterno... amplificato dall'autocritica interiore archetipica, a rendere la situazione traumatica." (Il mondo interiore del trauma, 2014, pag.111).
Solo molti anni dopo (non saprei nemmeno dirti quando perché da allora soffro di una strana dilatazione a fisarmonica del tempo) mi resi conto di cosa era successo: Fernanda, in previsione della sua autobiografia per Bompiani e delle pratiche legali e amministrative per il divorzio da Sottsass, intendeva cancellare la nostra relazione per costruirsi il monumento Art Deco di un Falso Sé autobiografico in cui figurasse fedele a quel marito traditore che lei non aveva mai smesso di amare e colpevolizzare. Direbbe Pirandello: per sempre.
Il blocco di Genamore fu un trauma relazionale grave. Il tentato aborto del nostro film-figlio. Mi stremò l'amigdala. Prese in affitto la mia memoria implicita e sfociò in vari sintomi. Ne sarei uscito grazie al lavoro, alla pratica religiosa, all'analisi, a Corrado Pensa maestro di Meditazione Vipassana e studiando le ricadute relazionali della dissociazione e il PTSD... Per aiutare chi fosse colpito da un trauma simile, posso dire che iniziai a fare la Comunione in Chiesa, non per una decisione pensata ma per una spinta del Sè, un bisogno emerso autonomamente in mio soccorso dall'inconscio.
Ma non viviamo solo di spirito. Mi fu pure utile giocare a tennis. Anche perché, come in tutti i giochi di Agon, fa bene all'Ego giocare con linee e regole precise che non cambiano nel corso della partita come accade in certi giochi di Mimicry dove il nostro compagno cambia le regole e il campo nel corso della partita. Così ripresi lentamente possesso della mia mente. Grazie a Dio non avrei passato il resto della vita a cantare la stessa canzone (clicca subito qui).
Dopo la comparsa a Milano di un giovane erede universale (pilota di auto da corsa, editore di carte nautiche e senza precedenti di scrittura) ci fu un secondo trauma da superare. Come fosse il richiamo di un vaccino: nei due volumi dei Diari della Pivano pubblicati nel 2008 centinaia di cose che avevamo fatto insieme in decenni (viaggi, dibattiti, incontri...) comparivano senza mai fare il mio nome.
Damnatio Memoriae per gli antichi. Annullamento retroattivo, da Freud in poi. Fantasia di sparizione. Ora vi mando per mail una foto in bianco e nero di Sottsass. Guardatel i suoi occhi, uno alla volta.
Un famoso analista bioniano mi disse che, dal punto di vista della negazione, il personaggio più inquietante dei Diari della Pivano è l'unico personaggio che non vi figura. Cioè Ottavio. Ma difficilmente per la psiche dolente un brillante paradosso funziona come analgesico. Ci rimasi malissimo tanto più che mi autocriticavo per il fatto di risentirne tanto. Nonostante tutto, al funerale della Nanda, Tito Schipa e io ci facemmo un punto d'onore del portare sulle nostre spalle il feretro, così come avevamo tenuto sulle spalle per decenni Nanda. L'erede universale ci lasciò fare senza rivendicare nessun copyright.
Per sopravvivere all'uso devastante che il mio inconscio faceva del trauma, ascoltavo di continuo le lezioni di Corrado Pensa sul Dharma che mi portavo dietro su mini-disc, come una bombola d'ossigeno. Finché in una notte insonne mi venne in mente che potevo rintracciare la memoria cancellata dai Diari negli articoli dei giornali; tra archivi digitali e Biblioteca Nazionale ne trovai decine a riprova che Ottavio era reale. Non potevo fare altro: fu una compulsione "terapeutica" che produsse una specie di meta-diario fatto di ritagli stampa. Jung diceva che l'Anima è ciò di cui gli altri ridono: la mia Anima sembrava la nonna di Fanny e Alexander che, dopo la scomparsa dei bambini, passa le giornate a piangere e a mettere in ordine le foto di famiglia.
Poi, recentemente, rivedendo le scene finali di The Sixt Sense il flm di Shyamalan, ho fatto un passo avanti. Ho capito che la Papessa generò in una delle due Fernande una forma letteraria di "Münchausen Syndrome by Proxy" (Sindrome di Münchausen per procura)... dove la Grande Madre avvelena in segreto il Figlio malato mentre tutti la confortano per la sofferenza di entrambi: il principio attivo del veleno psichico in questo caso era la vergogna mescolata col disprezzo... Vergogna di cosa? Disprezzo di chi?
Fernanda era allieva di Pavese e amica di Ginsberg ma figlia di un banchiere.
Alla festa del Carignano la Papessa latente in Fernanda trapela soprattutto nella foto in cui lei (che scherzava sempre: Giuro che, se rinasco, rinasco puttana!) è seduta in platea e, in una nuvola profumata di Caleche, si tira indietro sgomentata dal sorriso esuberante di Rosalia Maggio... Forse per la storia segreta che la grande attrice napoletana rivela nel suo psicodramma televisivo e cioè che, per dare da mangiare alle figlie in un momento di povertà, Rosalia era stata sul punto di fare la puttana a viale Marconi... se solo Papa Giovanni (guardandola da un televisore) non l'avesse fermata in tempo... Forse qualcuno-qualcosa in Fernanda, seduta accanto alla Maggio, la stava tormentando: E se un giorno la storia messa in scena da questo pazzo fosse la tua, che ne sarebbe di te, di noi, dell'onore dei Pivano?
Questo persecutore interno, di matrice vittoriana, so che in lei c'era e che la tormentava. Spesso di notte Fernanda mi chiamava gridando disperata che era tornato quel misterioso uomo, in un angolo del soffitto o accanto al letto, che la fissava senza dire niente con un'aria sprezzante... "Che vuol dire che è l'Animus? Non è un fantasma, Ottavio... lui c'è davvero, è reale. Credimi". Da quando era bambina sempre lo stesso senso: non di colpa, ma di vergogna. Di disprezzo. Che fossi in pigiama o al telefono riuscivo solo a contenerla e calmarla ma la regia psicodrammatica lei non se la faceva fare. La ascoltava ma non la seguiva. Non ha mai saputo affrontare il visitatore sconosciuto chiedendogli Chi sei? Da dove vieni? Parla! Che vuoi? In un certo senso è come se questa immaginazione attiva contro il disprezzo di sé, Nanda l'avesse appaltata al suo psicologo, Buddha silenzioso. Bisogna dire che c'è riuscita. L'ho fatta io per lei, by proxy. Ne sono, ne siamo usciti perché, a dispetto di Wittgenstein, di quello di cui non si può parlare occorre parlare.
I fatti sono questi. Però voglio fare volontariamente una scissione per difendere i miei oggetti interni buoni: ho deciso che la mia Nanda del Carignano non è la sua... Non è ancora diventata Fernanda-Münchausen. E la splendida Nanda in Kasbah. E' ancora e per sempre l'affascinante donna complice e creativa, e a tratti dolcissima, che vive in un angolo del mio cuore e non lascerò mai... Forse mi sbaglio ma non ci si innamora per avere ragione.
Torniamo al Carignano. Durante la realizzazione del programma di Raitre, Fernanda Pivano e Aldo Carotenuto furono -e restano- per me una coppia di Life-Givers esemplari: testimoni preziosi dell'Infinito e della creatività: forti di cultura: ricchi di ottimismo: pieni della voglia di leggere e scrivere, fare e incontrare. Due personaggi perfetti per celebrare il senso dello psicoplay... Vivificanti come cerco di trasmetterli (senza Arcani Pivani, spero) ai miei allievi e amici e amori più giovani...
In che consiste lo psicoplay secondo me? Nel creare un gruppo che tiri fuori una persona dalla sua scatola e lo liberi sollevandolo verso la luce...Come la sedia volante della sigla di coda di DSNS con le musiche di Chaplin per La Contessa di Hong Kong. Senza la complicità di Aldo e Fernanda non sarebbe mai nata quella festa memorabile al Carignano. Entusiasmante come il ballo del Gattopardo. Festa di storie e incontri, amori e tarocchi, sorrisi e segreti. Di film passati, presenti e futuri. Grande Festa con fuoco.
Il testo che segue è la registrazione di un intervento telefonico di qualche giorno dopo
Grazie Vittorio dell'invito radiofonico di oggi che stavolta è stato sollecitato da me. Nella trasmissione di domenica avevamo parlato di Fernanda Pivano (la scrittrice) e Aldo Carotenuto (il famoso analista junghiano) come grandi figure di Vivificatori. Poi ho fatto un sogno con Rosalia Maggio (il terzo arcano, il terzo archetipo: la Ruota della Fortuna) che è una specie di appendice a quel discorso.
Nel sogno Rosalia e Ottavio erano alla festa per un Festival del Cinema diretto da un giovane produttore coraggioso che li aveva invitati separatamente. Qualcosa del genere nella realtà è davvero accaduto nel 1991 per un programma televisivo di Vittorio Gasmann per Raiuno Tutto il mondo è teatro dove ci ritrovammo per caso a fare due interventi (Rosalia presentava l'avanspettacolo. Io parlavo dello psicodramma come la massima articolazione terapeutica del teatro). Nel sogno il produttore chiedeva a Rosalia e Ottavio se erano felici (il tipo di cosa che un produttore non chiede mai) e loro due gli rispondevano: "Certo. Noi siamo grandi amici e ci intendiamo sempre al volo!". Il produttore assicurava che li avrebbe chiamati ancora a lavorare con lui.